33) Qualcuno avvisi i Maya, il mondo sta finendo ora!

2.7K 175 60
                                    

«Ci andrete nello stesso letto?»

Scatto in piedi come se fossi stata punta da una vespa. Se prima ero diventata la testa di un fiammifero, adesso sono rossa come un'autopompa dei vigili del fuoco.

«P-papà.»

«Non rispondete?»

Ora brillo sicuramente di un rosso talmente vivo che mi si può notare in lontananza, e addirittura qualcuno potrebbe credere che sia divampato un incendio in tutto il quartiere.

Ma poi, da dove viene tutta questa sfacciataggine? Il gene Collins: il DNA di mio padre è stato geneticamente modificato per metterti in difficoltà quando già ci sei.

Con le braccia conserte e le folte sopracciglia talmente aggrottate da diventare un "monociglio", sta sull'uscio della porta in pigiama e gli occhi assonnati. Stava sicuramente dormendo.

Mi viene in mente il detto: "non svegliare il can che dorme."

Mai c'è stato un modo di dire così azzeccato a mio padre.

«Salve, Signor Collins, è un piacere» sposto lo sguardo su Noah, non sembra né turbato né imbarazzato. Anzi, con molta tranquillità tende la mano, e la guardo impietosita perché so che quella mano resterà lì, sospesa in aria e sola.

Ti assicuro che per lui non è un piacere, vorrei mormorare al mio... semi-amico.

Papà non ha mai conosciuto ragazzi oltre ai fratelli Brown. I miei fidanzati... ma che dico? Chi ha mai avuto un fidanzato da presentargli?

Il mio primo ragazzetto si chiamava Larry, la brutta copia di un teletubbies. È lui che mi ha dato il primo bacio in prima media. È stata la cosa più disgustosa sulla faccia della terra... Una lumaca avrebbe sbavato di meno.

Dopo quella tremenda esperienza non ho voluto altri che Jamie. Dal giorno in cui i miei occhi si sono posati nei suoi non ho avuto più stimoli nell'intavolare una relazione se non fosse stato Jamie stesso l'altro commensale.

Non voglio fare la santarellina, perché nessuno ci crederebbe e neanch'io. Ho baciato qualche altro ragazzo, ci ho provato, ma in mente avevo Jamie. Non posso farci nulla.

«Come mai così tardi?»

«P-papà, ho lavorato, lo sapevi.»

«Non lavori in una tavola calda?»

Sento il cric del collo di Noah, il suo sguardo su di me, riesco a vedere che abbozza quel maledetto sorrisino che mi fa venire voglia di lanciarlo giù da un aereo senza paracadute, e godermi le sue grida disperate.

«Sì.»

«E lui che ci fa qui?» fa cenno col capo verso Noah.

«È...» dire che mi è venuto a trovare a quest'ora non mi sembra un'ottima idea. «È un collega, mi ha riaccompagnata a casa» sforzo un sorriso rassicurante.

Mio padre è poco convinto, ci pensa un po' facendo saettare lo sguardo da me a Noah, e viceversa.

Con un sorriso da psicopatica alla quale è venuta una paresi facciale, tasto con discrezione e poca delicatezza un piede al mio collega. Quest'ultimo dopo avermi scoccato un'occhiata ammonitrice, si rivolge a mio padre: «Sissignore. Mi sono sentito in dovere di darle un passaggio perché temevo per la sua incolumità» è arrivato il Paladino della Notte. «Non le avrei mai permesso di vagare per la città in un'ora così tarda»  roteo gli occhi. «Anzi, Signore, le chiedo umilmente perdono per aver disturbato il suo riposo, ma ci eravamo solo intrattenuti a chiacchierare perlopiù di lavoro.»

Lasciami EntrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora