☩ QUARANTASETTE ☩

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Avevo la perfezione

Era tutto perfetto, aveva una vita perfetta, e perché ha rovinato tutto? Si rivede ancora lì, davanti la porta, davanti sua madre, davanti suo padre, davanti quelle parole che lo tormentano e lo spezzano più di tutti i colpi che ha preso in dieci anni.

"Perché non sei normale?"
E cosa c'è di così innaturale in un uomo come Trevor? Cosa c'è che non va nelle sue mani pulite, nel viso sporco di sangue, nella consapevolezza che sale su quel ring solo per uno sport e non per violenza? Ed è di nuovo davanti a Sylvia, a quella rabbia che lo ha divorato, alla delusione che gli ha fatto risucchiare il respiro, a tutto quello che lei gli aveva fatto credere, che ora gli sembra solo una bugia. Mi avevi detto di amarmi, allora perché non puoi accettare che io sia bravo nel pugilato? E gli occhi di lei, per la prima volta, gli hanno restituito l'espressione del disgusto – quello sport non va bene, è violento, potresti morire, potresti uccidere, perché non vuoi una vita normale? Io non ti basto? Per una vita intera gli hanno detto cosa andasse bene fare e cosa no, per una vita intera ha costruito costantemente e rivisto i suoi principi, le sue morali, i suoi pensieri, li ha maturati con l'età, li ha resi giusti, alti e puri; ma nessuno l'ha mai perdonato per voler essere un pugile, per tentare di fare uno sport che lo facesse sentire vivo. Sylvia ha tradito la sua fiducia, i suoi genitori non gli hanno mai restituito nulla, debitori di un amore che non gli hanno mai concesso.

Avevo la perfezione

In quello spiraglio di ricordi, di vuoto, della sensazione del sangue sulla pelle, nella bocca, nelle nocche che vibrano ancora per i colpi dati, nelle braccia stanche, nel fegato che continua a chiedere sangue, che gli scorre nelle vene, lungo le arterie, ovunque lui esiste per riparare ai danni subiti, Trevor sa come tutto gli sia scivolato via dalle mani da una vita, sa che lo ha permesso lui. Non potrà più accarezzarle i capelli morbidi e castani, mai più guardarla negli occhi e non sentirsi più solo; quelle mani che lo toccano non hanno nulla della gentilezza esasperante di Sylvia, quella voce che lo richiama non ha nulla della limpidezza e della dolcezza della sua voce. È tutto perduto – non riavrà indietro tutto quello che Filadelfia gli ha tolto, tutto quello che Desperado non potrà mai dargli. Alza lo sguardo al soffitto, le pupille sparite dietro le palpebre, il corpo che freme incontrollato, Michelle che lo afferra di forza per le spalle, scuotendolo e chiamandolo più forte che può.

Avevo la perfezione

Ma io l'ho mai desiderata?

Tutto quello che ha stretto tra le mani per una vita era sabbia – un pugno fatto di sedimenti caldi fatti di nulla, che son scivolati dalle dita troppo presto. Aveva avuto ogni fortuna possibile, qualunque sogno di qualunque uomo, e in realtà se l'è fatto andare bene perché non ne ha mai avuto davvero bisogno. Il suo riflesso si scheggia, la consapevolezza di essere e allo stesso tempo non essere si confonde di nuovo, l'universo non è più negli occhi o nei pensieri, il respiro si stabilizza e la paura fluisce via come una malattia che torna solo quando sa che la carne è debole. I colori si ridisegnano nella percezione, ogni cosa riprende la sua forma, il corpo smette di tremare e arrivato a quel punto sa di poterla vedere.

Non è Sylvia, non lo sarà mai: non esiste perfezione comparabile dove esiste Michelle; se n'è reso conto in quel momento, e mai nulla gli è sembrato più chiaro – i ricordi di tutto quello che ha costruito a Filadelfia per quegli anni si allontanano, restituendogli l'immagine della persona con cui ha meno affinità ma che sente più vicino a sé; e Michelle è bellissima, ha disegnati negli occhi la luce di un sole che Desperado non avrà mai, ha tra i capelli l'oscurità della notte, ha nelle labbra disegnate il desiderio più puro e alto, nelle sue parole e nei suoi pensieri si agita la consapevolezza di essere inarrivabile e incomprensibile a qualunque umana concezione, perché troppo alta per essere raggiunta. Michelle è fine e principio davanti gli occhi di Trevor, che la guarda con gli occhi di chi non adora per l'odio, ma per la devozione più totale e cercata. Lei si fa appena indietro, pressando le labbra, ancora agitata per quanto accaduto fino a qualche secondo prima – e lui la guarda in un modo in cui nessuno l'ha mai guardata, e sente arrivarle il cuore in gola dall'agitazione che le provoca quello sguardo – come se per la prima volta la desideri del desiderio più profondo e inumano, il più taciuto e anelato.

𝐃𝐄𝐒𝐏𝐄𝐑𝐀𝐃𝐎Where stories live. Discover now