15. Finalmente

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Sirenity:

Osservavo in silenzio il corpo svenuto di Erik. Era raggomitolato su se stesso, adagiato su un fianco e l'erba  alta gli accarezzava dolcemente i contorni del viso. Da più di tremila anni non nascevano Creatori tra gli umani e, soprattutto, non ne erano mai nati con una piccola parte del Potere della Vita.
Gli antichi Creatori si tramandavano una leggenda: essa raccontava di un periodo buio, causato da un Creatore assetato di potere. Le quattro Pietre di Creazione vennero unite, ricreando così una forza mai vista prima: la Forza della Vita. Essa spazzò via il Creatore impazzito, colui che aveva unito le quattro pietre dei Guardiani e tutto il pianeta con le sue dimensioni e abitanti.
Da allora quel potere tanto letale, quanto fantastico, abbandonò il pianeta ormai privo di vita e pieno di brutti ricordi e, attraversando l'immenso spazio, si imbatté nella Terra. La Forza della Vita rimase così incantata dal pianeta azzurro che decise di popolarlo e renderlo ancora più bello.
Erik doveva essere stato scelto dal potere stesso e questo poteva significava soltanto una cosa: stava per succedere qualcosa di grande, qualcosa che avrebbe potuto decidere le sorti del futuro. Bisognava stare attenti, Creatori e Guardiani dovevano muoversi con premura e non fare passi falsi, tutto era in bilico e c'era troppo da perdere. E la causa, il problema di tutti questi guai, aveva un nome: Saturn. Il sangue mi ribolliva nelle vene, era tutta colpa sua, solo e soltanto sua.
Feci un profondo respiro e mi sedetti, dovevo calmarmi, arrabbiarsi non sarebbe stato utile a nessuno.
Guardai di sottecchi Iris, era accucciata vicino ad Erik e stava facendo crescere tanti piccoli fiorellini intorno a lui. Mi infastidiva il fatto che lei avesse visto il suo potere prima di me, però forse era normale: Iris era una Guardiana da più tempo di me e, proteggendo l'elemento della terra, era molto più vicina alla vita di quando non lo fossi io.
Oh Erik... ti sto portando in un mondo differente dal tuo, sei cosciente di ciò? Lo vuoi veramente? Sospirai, molti dubbi si stavano affollando nella mia mente, anche se avevo trovato due risposte a domande che per settimane erano ronzate nelle mia testa. Con quest'ultima scoperta si spiegavano due cose: il perché Erik non avesse ceduto al mio potere ammaliatore e il fatto che non fosse stato Uran a sconvolgere le mie precognizioni, ma lui.
«Nessuno a parte noi due sa del potere di Erik, se Saturn venisse a sapere della comparsa della Forza della Vita, Erik rischierebbe di essere catturato. Anche se non ti sopporto... per il bene di tutti, ti aiuterò»
Ringraziai Iris con un sorriso e lei iniziò a spiegarmi il suo piano: Erik non avrebbe svolto la prova per ottenere la chiave, una perdita di tempo secondo lei. Finita la ricerca del tesoro, qualsiasi esito avrebbe dato, lo avrei dovuto accompagnare da Uran, così che lui potesse insegnare a controllare il suo potere e trasformarlo in un Creatore a tutti gli effetti. Tutto questo, però, doveva rimanere segreto.
«Ora vattene. Come ti ho spiegato è pericoloso, quindi non tornare mai più indietro»
«Grazie, Iris»
Lei mugugnò un "prego" in risposta e, con le mani, iniziò a creare un portale per riportarci sul galeone.
Muoveva agilmente e senza timore le dita sottili e nodose, la sua specialità erano proprio i portali.
Mi avvicinai a Erik, ancora addormentato, e chiedendogli scusa gli modificai i ricordi.

Qualche ora prima...
Sconosciuto:

Ero appisolato sul divano delle mia piccola villa quando Saturn mi contattò, dopo anni, per darmi le istruzioni del mio nuovo compito.
Finalmente avevo una missione. Non dovevo più vagare senza una meta per le dimensioni causando piccole discordie per passare il tempo e scaricare la mia rabbia.
Non ricordavo più da quanti anni ero scappato dal Mondo delle Sirene, non sapevo neppure come o chi avesse liberato Saturn. Ma non mi importava, avrei fatto di tutto per vendicarmi e sfogare il mio rancore. Renderò vacui i tuoi occhi bugiardi.
Il sentimento di vendetta era ancora vivido e acceso, anche dopo tutti quegli anni. Tutti dovevano provare il mio dolore, tutti. Umani e non dovevano capire quanto faceva male essere odiati dalla persona che più si ama. Quanto avrò la possibilità di eliminarti ti farò capire quanto ho sofferto a causa tua, avrò la mia vendetta.
Scossi la testa, adesso dovevo rimanere concentrato. Tra poco l'isola della Guardiana della Terra sarebbe emersa dalle acqua per permettere al pirata di cercare la chiave. Uscii di casa, sbattendo forte la porta; ero felice e, comunque, nessuno mi avrebbe sentito.

***

Mezzanotte e un quarto.
È ora, credo che adesso il pirata sarà già dentro ad affrontare la prova.
Per un paio d'anni avevo vissuto in una colonia britannica, in un luogo appartato e desolato, nessuno doveva infastidirmi o scoprire i miei poteri. Mi avrebbero condannato al rogo. Devo smetterla di divagare da una cosa all'altra, è irritante!
Mi guardai attorno, non c'era nessuno e tutto era pronto per il teletrasporto.
Feci un profondo respiro e mi concentrai sulle vibrazioni, quasi impercettibili, della terra e sugli spostamenti del magma bollente che ribolliva nelle vene del suolo. Ad occhi chiusi aprii i pugni, poi mi abbassai lentamente e toccati il terreno secco e polveroso. Sentii un calore intenso invadermi, bruciarmi dall'interno ma senza farmi male. Era una sensazione bellissima, ero puro fuoco, devastante, letale, affascinante e indispensabile. Morirai per mano mia, ti farò conoscere l'inferno in cui ho dovuto vivere stando lontano da te. Quasi senza accorgermene, troppo deliziato dai miei pensieri, mi ritrovai nella grotta sotterranea dell'isola di Iris.
L'unica cosa luminosa la dentro era una luce in lontananza, il resto era lugubre e umidiccio. Non persi altro tempo per guardarmi intorno, a grandi falcate raggiunsi la curva a "U". Il lungo prato verde era immacolato, i fiori sbucavano come funghi e delle bestiacce pelose correvano di qua e di là serenamente. Mi farà sanguinare gli occhi questo vomitevole paesaggio.
Non feci neanche in tempo a fare un passo dentro che una chimera mi bloccò la strada, ruggendo e sibilando aggressiva. Balzai indietro impreparato, al fianco del micetto infuriato c'era un'altra creatura magica un po' bizzarra.
«Fatevi sotto schifose bestie!»
Ringhiai, guardandoli nei loro piccoli occhi neri come la pece. L'orso con le corna e con le ali fu il primo a caricarmi. Sbuffava e bramiva inferocito, provando a spaventarmi. Presi il tempo: uno... due... tre. Prima di arrivare a quattro, momento in cui balzava, una spada avvelenata di catrame comparve nelle mie mani. Tenni salda la presa e quell'essere si infilzò da solo grugnendo dal dolore. Provò ad artigliarmi, in un ultimo tentativo di colpirmi; ma la mia arma lo trapassava da parte a parte e il suo sangue scorreva a fiumi, morì quasi subito.
Osservai soddisfatto il mio operato, mi ero completamente dimenticato dell'altra creatura e con un ringhio mi saltò addosso atterrandomi. Persi la spada e sbattei la testa a terra. In un momento di confusione la sua coda-serpente sibilò e mi morse il polpaccio iniettandomi del veleno, soffocai un grido di dolore. Mi sentii quasi subito debole. Cercai di tenere le fauci di quel bastardo lontano da me, ma avevo le braccia mi divennero molli. Lascia la presa.
I denti affilati bucarono la carne delle mia spalla destra, il fiato caldo dell'animale mi inumidì i capelli e il collo, lo sentivo gorgogliare soddisfatto. Il suo morso trasmetteva rabbia cieca per quello che avevo fatto al suo collega "portinaio"'.
Le zanne andavano sempre più a fondo, fino a graffiare le ossa, avrebbe potuto pure rompermele. Non avevo la forza di urlare, ma in qualche modo dovevo ucciderlo, non ero io la preda.
Quando la chimera mollò la presa per azzannarmi il collo feci apparire un'ascia e, con la mano sinistra, mozzai la sua testa caprina. L'essere infernale ruggì dal dolore e indietreggiò. Sfruttai l'occasione per rialzarmi in piedi. Sentivo il capo scoppiare, il veleno era entrato in circolo. La spalla bruciava così tanto che quasi non riuscivo più a sentirla, c'era solo il sangue, caldo e scarlatto che imbrattava il muso della bestia e la mia maglia squarciata.
La chimera, dopo essersi leccata vigorosamente la ferita, mi ringhiò contro furibonda; aveva le fauci spalancate e la criniera gonfia per sembrare più grande. La sua coda si dibatteva da parte a parte sibilando e mostrando i sottili, ma mortali, denti bianchi. Un altro morso e sarei morto.
Prima che potesse balzarmi addosso, afferrai per bene l'ascia e gliela lanciai contro, mirando al suo cranio, sarebbe stato un piacere ucciderla così. Peccato che la sua coda si mise in mezzo e la lama luccicante e sporca tagliò lei e si impiantò nel suolo. Troppo distante per riuscire a recuperarla con uno scatto.

Spazio autrice:

Sto iniziando ad amare sempre di più la mia storia 😆😆 e poi: Sconosciuto chi sarà mai! (Credo fortemente che tutti voi abbiate capito, se sì fatemelo sapere)
Ogni tanto il suo linguaggio sarà un tantinello volgare, ma dettagli!😂 (ps: non sapete quanto devo combattere contro me stessa per mettere una parolaccia, è più forte di me, non riesco a scriverle!)

Svanisco che è meglio,
A Venerdì

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now