TRENTASETTE

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Castle guardò Beckett a lungo mentre le dava gli ultimi tocchi con un secondo batuffolo di cotone, il primo si era riempito dopo poco di trucco e rischiava di peggiorare la situazione. Non che avesse fatto un grande lavoro, ad essere sincero, se non fosse stata quella circostanza così particolare, avrebbe riso di se stesso, ed anche di Kate che sembrava quasi un panda. Gli venne in mente quando era solo un bambino e ogni tanto la sera, quando sua madre aveva le repliche pomeridiane, si divertiva a sedersi vicino a lei e pasticciando con creme e cotone voleva toglierle il pesante trucco di scena, così poco a poco sotto i suoi tocchi confusi di bambino un po' maldestro, Martha smetteva i panni dell'attrice e tornava ad essere solo la sua mamma. Si meravigliava ogni volta quando la vedeva vestita, spesso con abiti eleganti o sontuosi in quegli spettacoli in costume, e con il trucco così marcato, le sembrava una fata, una di quelle delle storie che lei stessa gli raccontava. Ma dopo poco si annoiava, la vedeva entrare ed uscire velocemente dal camerino, sempre di fretta chiamata da qualche addetto al palco e lui non aveva tempo per gustarsela. Così quando aveva finito non vedeva l'ora che si toglieva tutto e tornava ad essere solo la mamma di cui aveva bisogno. Ed ora con Kate provava a fare la stessa cosa, toglierle quella maschera che si era creata e farla tornare ad essere solo Kate, per essere sua avrebbe avuto tempo, sperava.

Quei lunghi silenzioso minuti trascorsi con gli occhi chiusi servirono a Beckett per prendere consapevolezza di quello che aveva appena detto e per riuscire a calmarsi. Le cure di Castle, tra carezze e tocchi leggeri, stavano riuscendo a pulire molto di più del suo viso, ma a togliere quella patina dalla quale guardava la sua vita, il mondo ed il suo futuro che rendeva tutto desolato, tetro, doloroso, senza speranza. Avrebbe voluto che continuasse all'infinito, che non si fermasse mai. I suoi tocchi andavano sotto la pelle, scavavano molto più in profondità, toccando punti che aveva tenuto nascosti a tutti, soprattutto a se stessa, ma che lui trovava naturalmente, solo lui. Aprì gli occhi solo quando percepì che si era allontanato e le mancava già l'ossigeno. Era a pochi centimetri da lei. Appoggiò un braccio sul suo: aveva bisogno del suo supporto per alzarsi e non solo fisicamente da quel piccolo sgabello. Sperò che lui lo capisse, perché in quel momento non sapeva se ce l'avrebbe fatta a chiederglielo.

Si sciacquò il viso con molta acqua fredda, buttandosela addosso e lasciandola scivolare via. Era veramente fredda in quella notte di novembre con le temperature che stavano scendendo repentinamente, ma i brividi che sentiva non erano per quella, ma perché quando aveva alzato gli occhi, nello specchio lo aveva visto ancora, dietro di lei, guardare fissa la sua immagine riflessa.

- Come ti senti? - Le chiese Rick continuando a fissare il suo riflesso mentre lei si tamponava il viso con un asciugamano.

- Stremata. - Sospirò.

- Ti lascio riposare, allora. - Le accarezzò un braccio, ma lei fermò la sua mano su si se e spostò il peso all'indietro fino a trovare il suo torace contro il quale si fermò. Non si guardavano negli occhi, se non attraverso il lo specchio. Era come vedersi da fuori, come vedere altre persone, l'ultimo estremo mezzo di difesa.

- No. Io... non credo che potrei riposare questa notte.

- D'accordo. Come vuoi.

Tutto era rallentato. Parlavano lentamente, per darsi il tempo di assorbire le reciproche semplici parole. Anche i movimenti erano compassati, come se camminassero su un filo e potessero precipitare da un momento all'altro. Ogni mossa non ponderata, ogni movimento repentino, ogni scelta non prima intimamente accettata poteva farli precipitare. Erano consapevoli che se fossero caduti ancora, in quel momento rialzarsi insieme sarebbe stato impossibile.

Lo prese per mano e lo condusse fino al divano. Presero posto ai due estremi: avevano paura a separarsi tanto quanto a stare troppo vicini. Le vibrazioni dei loro corpi le avevano sentite entrambi e non erano certi di riuscire ad esserne padroni.

LifeWhere stories live. Discover now