24. Culla dei Creatori

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Sirenity:

I pirati cercavano disperatamente qualcosa a cui aggrapparsi, tutto andava bene. Chi aveva ancora delle forze, si immergeva alla ricerca dei compagni. Alcuni ritornavano con due o tre corpi, altri invece non riemergevano più. Mi sentivo tanto inutile, io, Guardiana dell'Acqua non riuscivo a fare nulla per impedire all'oceano di scatenarsi così, mietendo vite e stremando gli uomini di mare rimasti in vita.
Erik e Romeno erano attaccati a delle assi di legno, mentre gli altri bucanieri cercavano di mettersi intorno a loro, in cerca di ordini e qualcuno che li guidasse.
«Non siamo molto lontani da dove dobbiamo arrivare»
Gridai, con l'intenzione di farmi sentire il più possibile. I pirati si voltarono verso di me e un lampo illuminò il cielo ancora scuro.
Le acque si stavano calmando, le nubi viaggiavano indisturbate continuando a scaricare una fitta pioggerella.
«A nuoto ci vorrebbe troppo tempo, come vedi siamo tutti stanchi e fradici»
Urlò Rapidamano e, dopo di lui, seguirono tanti altri commenti negativi sulla mia affermazione. La cosa mi fece sia arrabbiare che rattristire: io non avevo neanche proposto come arrivarci. Che ne sanno loro di cosa volessi aggiungere!
Il tuono, del lampo passato, rimbombò nell'aria.
Da quando Erik ed io avevamo smesso di parlarci, tutti sembravano odiarmi e rifiutare qualsiasi mio consiglio.
«Silenzio!»
Sbraitò il capitano, zittendo tutta la fitta rete di proteste.
«Come ci dovremmo arrivare?»
La sua voce era ancora diffidente e fredda nei miei confronti; anche se gli avevo donato un sorriso, che morì  poco dopo, la sua espressione non cambiò minimamente e neppure la sua aura grigiastra.
«Qua molti galeoni sono affondati, quando accompagnavo altri capitani alla ricerca del tesoro. Così decisi di costruire un paesaggio sotterraneo che portava nelle vicinanze delle grotta. Possiamo utilizzare quello»
«E dove sarebbe?»
«Esattamente sotto di noi»
«Va bene, guidaci»
Tirai fuori dall'acqua la mia mano destra e, con l'indice, tracciai tanti piccoli cerchietti. In aria si materializzarono piccole bollicine che, ingrandendosi, andarono a coprire le teste dei naufraghi.
«Che roba è!?»
Chiese Romeo, visibilmente impaurito.
«Con quelli potete respirare per tutto il tempo che staremo sott'acqua»
Appena finii di parlare, un vortice si creò sotto di noi. Una lunga corrente d'acqua, molto veloce, ci guidò alla riva di un'isola assente in qualsiasi mappa geografia.

***

Riemergemmo a pochi metri dalla spiaggia. Tutti, saltando e muovendosi in modo bizzarro, cercarono di uscire dall'acqua il più velocemente possibile. La luna era alta nel cielo buio e i suoi pallidi raggi, illuminavano appena l'area circostante.
Ci stabilimmo in un luogo asciutto ed Erik organizzò i gruppi di ricerca legno. In men che non si dica, un gran fuoco scoppiettante venne acceso.
«Sarà meglio dormire, domani ci occuperemmo di cosa fare»
Disse Erik ed I suoi sottoposti si misero vicino a lui, uno di fianco all'altro. Erano molto più sereni di poco prima, anche se la tristezza si poteva scorgere nei loro sguardi bassi. Vedevo che cercavano di tirarsi su il morale a vicenda, a modo loro.
Io ero distante da tutto ciò. Ero seduta su un masso, raggomitolata su me stessa; e ogni tanto, davo veloci occhiate a Erik.
Mi sentivo tanto sola, ero come invisibile. Vedere quel calore, quell'affetto, e capire che non ne avevo mai fatto parte, era brutto. Mi sentivo come da piccola, a nessuno importava di me, non potevo neanche stare fuori dal tempio per molto tempo, perché ero una Guardiana.
Le uniche persone che mi consideravano, realmente, erano Aer e Uran. Quando mi mancavano, soprattutto il primo. In quel momento avrei fatto di tutto per un suo abbraccio. Sospirai stanca, inutile rimanere con le mani in mano. Mi alzai in piedi.
«Erik, vado a dare un'occhiata dentro la grotta»
Calò il silenzio più totale e ricevetti tante occhiatacce. Il moro esitò a rispondermi, mi osservava dalla testa ai piedi; mi sembrava contrariato dalla mia idea e un barlume di speranza, nacque. Si sta preoccupando per me? Non vuole che mi allontani? Forse avremmo potuto chiarire e riappacificarsi per goderci gli ultimi attimi insieme, prima di addentraci nella Culla dei Creatori, nome della grotta.
Si chiamava così perché, secondo molti, uno dei primi Creatori del Paradiso Angelico nacque proprio lì.
«Va bene, vai pure»
Cercai di contenere la delusione, l'aveva detto guardando davanti a sé, verso il mare. Qualcuno, tra i suoi pirati, si alzò in piedi e si sgranchì le ossa intorpidite.
«Capitano Wilson, posso andare con la creatura magica?»
Chiese quel "giovane" mozzo. Erik lo studiò, sembrava diffidente, ma annuì. Lo guardai meglio, lui era uno dei nuovi, aveva deciso di imbarcarsi con noi quando eravamo a Porto Rico.
«Non c'è problema, se le va bene»
Nascondeva fastidio nella sua voce, apparentemente, distaccata. Non voleva mandarlo e sperava che io gli negassi il permesso; ma non lo feci, volevo irritarlo.
«Sì, a me sta bene. Come ti chiami?»
Non ottenni nessuna delle reazioni sperate, Erik non mi guardò neppure.
«Jack»
Il mozzo si avvicinò a me e forse non era stata una bellissima idea, faceva venire i brividi. Gli occhi soprattutto, erano terrificanti: avevano qualcosa di malefico dentro. Dal viso si capiva che era giovane, ma comunque possedeva una grossa corporatura e i muscoli si intravedevano da sotto la camicia umidiccia e semiaperta.
«Allora, andiamo o no?»
Mi riscosse dai miei pensieri irritato, non avevo notato che mi si era già affiancato. Era stato veloce a raggiungermi. Guardai fugacemente Erik, non mi prestava la benché minima attenzione troppo occupato a pensare ai suoi uomini. Sospirai.
«S-sì, certo!»
Mi voltai e mi addentrai nella grotta.

***

Lì dentro faceva freddo e più si procedeva più era buio, toccai la parete, c'era qualcosa di viscoso, non era normale. Avvicinai la torcia. Quello che vedevo era fuliggine e melma scura.
«Qualcosa non va?»
La sua voce, ampliata dell'eco della grotta, sembrava ancora più demoniaca.
«No, tutto normale»
Gli risposi senza girarmi, brutto errore.
Un colpo secco alla schiena mi fece cadere la torcia di mano. Fortunatamente la fiamma rimase accesa, anche se perse un po' della sua luminosità. Non feci neanche in tempo a riprendere il respiro, mi sentii tirare per i capelli.
«Lascia in pace il capitano, hai capito poco di buono!?»
Con una mano, mi prese il viso e mi obbligò a guardarlo. Provai a scalciare e dimenarmi, ma la sua presa era ferrea e non potevo neanche usare i miei poteri, almeno non lì nella grotta. Presa dalla disperazione, lo morsi e lui ritirò la mano imprecando dal dolore. Corsi verso l'uscita, ma Jack mi afferrò un braccio e mi strattonò. Ero di nuovo con le spalle al muro. Cercai di graffiarlo, ma invano. Mi tirò uno schiaffo e, con il suo corpo mi schiacciò ancora di più contro la parete.
«Ti pentirai di ciò mi che hai fatto!»
Preferii non ascoltare il suo insulto. Cercai di spingerlo via, ma mi bloccò i polsi stringendoli con una mano. Non potevo fare più niente.
«Fai quello che devi fare poi non farti più vedere. Però prima...»
La presa sui polsi, si fece più stretta e il suo fiato caldo, era sul mio collo. Lo vidi sorridere maligno, mentre la mano libera si chiudeva in un pugno. Continuai a fissarlo anche quando iniziò a caricarlo, probabilmente mi avrebbe colpito allo stomaco. Non gli avrei permesso di farmi ancora male, anche se questo significava usare i miei poteri. Lo sentii ridacchiare, ma io ero già pronta ad agire.

Una Goccia di MareWhere stories live. Discover now