15) Ho la memoria di un elefante incazzato

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Alzi la mano chi la mattina si sveglia con una giornata di pioggia e non marina la scuola?

Io ci ho provato stamattina quando i miei occhi non hanno incontrato quei flebili raggi di luce che filtrano di solito dalle tende lilla della mia camera. Certo è che a Londra sei giorni su sette non c'è un sole da concedere la tintarella, ma con l'acqua che sta scendendo giù quest'oggi, scommetto che se avessi un gommone a portata di mano, arriverei a scuola facendo rafting.

Mio padre è venuto a svegliarmi tutto concitato, credendo che non avessi sentito la sveglia, ma io l'ho sentita forte e chiaro e mi sono accasciata di nuovo nel calduccio del mio letto. Con una giornata uggiosa come questa, le poche ore di sonno che mi sono fatta aumentano solo il mio stato comatoso.

Ormai inzuppata dalla testa ai piedi e in ritardo di venticinque minuti, mi siedo al riparo dalla pioggia sotto la tettoia sporgente del portone d'ingresso, attendendo la seconda ora.

Prendo il cellulare e scorro i messaggi in arrivo, trovandoci quelli di Sam che mi ricorda del compito di storia alla prima ora. Andato!

E gli altri messaggi sono di Jamie. Continua a chiedermi di vederci per parlarmi. Sapere che mi cerca mi rincuora un po' però, non ho ancora dimenticato che mi ha voltato le spalle, non ha creduto in me, non ha avuto fiducia nella persona che è sempre stata al suo fianco ed è questa la cosa che fa male. Stringo con forza il cellulare, vorrei fracassarglielo in fronte a quel biondo vanitoso, sexy e...

Il mio cuore manca un battito. Sullo schermo appare la chiamata in arrivo di Jamie. Parlando del diavolo... Titubante rispondo.

«Pronto?» La voce mi trema e spero che non se ne accorga.

«Ehm... Ciao Rosie» è esitante. Scommetto che non si aspettava che rispondessi. «Come stai?» chiede con tono profondo, ovattato dall'apparecchio telefonico. «Finalmente hai risposto. Sono giorni che ti cerco...»

Lo interrompo. «Arriva al dunque, Jamie» non sono pronta ad avere una conversazione con lui ora.

«Possiamo vederci?» chiede quasi disperatamente e non nascondo che la cosa mi fa effetto. Forse non averlo davanti mi dà più forza per fingermi una dura.

«Sono a scuola» sarò anche un po' crudele; mi legherò le cose non a un dito, ma a tutte e dieci le dita però, non ce la faccio ora.

«Dopo scuola?» domanda impaziente e speranzoso.

«Ho da fare» ribatto secca. Ma dentro fremo del dolore che mi ha dato; fremo di rabbia; fremo per l'ira che imperversa sotto la mia armatura che sto sfoggiando ora solo per lui.

Aveva ragione Noah: ho parecchia rabbia repressa.

«Ti prego, Rosie» fa così strano sentire Jamie Brown implorare, sta cercando un contatto, ma le parole di Cassandra risuonano nella mia mente.

«Mi dispiace» sussurro mentre lentamente riabbasso il cellulare in grembo, fissando la pioggia che colpisce imperterrita i gradini a pochi centimetri da me. Appoggio la testa al portone d'ingresso, lasciandomi scivolare contro di esso e chiudo gli occhi ripensando a quelli di Jamie, se fosse stato qui con me forse non avrei avuto il coraggio di respingerlo, oppure l'avrei fatto perché non dimentico.

Lasciami EntrareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora