41) Scontro tra Titani

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Noah entra in giardino infuriato come un toro, al quale hanno appena comunicato che le sue palle diventeranno la cena di qualcuno.

Raggiunge le scale del portico e saetta lo sguardo di fuoco da me a Jamie.

«Noah non è il momento» annuncia il biondo mettendo una mano avanti e spostandosi per coprirmi come per nascondermi o per proteggermi.

«Capisco» risponde Noah con le sue iridi di smeraldo incastrate nelle mie. «Potrei andarmene» fa spallucce e una piccola parte di me vorrebbe dirgli di non farlo. «Ma non ho intenzione di muovermi da qui» termina con espressione risoluta, di sfida e mi lascio andare in un impercettibile sospiro di sollievo.

Jamie si volta a guardarmi come se cercasse di interpretare la mia faccia, ma non ci trova nulla se non sgomento. Così torna a concentrarsi su Noah. «Tipico. Poteva mai essere che ci lasciassi in pace per una volta?» dice esasperato, spalancando le braccia e lasciandole cadere lungo i fianchi.

Il moro lo ignora e mi osserva. I muscoli della mascella squadrata guizzano, i pugni chiusi lungo i fianchi e gli occhi studiano il mio volto come se potesse leggermi dentro. Un brivido freddo mi attraversa la spina dorsale e Ansia torna a farsi sentire. «Le opzioni sono due: o le hai fatto del male oppure la stai annoiando così tanto da farla piangere dalla disperazione» le labbra si muovono impercettibilmente mentre parla a denti stretti, senza perdere il contatto visivo con me. «Preferisco pensare che sia la seconda» fa l'occhiolino rivolto a Jamie.

Mi asciugo rapidamente il viso con le maniche del cappotto, ripensando a quante volte mi ha vista frignare come una mocciosa.

La tensione nell'aria è palpabile.

Jamie è teso come una corda di violino con le braccia incrociate sul petto ora, e raddrizza la schiena, non posso vedergli il viso, ma scommetto che è tirato dal nervosismo. «Perché sei qui? Perché spunti sempre fuori quando nei paraggi c'è Rosie?» ringhia con un tono aggressivo.

Noah sale i gradini che li divide ritrovandosi faccia a faccia. È imprevedibile e ho avuto la dimostrazione di cosa è capace di fare con un pugno solo. Non voglio nemmeno pensare che possano fare a botte in questo momento a causa mia. Non me lo perdonerei mai.

In un nanosecondo mi passano davanti le immagini del mio incubo e il terrore si propaga in tutto il corpo. Non ditemi che sono diventata sensitiva e che ho le premonizioni?

Mi sposto e mi posiziono ai lati di entrambi. Mi sembra di assistere a uno scontro tra Titani. Si fronteggiano con cipiglio, scambiandosi occhiate furiose.

«Penso che tu sia un po' paranoico» mormora Noah con un sorrisetto sardonico sulle labbra.

Forse sono paranoica anch'io perché più di una volta mi sono posta questo quesito. Ho addirittura pensato che fosse uno stalker. In verità lo penso un filino tutt'ora.

«Però se ci tieni a saperlo» riprende con noncuranza e un ghigno di sadica derisione. «Andiamo a una festa. Rosie e io naturalmente, non tu e io.»

Il petto di Jamie si gonfia e i suoi occhi del colore della tempesta sono ridotti a due fessure sottilissime e le labbra sono arricciate in una smorfia rabbiosa.

«Credo che tu possa andare» stavolta sono io ad aprir bocca. Con lo sguardo basso e in un sussurro, pronuncio le parole più difficili della mia vita.

«Hai sentito Noah?»

«Non abbiamo più niente da dirci, Jamie. È stato abbastanza» alzo gli occhi su di lui. Con sorpresa sul viso Jamie tenta di obiettare, ma non glielo permetto. «Penso che ci siamo detti tutto, o niente, ma non mi importa più. Non ho intenzione di restare qui ad ascoltare le tue giustificazioni. Tu non hai ascoltato le mie e io ricambio il favore» mi costa molto articolare queste parole, tutta questa durezza e ostentata strafottenza nei suoi confronti... ma purtroppo non ha nulla da spiegarmi. È stato molto chiaro ieri e a volte sono più importanti e significativi i silenzi.

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