Molliche di cuore (2/2)

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Hermione si era avvolta in un silenzio tiepido, rassicurante.

Le iridi le si ricamavano di ombre e forme nuove e conosciute al tempo stesso, mentre le faceva scorrere nella Stanza delle Necessità.

Quest'ultima si era modellata ai bisogni suoi e di Draco senza che i due giovani avessero bisogno di fiatare, era bastato... chiudere gli occhi, rilassare i sensi e chiedere.

Così, dinnanzi a loro era apparsa una grande stanza: le luci soffuse e delicate dei lampadari la illuminavano tenuemente in un bagliore che non feriva le iridi, dalle sfumature bluastre e fredde.

Era per lo più... spoglia, in realtà. Al centro della camera vi era un grande spiazzo vuoto che in fondo si chiudeva con un camino che scoppiettava di un fuoco leggero, familiare in quel suo sottofondo scabro.

Una parete era completamente specchiata ed Hermione si rese conto di non aver minimamente pensato una cosa del genere potesse servire, eppure... l'Evocazione era un incantesimo che andava fatto in due e visto le sue difficoltà le sarebbe stato utilissimo per migliorare la coordinazione dei movimenti. Il fatto che Draco avesse potuto pensare una cosa del genere la fece involontariamente arrossire.

C'era poi anche un grande divano, una biblioteca che sembrava ben fornita, qualche bersaglio d'incantesimi che con molta probabilità non sarebbe neanche servito e...

«Un pianoforte?»

La voce di Draco rimbombò in un'eco fioca, una nota curiosa, ma... riguardosa, quasi... delicata.

Eterno ossimoro vivente, Draco.

Hermione a quelle parole non poté che voltare il mento verso di lui, poggiare gli occhi addosso sul viso che lui le profilava.

In quel buio era come se quest'ultimo si fosse deciso a dipingere contorni di luna e linee di alabastro, incorniciati da ciuffi che sapevano di rugiada, umidi in quel suo bianco soffice.

Le iridi di lei si incastrarono per un secondo di troppo in quei lineamenti; la giovane le strappò con ruvidità quando se ne accorse, si impose di seguire la traiettoria dello sguardo di Draco.

E lui... aveva ragione. In un angolo della stanza faceva capolino un pianoforte a coda, d'un nero lucido ed elegante.

La vista di quel pianoforte fu come uno schiaffo in pieno viso. Avete presente... no? Un palmo ben aperto contro la pelle, quello schiocco sonoro che per un secondo vi strappa il fiato.

Perché lei non lo aveva chiesto, però forse...forse il suo cuore sì. Forse in quel bisogno c'era una necessità che la Stanza aveva colto ancor prima di Hermione. Gliel'aveva letta tra i cerotti sul cuore e gliel'aveva messa lì, di fronte il naso.

La ragazza restò in tralice per secondi lunghissimi, pesanti quanto piedi di piombo contro la carne.

Le palpebre le tremarono piano e forse in quella gabbia di ossa e carne le tremò anche l'anima.

Papà.

Fu l'unica cosa che riuscì a pensare, l'unico viso che le sbucò tra i pensieri e che glieli strappò, sfracellò, masticò dal primo all'ultimo.

Rese la sua mente una landa spoglia e arida e ci rimase solo lui. Solo papà.

Le si tesero i muscoli delle caviglie, i polsi un fascio rigido di nervi... Hermione si irrigidì su se stessa, immobile come statua di sale.

Il pianoforte... Papà.

E pensava di averlo accartocciato, quel dolore... era convinta di averlo nascosto bene prima di andare via da Luna, prima di arrivare lì. Lei ne era assolutamente sicura.

Il segreto del silenzio | DRAMIONE Where stories live. Discover now