3. Prima missione

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La mia testa rimbomba ancora quando mi risveglio in un'auto. Avverto delle voci in lontananza che ad ogni secondo si fanno sempre più assordanti. Le persone presenti hanno un tono poco più alto di un sussurro, ma a me sembra mi stiano urlando nelle orecchie. Mi massaggio le tempie, lamentandomi con dei mugolii.

Una voce zittisce tutte le altre.

«Sshh, si è svegliata.»

Sbatto le palpebre a ripetizione, iniziando solo in quel momento a respirare. L'aria però mi va per traverso, e comincio a tossire con tutto l'ossigeno che ho nei polmoni. Una mano mi massaggia la schiena e mi lascio ingenuamente aiutare. Come se non sapessi cosa mi è accaduto e volessi insistentemente credere a una storia inventata dalla mia fantasia. "Non è successo nulla" mi ripete, "è tutto passato".

Eppure, quando alzo lo sguardo, di fianco a me c'è quel pazzo di Jimin.

«È tutto okay?» mi chiede, continuando a toccarmi la schiena in un modo particolare.

Mi scanso di getto e mi schiaccio contro la portiera, pressando i capelli sul finestrino.

«Non toccarmi.» fremo «Mai più.»

Il ragazzo alza le mani falsamente stupito e mi schernisce con una risata a mo' di presa in giro. Si sposta per davvero, ma io non mi muovo da dove sono.

«Va bene, ingrata.» sbuffa pungente.

Ingrata. Dopo tutto l'inferno che mi hanno fatto passare, ha anche il coraggio di chiamarmi ingrata. È una sottospecie di violenza psicologica? Vuole in qualche maniere punirmi per aver tentato di scappare? Cazzo, che schifo.

L'auto fa un'ampia curva e, d'improvviso, mi viene la nausea. Mi porto una mano davanti alla bocca, quasi percependo il mio viso che diventa pallido come un cencio. Mi sostengo alla maniglia della portiera e la stringo, cercando con tutte le forze di resistere. Il mio stomaco è talmente vuoto che non saprei nemmeno cosa espellere, ma il malessere persiste.

«Ehi ingrata,» mi approccia ancora il corvino «non dirmi che ti viene da vomitare?»

Si abbassa su di me per guardarmi bene in faccia e m'infastidisce, stuzzicandomi con un dito la punta del naso. Sembra un bambino che non ha niente di meglio da fare che irritarmi con i suoi comportamenti infantili. Eppure, come se niente fosse, riesce a farmi sentire così... impotente e debole. Minuscola e fragile.

«Se non ti sposti-» azzardo, ma davvero non ce la faccio a parlare.

Chiudo gli occhi e mi abbandono sul sedile, senza forze e un intestino da insultare per il suo malfunzionamento. Jimin mi parla ancora, dando aria alla bocca senza un filo logico, ma non lo ascolto nemmeno; è solo un imbecille.

Svoltiamo di nuovo per un paio di vie secondarie. Non ho idea di dove stiamo andando, ma il mio corpo è allo stesso livello di un palloncino sgonfio e la strada che percorrete la scorgi a malapena. Anche se potessi farlo in maniera ottimale, non potrei comunque oppormi.

Quando la macchina si ferma in un parcheggio quasi deserto sono obbligata a prestare nuovamente attenzione, dato che la voce di Yoongi mi richiama sull'attenti. Un brivido mi sale per la schiena.

«Jimin, dannazione, vuoi stare zitto?» sbuffa lui, voltandosi dal suo posto verso l'amico.

Sono impressionata nel constatare che il corvino gli da seriamente ascolto, tacendo finalmente. Sarei addirittura sollevata, se non mi tornasse alla mente che gli ha intimato di fare silenzio per poter parlare con me.

«Okay, Sooyun, presta moltissima attenzione alle mie parole.»

Yoongi mi guarda, io faccio lo stesso. Sul suo viso è dipinto un sorrisetto ombroso, che egli tiene furbamente nascosto dietro un'espressione piatta. Se la realtà corrisponde alle idee che mi sono fatta nella mia testa, nel giro di mezz'ora potrebbe scoppiare un pandemonio.

PINK GASOLINE ✓ [Jeon Jungkook]Kde žijí příběhy. Začni objevovat