1) Appesa alla strobosfera!

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Questa è un'altra delle sue novità.

Il ragazzo ci porge i nostri intrugli magici e ci allontaniamo verso la pista. Dopo cinque minuti, io e Ginnie iniziamo a scatenarci. A entrambe piace molto ballare. Lei è meno timida di me, più spregiudicata ed è per questo che a volte mi costringe a montare delle mini coreografie sulle canzoni che piacciono a entrambe. Sfido chiunque a stare dietro a una pazza come lei.

Siamo esauste già dopo dieci minuti. Beata gioventù.

«Un altro giro» grida e, sotto il mio sguardo ammonitore, si blocca per qualche secondo. «Ti sfido» vedendomi un po' confusa continua a parlare, o meglio a urlare. «In una gara di shot. Chi si ubriaca per prima paga penitenza» esclama divertita.

Incrocio le braccia al petto. «Prima di accettare voglio sapere qual è la penitenza» la scruto con circospezione perché, anche se siamo molto amiche, mi mette paura ciò che le passa in quel cervello malandato.

«Ci devo pensare» mi liquida con un gesto della mano. «Ma tranquilla, niente di scabroso, tesoro» si volta verso il bancone e ordina una serie di shot che non ho mai sentito nominare.

«Avanti. Una volta nella vita, non pensare. Agisci e basta» mi incita sorridente. «Cosa potrebbe succedere di tanto terribile? Al massimo domani ti sveglierai solo con un tremendo mal di testa» inarca entrambe le perfette sopracciglia nere.

«Oppure potrei ritrovarmi appesa alla strobosfera gigante attaccata al soffitto, o a ballare sul bancone, esibendomi in qualche spogliarello improvvisato.»

Mi guarda con quegli occhioni neri carichi di speranza, il labbro inferiore volutamente sporgente in un broncio implorante e i capelli neri lunghi che le ricadono sulle spalle, le circondano il viso sottile. È molto bella Ginnie Fitz, soprattutto nel suo abito blu indaco, tempestato di pietre che le fascia le curve, e slanciata sul tacco quindici. Ammiro la capacità di ballare su un paio di scarpe del genere, io con otto centimetri sembro un t-rex ubriaco.

In fondo, ha ragione. Perché farsi tutti questi problemi? Diamine, è il mio compleanno.

Prendo il primo shot e lo butto giù d'un fiato. Brucia. È come carboni ardenti che scivolano in gola. Per poco non soffoco e la mia amica mi dà dei colpetti sulla schiena ridacchiando. Mi faccio coraggio e continuo a ingerire sostanze colorate quasi senza sosta, ormai non sento nemmeno più il bruciore, sono anestetizzata.

Se Sam ci vedesse ora, ci prenderebbe per le orecchie e ci porterebbe a casa. Lui è quello più responsabile fra noi. Mi ricordo che ci sta ancora aspettando così tiro fuori il cellulare dalla borsetta e ci trovo un suo messaggio che mi dice di raggiungerlo al solito privè della band di suo fratello Jamie, che si esibisce qui stasera.

«Non dovreste bere così tanto» una voce profonda alle mie spalle mi fa trasalire, quasi rovescio l'ultimo shot rimasto e mi lascio andare in un «Cazzo!»

Mi volto di scatto, o almeno ci provo, l'alcol intacca i miei riflessi pronti... Sì, bè, si fa per dire riflessi è soprattutto pronti. Un bradipo ubriaco e con problemi neurologici farebbe di meglio.

Mi ritrovo intrappolata in due occhi, grandi e verdi, che mi fissano. Rimango incantata.
Sono così profondi... ipnotici... magnetici... Smeraldi che brillano nell'oscurità della notte.

Ok, sto delirando. Tutta questa roba mi ha fregato il cervello. Mi sono giocata quel minimo di lucidità che mi apparteneva.

Il proprietario di queste pietre preziose mi sta davanti, seduto su uno sgabello al bancone nei suoi jeans neri, poggiato con i gomiti piegati che tirano la maglia bianca, arrotolata fino ad essi, facendola aderire alle braccia e intravedere le linee dei muscoli definiti. Mi osserva con aria interrogativa portandosi dietro l'orecchio un ciuffo di capelli neri corvini, è dall'aspetto morbidi e setosi, forse anche più dei miei.

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