7. Non ci credo... siamo collegati!

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Ragazza senza nome:

Volavo sopra il galeone, sbattendo le ali di tanto in tanto, rimanendo sospesa nel cielo con il vento che mi accarezzava le piume. I filibustieri erano avvolti da un'aura blu scuro e mandavano un'energia negativa, soffocante e sofferente. La tristezza, la delusione, la rabbia, erano tutti sentimenti leggibili nei loro sguardi spenti e nelle loro espressioni mogie.
Mi avvicinai di più al ponte, per vedere dove fosse andato a cacciarsi Erik. In un primo momento non lo trovai, ma poi notai un'aura oscura, simile a un buco nero. Con una giravolta in volo mi trasformai in una libellula ed entrai nella sua cabina attraverso la toppa della serratura.
Lo trovai steso sul letto, respirava velocemente e le lacrime lo avevano praticamente inzuppato. La sua sofferenza era palpabile, le pareti erano impregnate del suo dolore e i colori sgargianti dei mobili, che variavano dal rosso all'oro, sembravano oscurate dal suo bruttissimo umore.
Era stato trascinato negli incubi del passato, in un limbo pieno di sofferenza e lacrime mai versate: dovevo aiutarlo a reprimere il dolore, in quello stato non sarebbe stato utile né per se stesso né per i suoi uomini.
Feci un profondo respiro e chiamai a me la magia, riuscendo così a trasformarmi in una polvere azzurra fosforescente.
Flutuai in aria per qualche minuto, poi, preso coraggio, mi avvicinai posandomi sul suo viso ed entrando nella sua mente.

Aprii gli occhi, respirando a fatica e barcollando disorientata: faceva sempre uno strano effetto irrompere nella testa di qualcuno.
Ero al centro di un buco nero, a forma di spirale, ed ero circondata da diversi oggetti che fluttuavano su un pavimento inesistente. Guardandomi intorno mi fu facile individuare la sfera centrale, la sede dei pensieri, dei ricordi, dell'Io interiore. Mi avvicinai cauta, quella sfera di ricordi era molto inquietante. Sprigionava dolore e sofferenza e le sue onde negative mi trappassavano il corpo, lasciandomi senza fiato per diversi secondi.
Dovevo toccarla se volevo aiutare Erik ma, se lo avessi fatto, tutti i suoi ricordi, dolori, sogni e speranze avrebbero fatto parte di me. Le avrei vissute sulla mia pelle, come se ci fossi stata in prima persona.
Sospirai triste al ricordo di tutte le mie missioni fallite, ma specialmente delle prime due, quando ancora non sapevo dell'esistenza dell'inganno. La prima missione fallì perché non ero riuscita a salvare dalla morte il capitano e nella seconda missione... mi ero "innamorata" del capitano. Lui mi aveva promesso di sposarmi, ma alla fine, nelle scelta finale tra me e il tesoro, scelse quest ultimo  e mi abbandonò per una smorfiosetta, viziata con la faccia da bradipo.
Scossi la testa per cacciare quei tristi ricordi, allungai le mani verso la sfera, chiusi gli occhi e la toccai. Era fredda, gelida, ghiacciata. Tremai quando quel freddo si propagò in tutto il mio corpo e urla quando il dolore si fece troppo intenso. Cercai di staccarmi, ma le mie mani erano come incollate a quella sfera. I suoi ricordi entrarono violentemente nella mia mente, il suo dolore fu un susseguirsi di pugnalate al cuore, le sue vecchie ferite e il loro dolore divenne anche mio e la sua pazzia cancellò la mia ragione, facendomi scoppiare a ridere istericamente.
Quando assorbii tutti i suoi ricordi le mie mani si staccarono dalla sfera e caddi a terra esausta. Non avevo mai sentito tanto dolore quanto quello di Erik.
Rimasi lì, stesa per terra, a piangere. Solo quando mi tranquillizzai, iniziai a pensare al modo migliore per far calmare Erik.
Il modo più efficace e duraturo mi fu chiaro, gli serviva l'amore. La vera domanda era: chi? Guardai nei suoi ricordi e cercai qualche ragazza come possibile compagna del capitano, ma non ne trovai nessuna, almeno, donne c'erano, ma per nessuna di esse Erik provava qualcosa.
Chi? Chi? Chi! Chi potrebbe essere la ragazza adatta, chi?!
«Tu»
La sua risposta mi fece raggelare il sangue nelle vene. Era lui, la persona che mi aveva dato vita e istruita: il gran e buon vecchio Creatore Uran.
«No, no, no, no e no! Io voglio finire la mia missione e vivere in pace, tu non puoi venirmi a dir- DOVE VAI! TORNA QUA... ti prego»
Niente, era sparito come era arrivato. Decisi di lasciar perdere l'idea di sostituire la sofferenza con l'amore, così optai per un incantesimo.
Mi alzai in piedi e con le mani creai una polverina azzurra.
«Smettila di buttare sale sulle ferite e combatti! Sii forte e vinci, dimostra chi sei e trova il tesoro»
Con un gesto della mano feci volare la polvere sulla sfera, la quale divenne di un accecante azzurro.
Chiusi gli occhi e uscii dalla testa di Erik, poi tornai sottocoperta non facendomi vedere da nessuno.

Erik:

Aprii gli occhi di scatto. No, non posso essere così debole e farmi sopraffare dal dolore. Devo calmari e raggiungere il mio scopo: trovare il tesoro e far capire a Derek che lui non ha più potere su di me.
Smisi di piangere e uscii dalla mia cabina. Il modo migliore per calmarmi era buttarmi in acqua e nuotare. Sceso dal galeone, mi guardai intorno, iniziando a camminare lungo la riva alla ricerca di un posto tranquillo dove rilassarmi. Quando lo trovai mi tolsi la giacca, la camicia, le armi e mi buttai in acqua. Restai in superficie per poco; presi una grande boccata d'aria e mi immersi, nuotando verso il fondale.

Ragazza senza nome:

Ritornando sotto coperta, sentii l'irrefrenabile bisogni di buttarmi in acqua e nuotare nelle profondità dell'oceano per sentire le correnti fredde e giocare insieme ai pesci. Non mi fu difficile capire il motivo: c'era lo zampino di Uran. Leggermente adirata per ciò che aveva fatto chiusi gli occhi e cercai entrare in contatto con lui.
«Perché l'hai fatto!!»
«Ciao comunque, l'educazione te l'ho insegnata se non sbaglio»
«Per quanto ti sia grato per avermi dato vita, PERCHÉ CI HAI COLLEGATO?!»
«Ti ho risposto quando continuavi a chiederti: "chi?"»
«Non dovevi farlo, io non voglio. Lui non mi sceglierà! Fallirà come gli altri! Perché mi vuoi far soffr-... se n'è andato!»
Non potevo resistere, quel vecchio maledetto mi aveva collegato al moro e, per qualche tempo, dovunque se ne andasse e qualunque cosa facesse sentivo di seguirlo, di non lasciarlo andare.
Sbuffai sonoramente e creai una mia copia. Finii di perfezionarla e, tramutata di nuovo in gabbiano, uscii.
Volavo in cielo, sempre più su. I caldi raggi estivi mi accarezzavano dolcemente le piume e la frescura della vento allontanava l'afosità del pomeriggio. Quando iniziarono a farmi male le ali mi lasciai cadere, ma prima di toccare l'acqua mi trasformai in una bellissima sirena. Il contatto con il mio elemento fu fantastico, fu come rinascere, come tornare a espirare.
I miei capelli corvini, sott'acqua, erano fantastici: prendevano sfumature bellissime, sulla tonalità del blu, e i miei occhi erano più cristallini dello stesso oceano. Per non parlare della mia coda da sirena, semplicemente wow: era di colore verde marino e le squame riflettevano la luminosità creando dei giochi di luce meravigliosi. Rimasi a contemplare la mia bellezza, rapita dal mio stesso fascino. Un mio piccolo difetto? La vanità. Non ero una che si vantava per qualunque cosa però, a volte, lo facevo. Quando venni distratta da un cambiamento di corrente, mi voltai e notai da distante una persona che si stava immergendo, nuotando verso il fondale. Usai un incantesimo di invisibilità e mi avvicinai, attenta a nn far muovere troppo l'acqua. Erik cercava di andare sempre più giù ed io gli nuotavo intorno, osservandolo scrupolosamente e senza pudore. Ad un certo punto però, lui si guardò intorno e ritornò velocemente in superficie. Impossibile, non può avermi vista o sentita.
Pensai io, rimanendo ancora in acqua e percependo la sua tensione.

Angolo autrice:

Come va? Ancora tristi? Io un po'

Nuove impressioni sui personaggi?

La storia vi sta interessando o sta perdendo interesse?

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now