53) È il Batman dei giorni nostri

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Sapete quelle sfigate che si vedono nei film dei liceali che alle feste se ne stanno in un angolo tutte sole, impaurite e spaesate?

Ecco. Mi sento proprio come una di loro.

Sono seduta su una sedia, nell'angolo di un soggiorno, in una confraternita che non conosco da mezz'ora ormai.

Mi odio con tutta me stessa per aver accettato di venire a questa stupida festa e di non avere un'auto con la quale potrei svignarmela invece di stare qui a sorbirmi la vista di tutti questi idioti.

Un tizio grande e grosso si accascia davanti ai miei piedi facendomi saltare sulla sedia e ritrarre le gambe al petto. Inizia a buttare fuori tutto quello che ha ingerito durante la serata proprio qui, davanti ai miei occhi.

Così decido che ne ho abbastanza, chiamerò un taxi, voglio andarmene da qui, ovunque io sia.

Attraverso di nuovo la folla, spintonando chiunque e metto il muso fuori. All'aria fresca inspiro a pieni polmoni, felice che le narici non si siano bruciate per tutti gli agenti chimici che ho inalato.

Un piccolo gruppetto di persone in giardino si gira a guardarmi e tra loro c'è anche Joseph con un aspetto stravolto.

Non appena mette a fuoco la mia figura, si distacca dal gruppo e arranca nella mia direzione, ma io non aspetto che mi raggiunga, continuo ad avanzare.

Sono troppo infuriata con lui. Mi ha portata qui con l'inganno e poi mi molla nel bel mezzo di essa, sapendo che non conosco nessuno e l'unico, a parte lui, è il suo migliore amico stronzo, col quale sono ancora più infuriata.

«Rosie, sei qui» biascica il riccio, come sorpreso di constatare che ci sia ancora.

«Joseph, lascia stare. È un consiglio spassionato» sibilo a voce abbastanza alta da farmi sentire da lui, qualche passo dietro di me.

«Perché? Cosa ti ho fatto?»

«Oh, ma niente. Mi hai portata a questa maledetta festa per poi lasciarmi sola» replico, camminando sul marciapiede senza meta.

«Non c'era Noah con te?»

«Cosa?» mi giro di scatto col fuoco negli occhi, pronta a scuoiarlo vivo.

Il mio movimento rapido lo prende alla sprovvista e nel suo precario equilibrio si ritrova col sedere per terra.

A quanto pare abbiamo qualcosa in comune lui ed io.

Con le mani poggiate sui fianchi attendo che si rialzi, ma non ci riesce, non si regge in piedi. Sono tentata dal mollarlo li come lui ha fatto con me, ma sono caritatevole e mi dispiace lasciarlo qui, viste le condizioni in cui è.

Lo raggiungo e mi abbasso dietro di lui per passargli le braccia sotto le ascelle come lui ha fatto stasera con me. «Ci tiriamo su a vicenda, eh?» la nota amara nella sua voce non mi sfugge. E questo mi porta a chiedermi se ci sia un motivo per il quale si è ridotto così, che non sia provare il semplice "sballo".

Lo faccio appoggiare al muretto che circonda la villa e mi metto davanti a lui. «Ce la fai a tornare dentro da solo o devo chiamare qualcuno?»

Lui solleva la testa di scatto guardandomi accigliato. «Tu dove vai?»

«A casa.»

Lasciami EntrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora