SESSANTATRE

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Una leggera brezza primaverile scompigliò i loro capelli appena usciti dall'aeroporto di Los Angeles. Le temperature erano decisamente più miti rispetto a San Francisco e il sole rifletteva sui loro occhiali scuri.

- Niente Ferrari, Castle? - Lo provocò Kate mentre salutava il loro autista che si sbracciava per farsi vedere proprio fuori dal terminal, con un grande cartello con i loro nomi scritti sopra.

- Ne abbiamo una a disposizione in hotel, se vuoi. - Rispose facendole l'occhiolino, sorprendendola e lasciandola ferma sul posto mentre lui con il carrello dei loro bagagli si avvicinava gongolando alla macchina.

Kate non era tranquilla come a San Francisco. Aveva un senso di inquietudine che aumentava man mano che percorrevano le strade della città per una destinazione che le sembrava fin troppo familiare. Rick si accorse del suo nervosismo, ma nemmeno stringere la sua mano, accarezzandole piano il dorso riuscì a calmarla. Lo sentiva da come i suoi muscoli erano tesi, da come serrava la mandibola, dallo sguardo fisso davanti a se. Si pentì, in parte, della scelta che aveva fatto, di non aver pensato di cambiare i piani dopo il matrimonio a Las Vegas e tutto quello che c'era stato, ma dentro di sé sentiva che anche quello era un passo fondamentale da fare, non voleva che rimanessero delle zone buie, qualcosa di irrisolto, strascichi del passato che avrebbero condizionato il loro futuro.

Rick lasciò una generosa mancia per far scaricare e portare i loro bagagli in camera.

- Felice di rivederla ancora Signor Castle e... Signora Castle. - Disse Maurice aprendo le porte della suite. - Immagino che questa volta champagne, fiori e massaggio di coppia non dovrò cancellarli.

L'uomo ammiccò a Rick che controllava costantemente le reazioni di Kate, seria e silenziosa con le braccia conserte osservando il tavolo basso con i fiori davanti ai divani. Maurice rimase lì ad elencargli le altre facility della loro stanza non capendo di essere decisamente di troppo di in quella circostanza e Castle aspettò fino all'arrivo dei bagagli fingendosi attento alle sue parole, per poi congedarlo velocemente e con finta cortesia.

- Perché tutto questo, Castle? - Kate aveva atteso che fossero rimasti soli, gli aveva parlato appena aveva sentito il click della porta che si chiudeva, accarezzava con le dita le rose rosse nel vaso sul tavolo mentre ascoltava il rumore ovattato dei passi di suo marito sulla moquette.

- Se me lo chiedi, vuol dire che questo posto non ti è indifferente. Se sei così nervosa vuol dire che c'è qualcosa che ti turba e se è così voglio risolvere anche questa cosa, che non rimanga nulla di oscuro tra di noi.

- Non si possono sempre sanare tutti i ricordi Castle.

Rick le si avvicinò e Kate sentendolo si spostò, non si sentiva pronta. Per farsi abbracciare, per sostenere, condividere ricordi e paure.

- Io... mi dispiace... Se vuoi ce ne andiamo, anche subito. Trovo un altro posto, non c'è problema. - Era rimasto spiazzato dal suo evitarlo ed aveva veramente paura di aver esagerato. Si tolse la giacca, buttandola su divano e si andò a sedere lì vicino, mentre cercava nervosamente sul cellulare un numero da chiamare per risolvere quella situazione. Non si accorse che lei lo guardava, adesso, sentendosi colpevole per quella sua frustrazione evidente. Si mise vicino a lui, togliendogli il telefono dalle mani, lasciando che stringessero le proprie, appoggiò la testa sulla sua spalla senza dirgli nulla e chiuse gli occhi.

- In meno di un anno credo che abbiamo vissuto nel bene e nel male tutto quello che si può provare. Tutto è cominciato qui e... - Gli disse Kate sospirando profondamente mentre si tirava su, sciogliendo le loro mani e cominciando a torturarsele strofinandole nervosamente.

- Per me non è cambiato nulla, lo sai? Sei mia moglie, oggi eppure davanti a te mi sento sempre come quello di meno di un anno fa, che ti guarda e si sente inadeguato a starti vicino, che rimane ancora colpito dalla tua forza, dal tuo cuore e dalla tua bellezza... E non credo che questo cambierà mai.

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