VENTIQUATTRO

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I miglioramenti fisici di Kate erano evidenti e costanti. Ogni giorno forzava di più si imponeva di allungare il suo allenamento al parco, aggiungendo metri e poi chilometri. Nel giro di tre settimane aveva triplicato il percorso fatto all'inizio. Sentiva i suoi muscoli risponderle in modo sempre più pronto alle sue stimolazioni giornaliere. Aveva cominciato nell'ultima settimana prima del controllo ad andare anche in palestra, tutti i pomeriggi. Tenere occupato il suo corpo la aiutava a tenere occupata anche la mente, a non pensare, a concentrarsi solo sul passo successivo, sulla serie successiva, sul piegamento successivo. Contava mentalmente ogni movimento, ogni esercizio che ripeteva fino a quando non completava tutto il programma che aveva stabilito. Meticolosamente. Tornava a casa la sera sfinita, solo il tempo di farsi un bagno e mangiare, poi contava le sue gocce e si augurava un sonno senza sogni.
Era stato così ogni giorno ed ogni giorno benediva la fatica e i muscoli indolenziti sempre più. Solo una volta fu sopraffatta al punto di pensare di smettere, un movimento troppo rapido un peso troppo duro da sollevare ancora per il suo fisico ed aveva sentito uno strappo come se la cicatrice nel petto le si fosse aperta di nuovo che le ricordò, però, perché era lì e questo fu il motivo per non abbandonare tutto.
Aveva mantenuto fede al suo intento, non aveva più parlato, con nessuno, di quanto accaduto. E se non ne parli non è successo, si diceva. Non c'erano tracce di quello che era successo, come si era detta lei stessa, il suo bambino per il mondo non era mai esistito, quindi non era facile. Era stato solo dentro di lei e se lei faceva finta che non fosse mai successo, se non dava modo alla mente di pensare a lui, non c'era mai stato. Aveva visto qualche volta Esposito e Ryan, ben catechizzati da Lanie, che non avevano minimamente sfiorato l'argomento né fatto domande, l'aggiornavano solo su quello che accadeva al distretto e sul nuovo, terribile, capitano che aveva preso il posto di Montgomery, dicendole che non vedevano l'ora che sarebbe tornata a lavoro, per godersi i suoi scontri con Iron Gates, così era soprannominata quella donna che oltre al fatto di essere dura ed inflessibile di suo, ai loro occhi aveva anche lo sfortunato compito di sostituire l'amato Roy e questo la faceva sembrare ancora peggiore di quanto non fosse. La realtà era che Victoria Gates era semplicemente una donna molto ligia ed attenta alle regole e non permetteva ai suoi detective di avere tutta quella libertà di iniziativa e quei comportamenti a volte molto al limite sui quali Montgomery chiudeva un occhio. Una delle prime cose che aveva fatto quando aveva preso il comando del dodicesimo era stata mandare via Castle, ma questo non lo avevano detto a Beckett, Castle era uno degli argomenti tabù e poi erano certi che questo non gli sarebbe dispiaciuto. Non lo era nemmeno a lui, da quel che avevano potuto vedere. Aveva seguito le indagini per cercare il cecchino che aveva sparato a Kate all'inizio, fino a quando stavano insieme, poi si era allontanato e non lo avevano più visto. Solo Lanie lo aveva sentito, qualche volta, per aggiornarlo sulla salute di Kate, ma quando aveva saputo che stava riprendendo in mano la sua vita ed era uscita da quello stato di inerzia e impassibilità aveva detto alla dottoressa di non cercarlo più e di avvisarlo solo se Beckett avesse avuto bisogno di qualcosa. La avvisò che sarebbe partito, avrebbe passato i mesi successivi negli Hamptons, per scrivere e riprendersi, ne aveva bisogno anche lui, così era già qualche settimana che nemmeno Lanie aveva più notizie di Castle.
Ryan ed Esposito erano anche riusciti a convincere Beckett ad uscire con loro una sera, nulla di particolare, una birra con gli amici in un locale nuovo, per fare quattro chiacchiere e sentire un po' di musica. Era stata a lungo riluttante, l'idea di doversi divertire non le passava per la testa e non voleva essere quella che rovinava le serate degli altri con il suo umore, però alla fine l'avevano convinta, dicendo che sarebbe venuta anche Jenny e che dovevano parlarle del matrimonio. Già, il matrimonio. Lei se lo era completamente dimenticato e sarebbe stato da lì a poche settimane. Provò quella sera a dire loro che non se la sentiva e non sarebbe andata, ma alla fine si lasciò persuadere e le strapparono un poco convinto sì che festeggiarono con un brindisi al quale lei partecipò solo con un bicchiere di soda, voleva evitare di mischiare alcolici con i farmaci che stava prendendo: lo sapeva solo Lanie, ma nessuno le chiese conto di questo, anzi Jenny la seguì nella scelta, un gesto carino per farla sentire meno sola.
La vita di Kate fu così scandita da nuove tappe e scadenze. La prima fu la visita di controllo che le diede il via per cominciare l'iter per tornare a lavoro. La nuova data segnata in rosso sul suo calendario mentale era due settimane dopo, quando avrebbe dovuto sostenere la visita per il reintegro in servizio, che stabiliva il suo recupero fisico ed emotivo. Aveva parlato di nuovo con lo psichiatra della polizia, un uomo che stava lì più che altro per firmare carte e ricette. Le aveva chiesto come stava, le aveva risposto bene, senza troppa convinzione, ma lui non se ne curò, occupato a firmare le ricette per le sue medicine. Si sarebbero rivisti il giorno che le avrebbe consegnato il suo via libera per rientrare in servizio. Uscì e dietro di lei altri poliziotti erano in fila per fare lo stesso iter, più visite più il dottore guadagnava e lei era solo un numero, Detective Katherine Beckett 2011/975, questo aveva letto nella sua cartellina ordinatamente messa nella pila con le altre, tutte uguali, tutte blu.

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