54) Eureka!

2.7K 168 92
                                    

«Bè, mi dispiace e condoglianze per i suoi genitori, ma questo non gli dà il diritto di scacciarti come un cane rognoso» si irrita Ginnie, mentre le racconto della festa a cui mi hanno portata Joseph e Noah, e del finale.

Dopo scuola siamo venute insieme a casa mia per prepararci per il tanto parlato e atteso ballo di fine anno.

«Non so, in un certo senso lo capisco» la mia amica mi guarda come se fossi un'aliena e parlassi una lingua sconosciuta a orecchio umano. «Io non ho mai avuto una madre, capisco cosa sia l'abbandono, ma non so cosa significhi la perdita» dico con un po' di amarezza, sedendomi sul bordo del letto. «Avere qualcosa e vederselo strappare via dalle mani. Non oso immaginare cosa si possa provare, ma credo sia qualcosa che ti pieghi o se non addirittura ti spezzi l'anima. Non so cosa sia successo dopo la loro morte perché Joseph non ha approfondito, ma mi ha lasciato intendere che non è stata una vita semplice per lui e che non gli sono accadute cose belle.»

Silenzio. Ginnie mi fissa. Io fisso lei. E poi scoppia a ridere in una fragorosa risata.

Io sono prima stranita e poi sconvolta dalla sua reazione. Non è una barzelletta.

«Cos'hai da ridere?» sbotto isterica, lanciandole una mutandina in faccia.

Lei prova a ricomporsi. «Scusa. Non sto ridendo per la triste storia di Noah, ma rido per te.»

La osservo a braccia conserte, attendendo una spiegazione.

«Se siamo arrivate al punto in cui io vado contro Noah e tu lo "comprendi"» mima le virgolette con le dita. «Siamo messe male. Anzi tu lo sei» ridacchia ancora mentre si infila il vestito lungo verde scuro di raso che le fascia le curve. «Davvero. In un certo senso io sono sempre stata pro Noah. Tu invece sei sempre stata indecisa. Non hai mai saputo quello che volevi davvero.»

«Nemmeno adesso lo so» confesso sconfitta e lanciandomi a pancia in giù sul letto, sperando che il materasso mi risucchi o mi soffochi.

«E cosa aspetti a scoprirlo?»

«Non posso» dico affondando la faccia nella stoffa delle lenzuola.

«Perché non puoi?»

«Perché ho paura» brontolo.

Sento il materasso muoversi e alzo la testa dal mio nascondiglio per osservare la mia amica che mi scruta con compassione. Faccio così pena?

«Cosa ti fa paura?»

«È un'incognita. Lui è l'anonimato, il mistero, l'impenetrabilità, un punto interrogativo» mi lagno come una bambina. «Mi terrorizza il fatto che tutto il mio corpo freme quando i suoi occhi si posano su di me. Mi spaventa che la mia mente viaggi alla velocità della luce in un mondo a me sconosciuto. Ho paura di quello che Noah Bennet possa darmi e possa togliermi.»

«Rosie, ma questo è quello che succede a tutti quando ci imbattiamo in una persona che alimenta delle emozioni forti così tanto da farci temere di provarle per paura di perderle.»

«Con Jamie questo non mi è successo» sussurro timidamente.

«Le relazioni, che siano di amicizia o d'amore o di parentela, sono differenti in base alle persone con le quali ti rapporti. Inoltre con Jamie avevi la certezza di qualcosa che già conosci, di qualcuno che dà sicurezze sia perché è una persona che frequenti da anni e sia per il suo carattere decisamente più espansivo di Noah che è più enigmatico e scostante. Con Jamie sapevi a cosa andavi incontro.»

Lasciami EntrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora