27) Una lampada da interrogatorio puntata in faccia

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Chi ha detto che contare delle pecore immaginarie servisse a dormire? Secondo me, è solo da smidollati fingere che sul soffitto corrano delle pecorelle dal candido e soffice manto che saltellano una staccionata.

Ma per favore!

Sono in uno stato catatonico nel letto. I miei occhi sono aperti da un po', o forse non si sono mai chiusi. Il mio corpo è qui, ma la mia mente è altrove. Ha viaggiato tutta la notte riportandomi ogni volta agli avvenimenti di ieri sera.

Mentre ero tra le braccia di Noah nello spogliatoio, si sono precipitati tutti dalla porta come dei cavalli senza controllo: Sam, Ginnie, Jamie e Ryan. Ho visto le emozioni di ognuno loro prendere forma sui loro volti quando ci hanno trovati.

Ginnie era spaventata.

Sam era scioccato.

Ryan era imbarazzato.

Jamie... sul suo volto ho visto di più... sorpresa e delusione.

Nello stesso momento in cui loro hanno fatto capolino nella stanza, Noah si è fatto da parte e ha ceduto il posto a una Ginnie trafelata che mi ha lanciato le braccia al collo quasi soffocandomi.

Jamie si è avvicinato sconfortato e mi ha stretta forte a sé. Mi ha sussurrato parole dolci all'orecchio mentre i miei occhi hanno cercato Noah, ma di lui nessuna traccia, si era dileguato.

Una volta accertatisi che stessi bene, i miei amici sono andati via e mi hanno lasciata con Ryan, il quale mi ha solo detto che la prova è andata bene e che non avrei dovuto preoccuparmi per l'accaduto. È stato comprensivo e mi ha promesso che avrebbe riferito ai buttafuori di vietare l'accesso a Donald Creek: questo è il nome di quella fogna umana. Gli ho risposto che ci avrei pensato su, in quel momento non mi sono sentita proprio in grado di prendere alcuna decisione.

Mi ha concesso di andarmene prima per fortuna, non so se il mio cervello e il mio corpo potessero collaborare dopo tutte quelle emozioni.

Sam e Jamie non hanno voluto lasciarmi a casa da sola, così hanno insistito che dormissi da loro. Ho dormito tra Sam e Ginnie, o almeno ci ho provato. Non abbiamo parlato molto, io non sono stata di molta compagnia, Sam è crollato dopo pochi minuti e Ginnie... è Ginnie: un'instancabile guerriera senza macchia... ne dubito, ma senza paura sicuramente quando si tratta delle persone a cui vuole bene.

Ha parlato di progetti per oggi per un'ora, credo, e si è addormentata. Jamie mi ha scritto dei messaggi nonostante fosse nella stanza di fianco alla mia. Preoccupato per me ho provato a rassicurarlo, in fondo non è successo nulla, per fortuna Noah è intervenuto tempestivamente. Naturalmente questo non gliel'ho scritto nei messaggi.

Noah... mah! Non so cosa dire di lui. Avrei voluto ringraziarlo per l'aiuto, ma non ne ho avuto l'occasione. Prendo il cellulare da sotto il cuscino e sul display segna le otto, più tardi proverò a inviargli un messaggio.

Con Ginnie che russa come un orso e un ginocchio di Sam in un fianco, mi alzo lentamente per evitare di svegliarli. Dicono che il caffè preso amaro aiuti per il mal di testa, e ci voglio provare. Devo lenire le fitte che i martelli pneumatici infliggono al mio cranio.

«Buongiorno» Jamie è in piedi in cucina ad armeggiare con le padelle, e mi rivolge un sorriso radioso, più luminoso di una lampada da interrogatorio puntata in faccia. Come fa ad essere così sorridente a quest'ora? E soprattutto così bello?

Io se mi guardo ora allo specchio sono convinta che non mi riconoscerei nemmeno.

Che invidia!

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