25. Tutte le scuse sono buone

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Sirenity:

Il mio nome risuonò nella grotta e la luce di una fiaccola illuminò in lontananza il passaggio. Era Erik. Questo sì che si chiama tempismo! Pensai felice. Jack mi intimò di tacere e si allontanò velocemente, raggiunse il suo capitano come se nulla fosse successo.
«Allora?»
Chiese il moro, guardandoci entrambi sospettosi. Mi ricomposi e mi schiarii la voce:
«Domani pomeriggio si terrà l'ultima prova. Adesso devo rimanere qui da sola, tornerò io all'alba»
Erik mi lanciò un'occhiata indagatrice, ma non disse niente e con un cenno del capo se ne andò insieme al suo mozzo, lasciandomi nel buio.
Sentivo gli occhi bruciare. Quanto devo soffrire ancora? E come farò a portare Erik da Uran, dato che non mi sceglierà?
Mi asciugai le lacrime, che avevano iniziato a scendere, e mi incamminai per una galleria secondaria. Bastarono solo pochi passi, arrivai in una "sala" che, solitamente, usavo per prepararmi alla prova finale.
Sospirai e, con svogliatezza, mi denudai dei vestiti sporchi che stavo utilizzando. Arricciai il naso disgustata: erano luridi e puzzolenti; sospirai sollevata del fatto di doverli mettere più.
Mi immersi lentamente in una sorgente e mi lasciai avvolgere dalla dolce freschezza dell'acqua pura.
In alto a sinistra sul mio petto Goccia di Mare prese a brillare, illuminando tutta l'area circostante. Chiusi gli occhi, stendendosi nella piccola sorgente e lasciandomi avvolgere dal mio elemento.
Sentii l'acqua muoversi velocemente e gentilmente intono a me, accarezzandomi e togliendomi tutto lo sporco e la fatica del lungo viaggio in mare.
La luce piano piano si spense e Goccia di Mare si acquetò facendo cantare le pareti della grotta. Esse erano collegate, si cercavano e completavano a vicenda, ricaricandosi e amandosi. Nessun Guardiano e Creatore poteva usare la magia lì dentro, però, l'eccezione era la mia Pietra di Creazione, che da sola prendeva vita e forza. Ogni Pietra ne aveva uno, e quello era il mio.
Mi rialzai, uscendo dalla sorgente asciutta e con addosso un vestito azzurro chiaro, con una fascia di stoffa bianca intorno al bacino, delle ballerine, anch'esse azzurre, e degli orecchini a forma di gocce.
Mi sdraiai sul piedistallo in pietra scura, vicino alla sorgete e al centro della stanza, e lì mi addormentai tra singhiozzi e lacrime.

Ignis(spirito):

Sbadigliai stanco e mi stropicciai gli occhi. Sentivo sul mio stomaco un peso e, aprendo un occhio,
vidi la chioma bionda di Fantasy. Mi intenerii. Aspetta, cosa!? Io intenerirmi?! Il sorriso che aveva decorato il mio viso, senza consenso, morì subito. Non era da me affezionarmi a qualcuno così presto. Cercai di alzarmi, almeno con il busto, senza svegliare la Guardiana dei Sogni. Non ricordavo niente.
«Cos'è successo? E questo tatuaggio?»
Borbottai, tra me e me, mentre mi guardavo il dorso della mano.
«Ignis?»
La voce, impiastrata dal sonno di Fantasy mi fece ridacchiare. No, questo non sono io.
«Chi altri potrebbe essere così favoloso a parte me?»
Oh sì, questa affermazione è proprio da me, ma la persona a cui l'ho rivolta...
«Ignis!!»
In meno di un secondo Fantasy si buttò tra le mie braccia, piangendo disperata e attaccandosi a me.
«Ignis, Ignis, Ignis, Ignis!»
Continuò a ripetere il mio nome mentre mi stringeva il collo e lo bagnava con le sue lacrime.
«Ehi calma, cosa è successo?»
Le accarezzai la testa passando le dita tra i sui lunghi capelli dorati. Come dovevo comportarmi? Non sapevo che altro fare se non rassicurarla
«Non lo so, ma ad un certo punto il tuo corpo è mutato e per quarto giorni sei rimasto immobile, a volte sembrava che non respirassi neanche!»
Lei si staccò giusto un attimo da me, per poi fiondarsi di nuovo tra le mie braccia e stringermi forte a sé.
«Ho avuto tanta paura, Ignis»
Questo mi sorprese molto, ma non lo diedi a vedere. Continuai ad accarezzarle i capelli e la schiena, non volendo sorrisi; sorrisi per tutta la tenerezza che mi faceva, sorrisi perché si era preoccupata per me, sorrisi perché dopo anni qualcuno mi stava facendo battere il cuore.
"Tutte le scuse sono buone per dimenticare i dolori del passato" Queste parole tornarono prepotenti, causandomi un brivido lungo la schiena. Me le aveva dette Saturn, quando ero andato da lui piangendo, pochi giorni prima che mi uccidesse. Dovevo dimenticare e, forse, apprezzare le attenzioni di qualcun altro sarebbe stato un buon modo. Tanto di qui non potrò mai uscire...

Erik:

Era mezzogiorno passato, Sirenity non si era fatta ancora vedere e non sapevo se essere preoccupato o indifferente.
Cercai con lo sguardo Jack e quando lo vidi lo raggiunsi. Avevo notato un movimento furtivo quando li ero andati a cercare e Sirenity, oltretutto, aveva tenuto lo sguardo basso, evitando un contatto con i miei occhi. Mi ero sentito percorrere da brividi di rabbia, ma mi ero trattenuto. Qualsiasi cosa avessero fatto, Sirenity era una creatura libera di fare quello che più voleva.
Strinsi i pugni, lo pensavo certo, ma comunque non riuscivo ad accettarlo, non riuscivo a farmelo andare bene.
Contai fino a cinque per calmarmi, poi richiamai l'attenzione di Jack. Non avevamo parlato molto da quando si era imbarcato, quindi non sapevo cosa pensare di lui. Chi viaggiava per mare, di solito, lo faceva per scappare; eravamo persone rinnegate dalla società, in cerca della nostra libertà, soli alla ricerca di avventura, in sostanza? Eravamo pirati.
«Sai dov'è Sirenity?»
Jack si voltò, con uno sguardo confuso e la bocca piena.
«Mnh mnh»
«Non si è capito niente»
Trattenni uno sbuffo e lui masticò velocemente, ingoiando il suo boccone.
«Ho detto: più o meno»
«Bene, portamici»
Lui non obiettò e si alzò, guidandomi all'interno della grotta. Camminammo per pochi minuti, in silenzio, illuminati solo da una fiaccola.
«Credo che sia andata per quella galleria secondaria»
«Bene, tu torna indietro»
Jack abbassò il capo remissivo e se ne andò brontolando qualcosa; era facile capire che fosse infastidito dalla mia decisione. E quel suo comportamento non fece che aumentare il mio sospetto, c'era qualcosa che lo infastidiva, ne ero più che sicuro.
Ripresi a camminare lungo la strettoia prima indicata e dopo pochi passi, le pareti prima basse e strette, si allargarono.
«Sirenity?»
Appena la chiamai, sentii un battito di mani e tante piccole torce si accesero.
«Ti avevo detto che sarei venuta io»
Cercava di sembrare distante ma, nella sua voce, scovai una nota di tristezza.
«Peccato che sia mezzogiorno passato»
«Oh...»
Sirenity indietreggiò di un passo e andò a sedersi su un piedistallo di pietra. Guardava il suolo con i pugni chiusi.
«Perché sei vestita così?»
Tra tutto quello che potevo chiederle proprio: "Perché sei vestita così?" Non mi commento. Osservai quell'abito azzurrino, le copriva a mala pena le ginocchia. I vestiti che aveva prima erano stati abbandonati in un angolino buio.
«Che ti importa!»
Rispose acida, senza guardarmi. Mi avvicinai a lei e le presi un polso facendola alzare.
«Lasciami!»
Ordinò, dimenandosi appena, non fece né forza e non strattonò molto.
«Smettila di fare la bambina!»
Feci solo in tempo a finire la frase che lei tirò il braccio facendomi sbilanciare. Non caddi, ma persi la presa sul suo polso. Mi guardò furente, i suoi occhi brillavano di rabbia.
«Io sarei la bambina?! Io! Sei tu quello che non mi ha più rivolto la parola!»
«Tu vuoi solo andartene. Te lo ridico: non voglio più quel tesoro!»
«Dovrai comunque fare la prova finale...»
La sua voce calò di colpo, riducendosi a un piccolo sussurrò. Si allontanò di qualche passo mentre teneva lo sguardo basso.
«Basta con queste prove, ho già trovato ciò che voglio. Non che ti consideri un oggetto, sia chiaro»
Lei, sotto quella cascata di capelli neri, accennò a un sorriso.
«Me o il tesoro, sono io la creatura magica di Uran. Ecco in cosa consiste la scelta finale»
Rimasi un attimo senza parole, cercando di ricostruire tutte le informazioni.
«Io sceglierò te, nessuna pietra preziosa può valere quanto vali tu»
Provai a rassicurarla, donandogli anche un sorriso sincero. Lei non mi guardò, preferì contemplare i suoi piedi.
«No. Non lo farai... il tesoro è maledetto, anche se tu mi volessi scegliere non lo potrai fare; questa è la fregatura. Il tesoro ha un potere attrattivo tutto suo»
Non sapevo cosa dire per la seconda volta.
«Io non...»
Lei provò a parlare, ma non finì la frase. Strinse i pugni sul suo abito e indietreggiò ancora di qualche passo.

Angolo autrice:
Che mi dite?
Quando avete finito di leggere andate a fare tutte le domande che volete in "Spazio domande"
Grazie per avermi risposto nel capitolo precedente 😄🤗
A Venerdì,
Ne vedremo delle belle 👋🏻

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