12. Incubo

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Erik:

Non ricordo bene il perché, e come mai, mi tornò in mente mia madre: Anna Maria. Lei aveva lunghi capelli rosso ambrati, che profumavano di fiori freschi. Dita lunghe e affusolate e grandi occhi marroni con riflessi dorati. Rideva sempre, non l'avevo mai vista triste o arrabbiata, cercava sempre il buono nelle persone e anche nelle più brutte situazioni trovava sempre un lato positivo. Era solita sedersi su una grande panchina di marmo bianco in giardino, a volte cuciva a volte canticchiava, ma rimaneva vicino a Derek e me per guardarci giocare. Mi considerava un concentrato di energia, non ero mai stanco: nuotavo, correvo, mi divertivo a scavare buche alla ricerca di tesori e facevo piccoli spettacoli con il fuoco. Ogni volta tornavo a casa con le ginocchia sbucciate o con i vestiti sporchi e mia madre si affrettava a pulirmi di nascosto, non dicendo mai niente a mio padre.
Sorrisi triste ai ricordi mentre mi sfrecciavano a fianco come gli alberi intorno a me, apparendo e sparendo un attimo dopo alle mie spalle.
Rallentai la corsa solo quando vidi in lontananza il buon vecchio Romeo intento a spostare un pezzo di tronco. Lo portava sulla schiena a fatica, respirando affannosamente ad ogni passo; Spostapietra, che passava giusto di lì, lo aiutò sollevando la panca di fortuna con una mano e portandolo lui vicino al falò.
Chiamai a raccolta i miei pirati e gli informai della mai decisione. Alcuni borbottarono contrari altri incominciarono a cantare inni pirateschi ed alzare le coppe ancora vuote, bisognava festeggiare per un buon auspicio ai futuri taccheggi.

***

Alla sera tutto era pronto, all'appello mancava solo Sirenity. Iniziai a preoccuparmi ma dopo poco, dal cielo scese un'aquila nera dagli occhi color oceano. Con un pizzico di magia, Sirenity fece la sua entrata spettacolare: con un forte grido portò tutti i presenti ad alzare lo sguardo e, facendo un giro della morte a mezz'aria, scese in picchiata verso il fuoco. Però, prima di toccarlo, sbattè le ali. Le fiamme si divisero in due lingue di fuoco blu e le formarono un cuore intorno mentre si trasformava.
I pirati iniziarono ad applaudire, anch'io mi unii, ma un'idea si accesa nella mia mente.
«Sei brava, per essere una dilettante»
Lei si girò confusa, ma guardandomi negli occhi, capì le mie intenzioni e stette al mio gioco.
«Se non hai paura di perdere ti sfido, Capitano»
«Quando vuoi, gocciolina»
Lei mi guardò con furbizia, come se sapesse che avrebbe vinto, ma a padroneggiare il fuoco ero sicuramente più bravo delle sue aspettative. Occhiodifalco si alzò barcollante, salendo sulla panca e prendendo un grande respiro:
«Che inizi la sfida!!»
Si vedeva che era già ubriaco, singhiozzava e rideva come uno scemo, bevendo il rum come fosse acqua fresca, ma lui non era di certo l'unico.
Io e Sirenity ci dirigemmo fieri al falò e prendemmo una brace ciascuno. Nel mentre Rapidamano ci stava portando degli Caos Stick, aggeggi strani che servivano per fare degli spettacoli di fuoco. Li avevamo perché qualche tempo fa assalimmo una nave che pensavamo portasse oro e, invece, era solo piena di artisti. Uno di loro, Rapidamano, a quel tempo noto anche come Hector, decise di unirsi a noi e portò con sé qualche attrezzo.
Lasciammo intatta quell'imbarcazione, depredammo e spaventammo soltanto.
«Ecco a voi»
Esclamò lui entusiasta porgendoci due Caos Stick a testa. Io e Sirenity ci scambiammo una lunga occhiata, posizionandoci l'uno d'avanti all'altra, e solo dopo aver acceso i quattro strumenti la sfida ebbe inizio. La ciurma si era divisa in due schieramenti, incitando e urlando i nomi di chi secondo loro avrebbe vinto. Osservai con la coda dell'occhio Sirenity, si muoveva sinuosa con le fiamme scoppiettanti, giocando e ballando con esse in una danza quasi ipnotica. Lei era concentratissima, io mi stavo appena riscaldando. Sarà semplice vincere quando sfodererò il mio asso nella manica.
Pian piano iniziai ad aumentare la velocità delle acrobazie e Sirenity si trovò in difficoltà a tenere il mio nuovo ritmo. Decisi che era il momento di fare qualcosa di più: chiusi gli occhi e, dopo aver girato tre volte su me stesso, lanciai in aria i due attrezzi, poi saltai anch'io afferrandoli al volo. Atterrai con una capriola rimanendo in ginocchio con una sola gamba e continuando a far girare i due Caos Stick. La mia vittoria fu schiacciate, almeno dal mio punto di vista.
Dopo un attimo di silenzio tutti iniziarono ad applaudire e urlare che ero bravissimo, il migliore e tanti altri complimenti che ignorai per rialzarmi e osservare la faccia lievemente stupita della corvina.
«Sei stato bravo, lo devo ammettere, e non è cosa da poco che io ammetta qualcosa»
«Se è così, allora, ne sono lusingato, gocciolina»
La sentii sbuffare giocosa e ridacchiai soddisfatto.
«Ti direi di smetterla di chiamarci così, però so già che non lo farai»
«Intuitiva, gocciolina»
Lei alzò gli occhi al cielo ed io ne approfittai per prenderle la mano destra e baciarne il dorso. Era piccola e pallida, ma nascondeva una grande forza.
«Mi permetta di accompagnarla a tavola madame, questi loschi pirati sono poco raccomandabili»
I miei uomini scoppiarono a ridere di gusto e fecero anche delle battutine. Squallide aggiungerei, ma io ero troppo concentrato sulla reazione di Sirenity. Aveva le guance colorate di un leggero rosa e gli occhi sgranati.
«La ringrazio, ma so cavarmela con i mascalzoni con lei»
Disse cordiale trattenendo delle risatine. Con un dito mi allontanò dalla sua mano e poggiò a terra il Caos Stick. Poi, a passo leggero, andò a sedersi insieme ai miei pirati. Loro risero sguaiatamente, continuando a scherzare e battibecchiare.
Finimmo di mangiare ascoltammo una delle storie di Romeo. Una di quelle passate di bocca in bocca, noiose, già sentite e poco realistiche.
Raccontava dei quattro elementi, di creature magiche dall'aspetto umano che li proteggevano –chiamati Guardiani– di magie, di battaglie e bla bla bla.
Le leggende non mi erano mai piaciute, soprattutto quando erano così inverosimili. Sirenity e Fantasy sono casi a parte e le sirene tutti sanno che esistono. Ma andiamo! Una Guardiana dell'Acqua, di Aria, di Terra e di Fuoco? Era impossibile.

***

I giorni del viaggio passarono in fretta tra imprevisti e faide interne, non c'erano stati molti momenti di tranquillità, ma la meta si avvicinava e e la chiave per il tesoro con essa.
Sirenity era nella mia cabina e si divertiva con le carte. Quando entrai non si accorse di me, o meglio, se ne accorse ma mi ignorò, troppo impegnata a giocare. Presi una spazzola da una mensola e quando le fui vicino iniziai a spazzolare i suoi lunghi e lucenti capelli neri. Mentre la pettinato chiuse gli occhi e si rilassò sulla sedia, lasciandosi coccolare. Dopo poco, davanti ai miei occhi, sparì la figura di Sirenity e comparve quella di una gatta. Saltò sulla scrivania e dopo iniziò a miagolare per chiedere di essere spazzolata ancora. Sorrisi nel vederla così, era ancora tutto così straordinariamente magico. A mia madre le sarebbe piaciuto vedere una sirena, era uno dei suoi tanti sogni.
Ridacchiai sommessamente guardando Sirenity; certe volte non le potevi dire niente che ti inceneriva con lo sguardo, altre volte faceva dei ragionamenti e inventava delle strategie da far impallidire persino gli stateghi più esperti, altre ancora in cui voleva giocare ed, infine, altre in cui voleva essere coccolata.
Un altro suo miagolio mi riportò alla realtà e ripresi a spazzolarla. Faceva le fusa soddisfatta e si sdraiò pure sul fianco sinistro, allungando gli arti felini e rilassandosi completamente. Il tempo scorse via senza nemmeno sfiorarci e le sue fusa cessarono pian piano.
Guardare quella piccola gattina dormire mi fece venire sonno e così la sollevai, la portai sul mio letto e la posai sul guanciale, accanto a me. Accarezzandole il muso e le zampe anteriori venni trascinato anch'io nel mondo dei sogni.

***

Mi ritrovai in un luogo buio, oscuro, non si vedeva niente. Guardai a destra e sinistra, muovendo qualche passo in avanti. Sentii l'ansia e la paura invadermi dalla testa ai piedi e desiderai con tutto me stesso di aprire gli occhi e andarmene da quel posto.
All'improvviso un cono di luce attirò la mia attenzione, comparse dal nulla e, dal nulla, una persona familiare si mostrò al suo interno: Derek. Mi toccai istintivamente il fianco, dove solitamente tenevo infoderata la mia sciabola, ma essa non c'era. Mio fratello avanzò a fatica, come trattenuto da una forza maggiore; non aveva uno sguardo minaccioso o illuminato dalla sua luce di pazzia, era semplicemente spento, svuotato di ogni cosa. Aprì la bocca, emettendo un suono indistinto, simile a un respiro strozzato.
«Guardiani... Creatori... morte... Fantasy... Sirenity... Uran... la fine o... l'equilibrio»
Parlava a fatica, lentamente, e continuava a tossire o a boccheggiare, ma man mano che riusciva a finire una parola comparivano strane figure intorno a me: all'inizio un cerchio luminoso con altri quattro cerchi luminosi più piccoli sui "lati" tutti equidistanti tra loro. Se avessi potuto unire i loro quattro centri sarebbe venuto fuori un quadrato.
All'interno di essi comparvero: una fiamma, una goccia d'acqua, un tornado ed una foglia. Poi, dentro il cerchio principale, si materializzarono due giovani uomini che lottavano tra di loro. Non li vedevo chiaramente, erano figure sfocate, l'unica cosa che li distinguevo erano le aure che avevano attorno: una scura e chiara all'interno e una chiara ma scura dentro. La mia attenzione si spostò sulla fiamma che aveva iniziato a oscillare, come mossa da un forte vento. All'improvviso scoppiò, lasciando al suo posto del denso e nero catrame; si espanse velocemente, ricoprendo tutto come un'onda anomala. Istintivamente chiusi le palpebre, provando a coprirmi con le braccia; ma non successe niente, il bitume non mi sfiorò nemmeno. Di tutto ciò che c'era prima rimase solo Derek. Quando lui riuscì a dire "Fantasy" comparve la figura della giovane con un buco all'altezza del cuore. La ragazza barcollava, tenendosi la parte ferita con uno sguardo perso, addolorato e spaventato. Avevo i suoi occhi puntati addosso, li sentivo bruciare sulla pelle. Fantasy scostò le mani, osservandosi le dita coperte di catrame. Gridò terrorizzata inginocchiandosi a terra e lasciandosi avvolgere dal bitume. Lei sparì, confondendosi con il buio che regnava sovrano.
Osservai Derek cercare di dire ancora una parola, o meglio, ancora un nome: quello di Sirenity. La corvina si materializzò a pochi passi da me; sorrise e tese la mano nella mia direzione. Aveva delle lacrime intorno agli occhi luccicanti di felicità e, anche non volendo, provai a sfiorarle le dita, ma una freccia la colpì e lei cadde a terra urlando.

Angolo autrice:

Bene bene, come vi è sembrato il capitolo?
La sfida con i Caos Stick?
La leggenda di Romeno?
E questo incubo? Cosa, secondo voi, significa?

Ho scritto un racconto, si chiama: Colui che vince

Cercherò di essere puntuale con il prossimo aggiornamento, sto avendo qualche difficoltà nello scrivere e revisionare, ci sono cose senza senso e non riesco a elaborare un filo logico, uffa! 😔
Scusate eventuali disagi

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now