8) Un pozzo senza fondo di allusioni e doppi sensi.

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Lo vedo muoversi tra la gente con quella camminata tipica di chi è sicuro di sé, nei suoi jeans scuri attillati e la maglia verde che fascia i muscoli delle braccia e del petto. I capelli corvini che gli ricadono sulla fronte, se li porta indietro con un gesto della mano. Sono rimasta a fissarlo come se avessi visto passare qualcosa di soprannaturale, un unicorno, cose del genere, finché arriva al nostro tavolo, e saluta Jamie e gli altri con disinvoltura.

Quanto sono belli gli unicorni.

I nostri sguardi si scontrano, il verde della maglia fa risaltare il colore dei suoi occhi. Non so se l'ha fatto di proposito, ma gli sta molto bene.

Non sono mai stata brava in quelle cose sul linguaggio del corpo, ma l'indecisione che traspare dai suoi movimenti, dal suo viso e dai suoi occhioni che ti attanagliano in una presa invisibile...

ALT! Ho bisogno di un time out.

Gli do le spalle per distogliere lo sguardo da lui, ma i suoi occhi addosso li sento perforarmi la nuca, e un brivido percorre la mia spina dorsale.

Così faccio la prima cosa che mi viene in mente: scappare.

Cammino velocemente fra la gente. Qualcuno mi chiama, credo sia Jamie, evidentemente è riuscito a distogliere l'attenzione dalle tette di Cassandra per qualche secondo, ma non mi volto.

Mi sento come Dylan O'Brian, in Maze Runner.

Mi dirigo ai bagni e ci resto, credo, per almeno quindici minuti buoni. Dopo essermi auto-incoraggiata con il mantra: "Tu sei forte... ce la puoi fare" e balle varie, apro la porta  sovrappensiero, pronta ad affrontare qualsiasi cosa mi aspetti lì fuori. Ma la mia marcia si arresta contro un petto bello sodo.

«Poi dici che non ti lanci su di me» una voce così carica di arroganza e tanto irritante può appartenere solo ad una persona.

Ricorro a tutta la pazienza di cui sono disposta per non rispondergli a tono. Non avrà la soddisfazione di vedermi perdere il controllo.

«Scusa, non ti ho visto» faccio per sorpassarlo, ma mi si para davanti.

«In realtà ti stavo aspettando.»

Inarco un sopracciglio e mi guardo intorno. «Ti rendi conto, vero, che è un po' inquietante che tu, un perfetto sconosciuto, ti sia appostato fuori dal bagno delle ragazze?»

Picchietta l'indice sul mento e arriccia le labbra come se ci stesse riflettendo sul serio. Attore! Poi quel insopportabile ghigno si fa di nuovo strada sulla sua bocca. «Non siamo completamente sconosciuti. C'è una parte del tuo corpo che conosco bene» si passa lingua sul labbro superiore.

Resto incantata per qualche secondo a bocca aperta seguendo involontariamente il movimento della sua lingua. A me e quel maledetto bacio! «Va bene, bocconcino» riprende dopo aver terminato il suo spettacolino da quattro soldi. «Non devi preoccuparti, non sei il mio tipo» aggiunge per rispondere alla mia insinuazione sulla sua molestia.

Mi trattengo dal colpirlo nelle parti basse, scuoto la testa e mi avvio, ma Noah mi afferra per una mano e mi fa voltare. Il contatto mi provoca una strana scarica elettrica che mi attraversa tutto il corpo. Avvicina il viso al mio, facendomi venire il batticuore.

Che vuole fare? Immediatamente penso che voglia ripetere quello spiacevole, spiacevolissimo episodio del bacio.

«Volevo solo dirti che terrò la bocca chiusa su tu sai cosa» strizza l'occhio con complicità.

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