☩ TRENTOTTO ☩

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE ☩XXXVIIINon c'è salvezza

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☩ D E S P E R A D O - CITTÀ D'OMBRE 
XXXVIII
Non c'è salvezza

Il bussare ininterrotto alla porta alle otto del mattino sveglia di soprassalto la coppia stesa sotto le coperte

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Il bussare ininterrotto alla porta alle otto del mattino sveglia di soprassalto la coppia stesa sotto le coperte. Trevor prova a tirarsi su per andare ad aprire, ma le gambe gli cedono nel letto; Michelle lo blocca, rivolgendogli un'occhiataccia con gli occhi ancora socchiusi dal sonno.

-Cosa fai? Ho detto che ci penso io. – lo ammonisce in un sussurro, per poi alzarsi veloce dal letto: passa per un secondo in bagno con la sua borsa a darsi una sistemata e corre alla porta.
-Sì?!
-Sono Michael! Non mi avete più fatto sapere niente, siete matti!? – quello sbraita subito addosso alla giovane, che lo guarda con uno sguardo strano.
-Non, senti, - sospira, - sono stati notti particolari.
-Un messaggio dovevate mandare. – sbraita ancora di più, paonazzo di rabbia.
-Non era una cosa facile da spiegare tramite messaggio! – sbotta allora lei, infastidita.
-Perché? Cosa è successo?
-Lascia perdere, torna a casa, per un po' manda avanti la tua vita tranquillo, qui ci penso io.
-Michelle, non dire puttanate. Dimmi adesso cosa è successo, non è una richiesta, è un cazzo di ordine, sono il mentore di Trevor Ward. – quella gli lascia lo sguardo più torbido e torvo che conserva, facendolo entrare subito in casa, e chiudendo la porta con due mandate.

-Dov'è? – l'allenatore si guarda attorno, preoccupato, per poi trovare la testa bionda di Terence che se ne sta seduto sul divano, intontito.
-Cazzo, che dormita... - commenta con la voce arrochita, stropicciandosi gli occhi.
-Calmati, Freccia, è in camera da letto. Non fare cose avventate: ha la febbre e il delirio. – lo avvisa lei, e quello tramuta subito l'espressione, ancora più preoccupato.
-Cosa è successo? Cosa? – domanda, disperato, sotto lo sguardo fermo di lei, che abbassa gli occhi verso il pavimento.
-È meglio tu non lo sappia Michael. Più persone coinvolgiamo in questa storia, peggio è.
-Cosa è successo? Dimmelo adesso, per i cazzo dei Cavalieri, lo voglio sapere ora! – quella lo tira dal salotto verso sinistra, diretti alla cucina, più lontana dalle camere, guardando gli occhi dell'uomo.
-L'ha uccisa. – butta subito fuori, con voce tremante. -Ha ucciso la sua Ombra. Non farne parola a nessuno, ti prego. – quello deve sedersi su una delle sedie ordinate sotto il tavolo: si tiene con la mano il cuore che sembra esplodergli nel petto dopo quella notizia, impallidito alza lo sguardo verso la giovane, che resta in piedi a guardarlo.
-È uno scherzo?
-Vorrei lo fosse, ma è successo tutto davanti ai miei occhi. L'ha uccisa di botte. – sospira lei, tenendosi col pugno al tavolo liscio della cucina, lo guardo perso nel vuoto, a ricordare la scena. -L'ha massacrata di pugni finché non è morta.
-Che l'Evangelista mi secchi... quando è successo?
-Due notti fa. Dovevo fare il cambio con Terence, ma è arrivato in ritardo. Ed è successo. Quando è arrivato Terence, ormai Trevor era già scappato.
-È scappato con le sue gambe!? – domanda, sconvolto, sotto l'annuire di lei. Quello si abbandona sullo schienale della sedia, intanto che Terence li raggiunge in cucina, poggiandosi contro lo stipite dell'ampia porta lasciata aperta.
-Io, e lui? Cioè ormai è completamente folle? È irrecuperabile? – a quel punto Michelle scuote la testa.
-Non ha irrecuperabilità, ne sono più che certa: era lucido, lo è sempre stato. Ora ha il delirio, ma solo per la febbre. Non è irrecuperabile: è stata colpa della sua ombra, lo ha istigato al suicidio, e poi ha provato ad ammazzarlo davanti ai miei occhi; lui ha dovuto rispondere e lì ha dato sfogo a tutto. Tutto... - mormora, volgendo lo sguardo oltre la porta della cucina, diretta alle stanze. -Tutto quello che gli hanno fatto. Adesso però lui crede...
-Di aver commesso un omicidio? – domanda Terence, finendo per lei. Quella annuisce, e Michael si scurisce in volto.
-È un forestiero, per lui esistono solo i concetti di omicidio e suicidio, ma questo... era scritto solo nei libri. Cazzo, si starà disperando.
-Vuole andare ai grattacieli a costituirsi. – fa sapere lei, e lo sguardo dei due si rivolge di nuovo alla sua figura. -Ma secondo me anche i grattacieli sarebbero in difficoltà. Cosa possono fargli? Ha ammazzato sé stesso praticamente, gli daranno un supporto psicologico, ma Trevor vuole scontare una pena.
-Che cazzo di casino. – commenta il ragazzo, tirandosi indietro i capelli, prendendo a camminare per la cucina, sotto lo sguardo pensieroso del secondo.
-Non so che fare, Michael... - sussurra lei, stanca, sotto lo sguardo dell'uomo, che la guarda sfogarsi per un attimo con lui. -Di solito so sempre cosa fare, ma questa volta...
-Michelle, stai già facendo tantissimo, te lo assicuro. Troveremo un modo, tu potresti anche trovarlo prima di noi, sei la più sveglia del gruppo in queste cose.
-E se gli fanno qualcosa io che faccio? Non deve saperlo nessuno Michael, finché non sappiamo come comportarci questa storia non deve uscire fuori di qui.
-Certo, assolutamente. Lo sapremo solo noi tre al momento, poi vedremo. Posso vedere il ragazzo?
-È a letto, in camera, - gliela indica con un cenno della testa, stanca. -Non credo però ti voglia vedere: si crede un assassino, vuole allontanarci tutti perché è spaventato da quello che ha fatto. – Michael si copre la bocca, per nascondere il pianto che sta cercando di frenare in tutti i modi: è così frustrato, arrabbiato per non esserci stato abbastanza per Trevor, per non averlo aiutato, per non averlo protetto dall'ignoto come avrebbe dovuto. Gli ha solo parlato, gli ha solo raccontato la sua storia, ma a cosa serve? A nulla, perché Trevor è tutta un'altra storia, un'altra persona con un altro vissuto, e le cose lì a Desperado sono così monotone che quando arriva la novità in realtà non si è mai pronti. Perché è tutto fuori dai calcoli, tutto privo di senso. Desolato e disperante, come i giochi di quella città che piegano il volere di tutti al suo.

-Va bene, allora al momento è meglio non farlo agitare di più. – commenta dopo un po' di silenzio. -Io torno in palestra, devo aprirla e non dare nell'occhio. Provo a passare in biblioteca, a cercare qualcosa di simile tra i libri, non possiamo molto altro; le testimonianze che restano di cose simili risalgono a decenni troppo lontani. – i due annuiscono.
-Noi resteremo con Trevor sperando guarisca presto, e poi vedremo come fare. – si salutano così, Michael si chiude la porta alle spalle, e Terence prepara veloce una tisana per Trevor con qualcosa di morbido da mangiare come colazione. Michelle glielo porta, e lo trova ancora sveglio.

-Era Michael? – domanda, dolente. Quella annuisce, poggiando il vassoio sul comodino: apre appena la finestra per far passare un po' d'aria, e poi aiuta a far sedere Trevor, gli misura la temperatura che sembra essersi abbassata, e poggia per un po' il panno da parte, invitandolo a fare colazione.
-Sì, tranquillo: gli ho detto che non stavi molto bene e preferivi non vedere nessuno.
-Grazie. Mi dispiace così tanto...- mormora, -adesso non sono degno di vedere nemmeno lui, dopo quello che ho fatto, e lui ha fatto così tanto per me... - le lacrime iniziano a scorrergli sulle guance nell'ennesima crisi, e Michelle si occupa di asciugargliele in silenzio, riportando la sua attenzione sulla colazione.
-Devi mangiare, pugile: non puoi dimagrire troppo, non ti fa bene. – prova a spronarlo così, ma quello beve la tisana tremante, e mangia con poca voglia quel cibo.
-Quale testo filosofico mi salverà ora dai miei peccati? Quale ricreazione artistica mi riabiliterà da quello che ho commesso? Non c'è salvezza per me. – quella trattiene le parole, e prova a fargli un sorriso sincero, dopo tanto: coinvolge gli occhi e le labbra, intanto che gli porge il piatto.
-Ti ho detto che appena ti sarai ripreso ne parleremo: e io sono una che mantiene le promesse, pugile. Però ora mangia o non ti riprendi più. – quello la guarda, silenzioso, e ubbidisce: finisce tutto con lentezza, ma finisce, e Michelle può pulire tutto e correre in bagno con la borsetta a sistemarsi. Esce di nuovo di lì, con la faccia fresca e il trucco messo come meglio può.

-Cosa facciamo, Michelle? – Terence la blocca dalla cucina, fermandosi a guardarla. Lei ricambia lo sguardo, e ci pensa un po'.
-Dobbiamo aspettare che Trevor guarisca: devo fargli capire un po' come funziona, e dobbiamo aspettare notizie di Michael. Nessuno deve sapere niente, Terence, Sono abbastanza chiara?
-Tranquilla, questa cosa non mi viene voglia di dirla a nessuno. – commenta, stranito.
-È Desperado, al momento starà al nostro gioco. Poi non lo so, non convincerò abbastanza Trevor, ne sono certa, ma andrà ai grattacieli. E spero solo che lì facciano quello che è possibile per aiutarlo, e nient'altro. – commenta solo lei. Quello annuisce, silenzioso.
-Vado a fare un po' di spesa, le conserve iniziano a mancare; ce la fai a stare sola con Trevor, o senza di me vi picchiate?
-Ma smettila, siamo due adulti con dell'autocontrollo. – lamenta lei, alzando gli occhi al cielo; poi lo guarda prepararsi, e prima di chiudere la porta dietro di sé, Michelle la apre appena, richiamando la sua attenzione.
-Grazie, Terence. Sei davvero un amico. – e quello le sorride, facendole male il saluto militare.
-Sempre qui per i miei migliori amici, tesoro. 

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Where stories live. Discover now