☩ VENTOTTO ☩

Começar do início
                                    

A metà tra la follia e l'indifferenza, lì lotta Michelle. Seduta sul davanzale della finestra della sua camera, guarda Desperado attraverso quegli occhi stanchi, il corpo raccolto in un abbraccio ruvido e desolato. È da un mese ormai che non vede più Trevor, un mese che Judith non è più in quella casa, un mese che Terence la evita, che tutti, a parte i suoi clienti, sembrino evitarla. Non è rimasto più nessuno: Michael non l'ha più cercata dopo la conversazione su Trevor, Judith l'ha lasciata lì da sola, Fen le chiede solo cose inerenti al lavoro, e tutti in quella città maledetta sembrano aver dimenticato che lei è il Diavolo che sosta invincibile tra quelle macerie, sconvolgendo il fato e il mesto avvenire di quei peccatori. Non se ne fa più nulla dei clienti che la guardano spogliarsi: ormai hanno tutti le stesse facce, tutti le stesse espressioni, manichini di un piacere che lei non riesce più a condividere; non se ne fa più nulla delle scopate in camerino con la prima ragazza carina che trova al Dawn; non se ne fa più nulla di quella gloria eterna in quel locale maledetto, se fuori da lì nessuno sembra più preoccuparsi di lei – nemmeno l'ombra di Trevor sembra più cercarla. Non se ne fa più nulla di camminare ogni sera fino al condominio del pugile, per assicurarsi che la sua Ombra non sia lì per fargli del male; non se ne fa più nulla di quello specchietto rosa a forma di cuore, sul suo comodino, dal vetro rotto – non se ne fa più nulla del vuoto che condivide con quella donna che l'ha salvata e che ormai riposa per sempre in un cimitero. Non se ne fa più nulla di quel suo corpo che per lei non è mai valso abbastanza – non se ne fa più nulla di niente, lì a Desperado. Si alza da quel davanzale, sistemandosi con pigrizia e svogliatezza: indossa il primo vestitino abbandonato sulla sedia accanto al letto matrimoniale, infila veloce delle calze, le scarpe, il giubbotto ed esce alla svelta da quella casa, sbattendo la porta, volendo lasciarci rinchiusi dentro tutti i suoi perché, i suoi dubbi, le sue eterne debolezze.

La sera cala su Desperado, asfissiante fa sentire pesante anche una serata importante come quella: l'Arena pullula di nuovo di spettatori, pronti al nuovo incontro di boxe del mese. Michelle sente le gambe a pezzi dopo aver camminato tutto il pomeriggio, e arrivata davanti l'Arena sente gli schiamazzi di tutti, i pronostici, il tifo e qualche applauso sparso tra i gruppetti che si avviano a vedere il nuovo match. Sta lì, con le mani affondate nelle tasche del giubbotto, a guardare seria e annoiata qualcosa che l'ha fatta emozionare solo quando il protagonista era il suo unico migliore amico; non prova più il singhiozzo emozionato che le stringe il cuore per l'emozione forte, non sente più lo stomaco aggrovigliarsi, la annoia anche questo, anche il suo semplice ricordo. Sta per voltarsi e tornare a casa, quando vede una chioma bionda e uno sguardo preoccupato che attirano la sua attenzione: Terence corre verso di lei, pallido in viso.

-Michelle! Michelle! Cazzo, è un casino!
-Cosa? – domanda quella, aggrottando le sopracciglia. Il giovane si ferma davanti a lei, poggiando le mani sulle ginocchia e respirando a grandi boccate. Indica l'arena col dito, intanto che riprende fiato e alza lo sguardo verso di lei.
-È un casino Mcihelle, cazzo, è un casino! C'è Trevor lì dentro, e...
-E? – lo blocca lei, confusa. -Non può fare un nuovo incontro così presto, Michael si è bevuto il cervello?
-No! – esclama quello, ancora in difficoltà. -È sugli spalti, ma c'è un problema, la locandina è strana, hanno cambiato all'ultimo momento, c'è qualcosa che non va, ti prego vieni dentro, - il modo confusionario in cui le parla la preoccupa ancora di più e quella si fa avanti.
-Okay, portami da Ward, subito.

Trevor sta seduto sugli spalti tranquillo, i riflettori si sono già abbassati e aspetta trepidante l'inizio del match: in tutto quel mese privo di senso, ciò in cui ritrova ancora adrenalina, emozione, per cui ancora sa commuoversi e non sentirsi vuoto, è proprio andare all'Arena e vedere gli incontri di pugilato; ne ha visti di tutti i tipi in quel mesi, dai dilettantistici ai professionistici, da quelli con pochi spettatori a quelli gonfi di tifosi, e ogni volta ha provato un'emozione diversa, che gli ha fatto ricordare perché ama così tanto il suo lavoro. Essere lì, poter prevedere o indovinare le mosse successive di un pugile, capire chi farà la prima mossa, capire quando iniziano a stancarsi o quando potrebbero chiudersi i round, e poi stupirsi ed emozionarsi quando tutto cambia e si capovolge, quando non indovina nulla o indovina tutto, è l'unica cosa che è riuscito a distrarlo un po' dal resto. Annunciano l'avversario, un professionista fiorente dell'ultimo periodo, lo sfidante della serata, che arriva sul ring sicuro di sé e pronto a prendersi l'ardore della folla. Trevor applaude alla vista del giovane assieme agli altri spettatori, confidando nell'autostima del giovane per poter aggiudicarsi un bel match. Il pugile sfidato viene dalla palestra di Nixon, e la presentazione gli suona più familiare che mai. Aggrotta le sopracciglia, confuso, e Terence che sta guidando Michelle in quel buio nota subito l'uomo e lo indica, correndo da lui. Supera le persone sugli spalti chiedendo scusa, seguito da Michelle che rivolge occhiatacce sdegnose a tutti.

-Trevor! – quello si volta a guardare il suo amico, sorridendogli e offrendogli dei popcorn chiusi che ha comprato solo per darli all'altro.
-Sei arrivato in tempo, sta per iniziare...
-No, no, perché non vieni un po' fuori? Inizio a soffocare qui dentro, non ti va? – prova a convincerlo il ragazzo, ansioso, ma il suo sguardo ora è perso dietro di lui: guarda Michelle con un'attenzione e una devozione unica, che però non fanno smuovere la donna che lo guarda seria, e poi sposta lo sguardo a Terence.
-Sì, Ward, vieni a prendere un po' d'aria fuori. – dà manforte al suo amico, che le scocca un'occhiataccia.
-Questo sarebbe il tuo aiuto alla causa?!
-Ringrazia io sia entrata qui dentro senza sapere di che cazzo stai parlando. – sibila lei, sotto lo sguardo confuso di Trevor.
-Ma sta iniziando il match... - prova a dissuaderli, confuso più di loro, ma quando si volta verso l'angolo di entrata del pugile sfidato, il suo nome rimbomba tra gli altoparlanti dell'Arena, e il pacco di popcorn cade in un tonfo per terra, immerso nel tifo sfrenato di tutti che accolgono Trevor Ward che esce dall'angolo acclamato da tutti i suoi tifosi. Trevor, seduto sugli spalti, guarda avanzare il suo esatto riflesso, dal suo sorriso enigmatico e sinistro, dal suo sguardo freddo e calcolatore, e ad un tratto tutto in lui si spezza. Terence deforma l'espressione, terrorizzato, e Michelle sbianca, portando lo sguardo dal pugile sul ring al suo individuo originale, sugli spalti. Quest'ultimo si alza, gli occhi sgranati, indica la sua Ombra, terrorizzato dall'ignoto di una natura di cui non è a conoscenza.

-Ma... ma quello sono io, - mormora, con voce tremante. -Io sono Trevor Ward. Chi è quello sul ring? Non è Trevor Ward, io sono Trevor Ward, - ripete, confuso e spaventato, con Terence che prova a portarlo via da lì e Michelle per la prima volta si sente inerme davanti a un trauma che sta facendo in pezzi il pugile.
-Io sono Trevor Ward! – urla in quel pandemonio, sconvolto e avvilito: stanno cercando di rubargli l'identità, stanno cercando di togliergli la sanità, stanno cercando di farlo diventare pazzo, e lui lo sta capendo solo quando ormai è troppo tardi, quando non c'è più rimedio, quando quell'immagine d'ora in poi lo torturerà per sempre. Inizia a dissociarsi, il suo corpo gli suona estraneo a ogni tocco, osserva dall'alto ogni cosa che accade, osserva quel pugile sul ring fissare quegli occhi neri vuoti proprio nei suoi, e sorridergli, beffardo.

-Michelle! Portiamolo fuori! – la donna si risveglia solo con l'urlo deciso di Terence, e provvede ad aiutarlo a trascinare di forza il pugile fuori dall'arena, sotto lo sconcerto di lui. Sotto il sorriso dell'Ombra di Desperado, pronto a conquistare di nuovo il ring, per la gloria, per il successo, per il sangue di chi odia di più – sé stesso. 

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Onde as histórias ganham vida. Descobre agora