-Sei, sei proprio sicuro? – inizia Terence, che sente addosso un sudore freddo non invidiabile: cammina al fianco di Trevor, che quella sera è talmente bello da sconcertarlo: non è diverso da come si vestiva le altre volte, il trucco è anzi più leggero di qualunque altra serata, eppure ha qualcosa che porta con sé, nel modo in cui cammina, o come lo guarda, sembra denudarlo senza nemmeno volerlo, e questo lo preoccupa. Trevor annuisce, convinto.
-Ho delle responsabilità verso il rapporto che avevamo costruito, e non posso sottrarmi, non è da me. Dato che a quanto pare un mese fa mi si sono bruciati i neuroni, è giusto provi a riparare il danno fatto: devo parlare con Michelle, è un obbligo morale, ma soprattutto emotivo.
-Ma vedi che Michelle non è proprio la donna più morale del mondo... - prova a dissuaderlo il giovane più basso, intimidito: Trevor gli sembra così convinto da fargli paura.
-Ne sono consapevole, ma anche lei sa che io ho una morale forte: e poi ribadisco che non è un semplice obbligo morale. Io ho un bisogno disperato di chiederle scusa, senza aspettarmi nulla in cambio. Lo sento dallo stomaco, mi appesantisce il petto, non me ne libero. Devo farlo, non solo per la mia coscienza, ma per la mia sopravvivenza. – finisce di spiegare, in difficoltà: spiegare i suoi sentimenti agli altri resta sempre difficile; Terence sta ad ascoltarlo, deglutendo rumorosamente.

-Okay, se ne hai proprio bisogno... - mormora, impallidendo. -Ma, ecco, se lei non volesse parlarti?
-Ci ho pensato anch'io, ovviamente. Ma sai la cosa più strana? – chiede, dopo che hanno passato il cimitero. -Che questo dubbio si è dissipato in un attimo. Io so che ci parleremo, non chiedermi come io faccia ad esserne così sicuro. Lo so e basta, è qualcosa di cui è convinto anche il mio subconscio. – Terence lo guarda, sente solo un conato di vomito, e può solo pensare a quanto Desperado stia affondando le radici dentro di Trevor.
-Capito. – si limita a dire questo, ristabilendo il silenzio nel duo ormai arrivato al Dawn. Arrivati nello spiazzo che porta all'entrata, già riempito di persone che parlano e ridono ad alta voce, appena avvertono la presenza dei due nuovi arrivati, si voltano tutti a guardarli, ammutolendo. Trevor stringe i pugni, prega alla sua parte più oscura di bere ogni paura, e può di nuovo respirare: si rilassa, sorridendo divertito di quell'attenzione.

-Addirittura? Tutto questo sconcerto per colpa mia? – commenta a Terence, che lo guarda imbarazzato.
-Io, hm, insomma, sì, ecco, sei il pugile più forte al momento a Desperado.
-Che effetto che fa, immagina se divento il più forte del mondo. – commenta, sarcastico, mentre si avvia all'entrata, seguito da Terence. Molti tra loro iniziano a bisbigliare, senza staccare lo sguardo da Trevor Ward: tutti restano ammaliati, affascinati, alcuni terrorizzati dalla sua presenza: è lì, davanti a tutti quei peccatori, che pensavano non l'avrebbero mai più rivisto dopo aver lasciato la città senza anima; e invece ora è lì, ancora invincibile e intramontabile nell'aura che trascina con sé, intimidisce chiunque con la sua sola presenza, non ha bisogno di posare lo sguardo su nessuno, perché anche solo vedere per sbaglio i suoi occhi neri lascia confuso chiunque. Trevor si fa andare bene quegli sguardi, così affondato in sé stesso in quel momento è l'ultima cosa a cui pensa: sta cercando di mantenersi lucido, l'unica cosa a cui pensa è solo di voler vedere Michelle, ad ogni costo.

Entrano nel Dawn: sempre caldo nei suoi toni freddi, sempre pieno di ingordigia e passione, lussuria e sensualità, connubio tra sensi e irrealtà – quell'atmosfera si appiccica alla pelle di quel pugile alto come umidità. Gratta il cerotto sul naso e si fa spazio tra le varie persone che ballano e che restano per un attimo sconcertate nel rivedere una figura a loro così familiare lì dentro; lascia indietro Terence che prova a chiamarlo, ma ormai è nel corridoio dei camerini, dove si imbatte in Judith. Quella, sconcertata, spalanca gli occhi a vederlo lì davanti a lei, e lui si ferma per un attimo.

-Judith.
-Trevor? Allora è vero che sei tornato. – il suo sussurro si perde nei bassi delle musiche che sono nella sala grande del locale.
-Cosa?
-Niente, hm, che ci fai qui? – glielo chiede nell'orecchio, dopo che lui si è abbassato appena per ascoltarla.
-Devo parlare con Michelle.
-Ah. C'è ancora qualcuno fuori di testa che vuole parlare con quella? – si lamenta, aspra. Trevor aggrotta le sopracciglia.
-Perché dici questo di lei? Siete amiche.
-Lascia perdere, Ward, sai così poche cose del nostro rapporto che non mi stupisco di questo commento idiota. – lo riprende, annoiata. Quello preferisce non continuare sull'argomento e annuisce.
-Giusto. Quindi, dove posso trovarla?
-Ultima stanza a destra, sicuro di non volerti portarti un estintore dietro? È l'unica cosa che possa spegnere quella linguaccia del cazzo.
-Grazie. – evita di commentare l'ultima asprezza detta nei confronti della sua amica, e la saluta, dirigendosi all'ultima porta a destra. Sente il cuore arrivargli a battere fino al cervello, i palmi sudare sotto il tessuto delle fasce, lo stomaco stringersi: si sente così vivo ma ha una paura che lo avvolge e gli graffia la schiena senza precedenti. Si fa coraggio quanto può, conta i respiri, si impone che deve agire, che è tornato a Desperado per rivederla, per chiederle scusa, per far sì che ogni cosa che ha distrutto possa comunque aver valso qualcosa: e Michelle è valsa ogni singolo errore che ha compiuto in vita sua. Allora bussa alla porta semiaperta, il respiro a mancargli.

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Where stories live. Discover now