☩ TRENTANOVE ☩

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE ☩ XXXIXIl piano di Realtà

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE 
XXXIX
Il piano di Realtà

Serve qualche giorno, e la febbre di Trevor è ormai calata: si sente ancora debole, sì, sente che nulla di tutto quello che ha vissuto sia reale, ma in generale si sente lucido, si sente vivo – e mai come prima gli è parsa così tanto una maledizione

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Serve qualche giorno, e la febbre di Trevor è ormai calata: si sente ancora debole, sì, sente che nulla di tutto quello che ha vissuto sia reale, ma in generale si sente lucido, si sente vivo – e mai come prima gli è parsa così tanto una maledizione. Riesce anche ad alzarsi dopo un po', e dopo cinque giorni può dire di camminare senza troppe difficoltà. È stato difficile per Michelle spiegare a Liz e Doll che al momento non avrebbe potuto lavorare, e infatti ha ricevuto solo improperi ad alta voce dal telefono su come poter coprire la mancanza del gioiello della città al Dawn, che lei ha liquidato con un annoiato "inventatevi qualcosa". La professionalità in questi casi non è proprio al caso suo. In quel momento invece se ne stanno in camera di Trevor, il pomeriggio il sole resta sempre nascosto dalle nuvole imperiture di quella città, e Michelle se ne sta seduta con le gambe incrociate sul letto, Trevor che si siede davanti a lei.

-Sono guarito: è ora che tu mi dica quello che c'è bisogno da sapere. – le ricorda la promessa, e lei annuisce, lo sguardo perso nel vuoto. La donna fa spallucce, si liscia meglio il vestitino che ha addosso, si bagna le labbra con la lingua.
-Quello che c'è bisogno da sapere è molto poco, perché non ne sappiamo molto. Da quello che capisco vuoi costituirti.
-Ovvio.
-Il problema, Trevor, è che questo non è un vero e proprio omicidio. – inizia lei, tenue, e lui inizia ad aggrottare le sopracciglia, confuso.
-Scusa?
-So bene cosa abbiamo visto entrambi, non sei pazzo. – prova a trovare le parole, ma le viene difficile. -So che questo è fuori dalla tua comprensione, ma so anche che tu sei uno che si fa tante domande, e sei filosofo per questo.
-Allora aiutami a capire, per favore.
-Cos'è un omicidio, prima di tutto? – domanda a quel punto lei, seria. Trevor si guarda attorno.
-È quando una persona pone fine alla vita di un'altra persona, o animale.
-Esatto. Non parliamo di gradi di omicidio, sensibilità di un omicidio o quant'altro: è tutto sullo stesso piano.
-Sì.
-Bene. E un suicidio, cos'è?
-Porre fine alla propria vita.
-Ecco. Questi sono i due estremi degli atti estremi, e cambia il destinatario in maniera molto sensibile. – quella porta le mani davanti a sé, le chiude per sentire sul suo corpo qualcosa che ricordi lei, per dimenticarsi un solo attimo di quei ricordi che porta dentro a fatica. -Quello che hai fatto tu, però, è a metà da entrambi, e proprio per questo si discosta da essi.
-Cosa intendi?
-Un'Ombra... - sospira quella -è qualcosa che sta a metà tra una pura concezione mentale e l'umano. Non è pienamente umana: è fisicamente sbiadita come hai notato, non ha la stessa forza di un individuo originale, e vive mantenendo un profilo basso, come ti ho detto. Conducono una vita, certo, ma non è una vita vera e propria. Non nutrono gli stessi bisogni di un essere umano, ma conservano parte del suo carattere, delle sue paure, della sua personalità. Trevor non era una persona: Trevor era il tuo essere inumano, era il modo in cui ti distaccavi da te stesso per lavorare. Trevor era lo scrigno di tutti i tuoi traumi, imbottigliato nel tuo sogno: la cintura raggiunta senza i sentimenti, senza il passato, senza il futuro. Ora, tu dimmi: quanto è pienamente una vita, questa? – domanda a quel punto lei. -Trevor non è nato, Trevor si è formato da te, si è trasformato prendendo le tue sembianze, ma è una parte della tua mente che si è distaccata da te.

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Where stories live. Discover now