SESSANTACINQUE

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- Allora, adesso vuoi dirmi a cosa pensavi alla festa? - Le chiese Rick rientrati in camera mentre le accarezzava provocante le spalle fino a scendere a lambire la schiena.

- Sicuro che lo vuoi sapere? - Gli rispose allacciando le braccia intorno al collo di lui.

- Certo che lo voglio sapere... e voglio mettere tutto in pratica... - Le baciò il collo mentre lei rideva.

- Non pensavo a nulla di quello Castle!

- Veramente? - Chiese quasi deluso, sicuramente sorpreso.

- Sì, veramente... - Gli disse guardandolo negli occhi.

- E cosa era che non potevi dirmi lì, allora? - Ecco uno dei lati misteriosi di Kate Beckett che non avrebbe mai capito.

- Pensavo a quando ho cominciato ad ascoltarti parlare in modo diverso, quando hai cominciato ad essere tu qualcosa di... diverso, per me e non lo scrittore rompiscatole che non faceva mai quello che gli veniva detto e doveva mettere bocca su tutto. - Sorrideva, aveva finito quel discorso in modo fin troppo leggero per quello che pensava veramente, ma non sempre le era facile riuscire a confessargli tutto quello che aveva dentro.

- E lo hai capito? - Chiese curioso.

- No. In realtà no... - Si morse il labbro.

- Uhm... interessante... - Si stava divertendo a prendersi gioco di lei e Kate lo sapeva.

- Non c'è stato un momento in cui hai cominciato ad essere qualcosa di diverso piano piano... Sei... sei...

- Sono? - Chiese curioso ed aveva tutta l'intenzione che lei parlasse e si sfogasse.

- Diventato tutto insieme qualcosa di importante. Senza mezze misure, senza fasi intermedie e non lo so quando, ad un certo punto c'eri e non me ne sono nemmeno resa conto e non volevo rendermene conto e... ecco io pensavo a tutto questo... - Sospirò alla fine facendolo ridere di gusto.

- Sono così noiose quelle feste per te eh! - Le diede un bacio sulla punta del naso.

- Se dico di sì, ti offendi?

- No... perché lo stavo pensando anche io...

- Eppure non sembrava proprio. Sembravi così a tuo agio...

- Perché non sapevi in realtà a cosa stavo pensando io.

Rick cominciò a baciarla vicino all'orecchio, lunghi, morbidi baci rumorosi che si susseguivano uno dietro l'altro lasciandole la pelle umida. Poi scese lentamente disegnando la linea della mandibola e più giù, sul collo, fino all'incavo della spalla, lasciato scoperto dal vestito. Kate si abbandonò ai suoi baci, alle mani che accarezzavano la schiena, si faceva solleticare dal suo respiro caldo che lambiva la pelle imperlata dei suoi baci. Quando Rick si sciolse dal suo abbraccio la prese per mano, per accompagnarla in camera, ma Kate si fermò, non lo seguì. Castle la guardò titubante con la mano protesa verso di lei, senza capire cosa ci fosse che non andava. Poi seguì lo sguardo di lei, a terra e subito dopo verso la porta dell'altra stanza, quella più piccola, quella che l'altra volta aveva scelto lei, quella da dove lui era scappato come un vigliacco. Trovò di nuovo i suoi occhi e questa volta capì subito e non ci fu bisogno di dire altro, perché si rifugiarono insieme tra quelle pareti e lì, dietro quella porta, ancor prima di fare qualsiasi altra cosa, la baciò. Kate era imprigionata tra lui e la porta chiusa, quella sera, come allora, e quel bacio che si stavano scambiando era qualcosa di più, lo sapevano entrambi. Non volevano pensare, eppure non potevano farne a meno e quando si fermarono e si guardarono negli occhi, ognuno sapeva esattamente cosa stava provando l'altro: non si potevano cambiare le cose, tornare indietro nel tempo, modificare quello che era stato. Quella parete, quel bacio, quella foga non sarebbero mai state le stesse dell'altra volta, perché quelli non erano più loro. Non si poteva ricreare qualcosa che non era più in quei termini, solo perché erano nello stesso posto. Allora la foga scemò, lasciando spazio ad una ritrovata dolcezza.

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