☩ DICIANNOVE ☩

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩XIXVorrei guardarmi nello specchio e non cercarmi nel suo spessore

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☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩
XIX
Vorrei guardarmi nello specchio e non cercarmi nel suo spessore








☩ D E S P E R A D O - APOCALISSE ☩XIXVorrei guardarmi nello specchio e non cercarmi nel suo spessore

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I riflessi si perdono nello spessore che ci si costruisce e che si distrugge. Michelle se ne sta inginocchiata, con la testa che vortica e che pulsa, davanti le statue di Conquista e Morte: le immagini sono sfocate, l'essere la dilania, il non essere la inabissa. Stringe tra le dita il terriccio, lacrime nere le occupano le guance, copiose, sotto lo scuotersi della sua testa: vuole liberarsi dei pensieri, del mondo, della consapevolezza che in lei stanno mutando troppe cose in poco tempo. Singhiozza, la nausea le toglie qualsiasi percezione di gusto, il corsetto le stringe troppo la vita, si sente soffocare, sente troppo caldo, sente di star per morire. Il cuore batte con troppa forza contro la cassa toracica, contro quelle ossa deboli e sole nell'universo, contro quegli atomi che ne compongono l'essere e lo disperdono nell'universo.

Non adesso non adesso non adesso non voglio perderla ora non ora non ora non ora

-Non ora, non ora, non ora, per favore non ora, non così, non ora, non ora. – e poi urla quel nome più forte che può: urla il nome di Trevor a pieni polmoni, cerca la salvezza delle sue mani e dei suoi pensieri, della sua voce, tutta la sua salvezza custodita in una persona di cui non conosce nulla se non il suo orrendo destino. Perché lo hai fatto entrare qui Desperado, perché perché perché cos'ha di rotto cos'ha di spezzato cosa non va in lui cosa c'è che non va perché lo hai fatto entrare perché vuoi farmi perdere il senno – si distende sul terriccio, cerca col respiro affannoso e il sudore freddo di togliersi veloce il corsetto che la stringe, di togliersi di dosso il tessuto liscio della camicia da notte, di togliersi la sua stessa pelle. Geme di dolore, sfilaccia i lacci del corsetto, si spezza le unghie prive di smalto e poco più lunghe dei suoi polpastrelli: cerca un appiglio di respiro, cerca qualcosa che la faccia tornare in sé, cerca di non perderla, non adesso, non in quel modo. Non ha fatto tutta quella strada per diventare un'irrecuperabile, non ha venduto il suo corpo per essere rinchiusa, non ha fatto nulla di tutto questo per conoscere Trevor e non poter sapere nulla di lui se non il nome e le sue morali più profonde. Si gratta la gola, cerca respiri, le orbite degli occhi vanno all'indietro, ricorda solo le luci stroboscopiche del Dawn, i flash delle luci sono lampi vivi nei suoi occhi e nella sua mente, scalcia il terriccio con i tacchi, gemendo di dolore.

Il riflesso dell'essere si misura nello spessore del vetro in cui ci si specchia. Il riflesso dell'essere, nello spessore, nel vetro, nello specchio dell'essere lo spessore della mia anima non ci si riflette, è tutto così vuoto e confuso, e io mi sento sola, nuda, debole, aggredita da me stessa, dalle mie convinzioni, dalla mia ingenuità, da tutto quello che voglio strapparmi dalle carni, vorrei solo essere viva, vorrei solo non essere nata in questa dimensione, vorrei non solo far parte di questo mondo che mi è precluso, vorrei guardarmi nello specchio e non cercarmi nel suo spessore. Vorrei essere viva e priva di spessore, vorrei che la mia anima non tagliasse sé stessa, una parte che non potrò mai ricomporre. Ma io sono viva, e controllo, e la mia anima controlla sé stessa: ho tra le mie mani questo piccolo mondo, lo stringo avida e ne prendo l'adorazione, ne divento l'angelo maledetto e conquistatore, io controllo chiunque, sotto il mio sguardo la fine delle ere, sopra la mia testa l'Apocalisse.

Michelle riprende piano il ritmo del respiro, le pupille vedono il cielo sopra di lei, la gola non prude più e quella sensazione di Morte sguscia via dalla sua pelle, lasciandola svuotata, violata, sola. Si ricompone piano, recupera l'ossigeno nei polmoni, si ricorda com'è respirare, si dimentica come ci si sente morire. Ha i vestiti e i capelli sporchi di terriccio, ha gli occhi lucidi dal pianto, lacrime nere seccate sulle guance. Alza lo sguardo al cielo nuvoloso e cupo di quella città maledetta, e con occhi velati e voce colma d'odio le sussurra solo.

-Ti odio, fin dal mio primo respiro, fino all'ultimo ti odio. Ti odio. – e questa volta l'odio non è l'espressione di un desiderio inesprimibile, ma è la purezza di un sentimento che le irradia le vene e che le irrigidisce lo sguardo: è odio, nella sua pura concezione, che la lascia da sola, davanti l'entrata di quel cimitero, a piangere e stringere il terriccio tra le mani.

Trevor, non mollare la presa: la mia Conquista è la nostra Morte

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Where stories live. Discover now