- Fermati Castle. Io non sono più una detective da molto tempo.

- È questo il punto, Kate. Ti manca questo, io lo so. Lo vedo e l'ho visto ancora di più in questi giorni quando capitava di parlarne per Nikki Heat.

- Fa parte del passato ormai, Rick. Ho fatto delle scelte in quel momento.

- Sbagliate, Kate. Hai fatto delle scelte sbagliate. Tu ami il tuo lavoro e non c'è nessuno a New York che lo fa con la tua dedizione, con la tua capacità, con la tua voglia di dare giustizia alle vittime e alle loro famiglie.

- Perché stiamo parlando di questo oggi Castle? Che senso ha?

- Prima di partire ho parlato con Bob, il sindaco Weldon. Mi doveva un favore... poco fa mi ha chiamato dicendomi che il tuo sostituto al dodicesimo ha chiesto il trasferimento...

- Il mio sostituto ha chiesto il trasferimento. Lo ha chiesto, vero? - Lo guardava con gli occhi che erano due fessure. Conosceva quello sguardo e sapeva quello che precedeva, un'attacco frontale senza via di scampo.

- Magari sarà stato incentivato a chiederlo... - Scrollò le spalle abbozzando un sorriso subito stroncato da lei.

- Non mi piacciono queste cose Castle, lo sai. E poi chi ti ha detto che vorrei tornare a fare quello che facevo? - Gli chiese con tono accusatorio.

- Non c'è bisogno che me lo dici, Beckett, lo so che è così. Perché tu sei quella persona lì. Tu sei Kate Beckett che corre con i tacchi a spillo per le strade di New York cercando assassini, che butta giù le porte e entra per prima, che non ti arrendi davanti alle ingiustizie, che fai confessare i peggiori criminali in sala interrogatori. E questa sei tu, è una parte di te come tutto il resto, come la donna gelosa per un massaggio, quella che si emoziona per una canzone, quella che le piace dormire abbracciata a suo marito, che quando è in difficoltà abbassa la testa e si morde il labbro, come stai facendo adesso. E non è giusto che fai finta che non ci sia perché in un momento in cui tutto andava male hai fatto una scelta sbagliata.

Kate alzò lo sguardo verso di lui, aveva ragione. Le mancava il suo lavoro, quella parte della sua vita e stare a casa senza fare niente non era quello che voleva per se, per il suo futuro. Ci aveva pensato tante volte, poi c'era sempre qualcosa che Rick organizzava per non lasciare le loro giornate vuote, ma era diverso.

- Che dovrei fare? - Sospirò

- Se vuoi, andare al distretto, riprendere il tuo distintivo, parlare con il capitano e tornare a lavoro. - Gli disse.

- Tu sei incluso? Cioè, hai fatto tutto questo per tornare anche tu al distretto? - Chiese ancora dubbiosa.

- No, io non sono incluso. Il nuovo capitano non vuole civili tra i piedi. Mi dispiace. - Disse lui palesemente amareggiato.

- Dispiace anche a me. - Gli disse accarezzandogli il dorso della mano.

- Lo dici perché lo pensi o perché visto che sai che non potrò esserci vuoi farmi contento facendomi credere che ti dispiace.

- Lo dico perché penso che tu sia il miglior partner che abbia mai avuto, Castle. Nella vita e nel lavoro.

- Sai che adesso potrei montarmi la testa, Beckett?

- Ne sono consapevole e per questa volta te lo concedo. - Lo baciò sorpresa di se stessa, alla fine non si era nemmeno arrabbiata poi tanto e non capiva quale incantesimo le stesse facendo quell'uomo con gli occhi azzurri che amava ogni giorno di più, tanto da arrivare ad accettare cose che considerava impossibili.

- Beckett! Cosa ci fai qui? - Javier la vide percorrere il corridoio a passo spedito verso l'ufficio del capitano. Era così strano vederla lì, strano tanto quanto era stato abituarsi a non vederla più. Sì fermò davanti a lui, appoggiandosi a quella che era la sua vecchia scrivania.

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