29. Il vento dei sogni

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C'è un via vai di voci che mi rintrona come se fossi dentro una campana che è appena stata colpita con qualcosa di pesante. Ma niente è paragonabile al caos che regna adesso nella mia testa.

Tutto lì dentro è silenziosamente quieto, e forse è proprio questa la parte peggiore di tutte. Il ricordo di me che salto addosso a Jungkook è ancora fin troppo nitido. Non so cosa mi fosse balzato in mente, ma il suo viso celato dalla maschera, il suo corpo ed il suo tutto aveva sortito sul mio essere corrotto lo stesso effetto dell'oppio. Ero persa, catatonica. La sola cosa che percepivo era la tensione che si cuciva velocemente attraverso il mio e il suo petto.

Il pudore decide solo adesso di bussare alla mia porta, quando rincasiamo nel cuore della notte. Avevamo lasciato tutto in auto ed eravamo entrati nell'ingresso. La prima persona che vedo è il geniale Yoongi, seriamente spalmato come burro sul divano come ipoteticamente credevo.

Non appena muove gli occhi mezzi assopiti nell'udire il rumore della porta d'ingresso, alza la tazza che regge in una mano come a fare un brindisi. «Buon anno ragazzi. Ottimo lavoro.» gracchia con vanto.

Hoseok si stiracchia bofonchiando un "anche a te hyung, grazie", quindi si allontana immediatamente verso camera sua penzolando da una parte all'altra. Taehyung lo segue a ruota sbadigliando ed accennando già a togliersi la giacca. Quando lo vedo aprire la porta della sua stanza, regge il distinto capo d'abbigliamento sulla spalla in maniera elegante ma goffa. Namjoon si ferma un attimo per parlare con quello più grande, dopodiché si ritira anche lui per la notte.

La stanchezza è contagiosa, dato che pure io mi ritrovo con la bocca spalancata in un lungo sbadiglio. Sono stravolta. E non perché il lavoro fosse stato stressante, alla fine era anche andato tutto liscio. Piuttosto è il coniglio pasquale al mio fianco che mi rimanda a cose che fanno cedere la mia sanità mentale.

Yoongi si alza dal divano con un sospiro, reggendo sotto braccio il portatile che era sistemato sul suo stomaco. «Io vado a dormire. Ne riparliamo dopo mezzogiorno, eh?»

Come vuole. Anche io preferisco staccare per un po'.

Non appena quello dai capelli neri sparisce mi avvicino al divano per lasciarci cadere sopra la pelliccia, la quale sembra abbia ereditato sulle mie spalle lo stesso peso di un camion.

«Ho sonno.» mugugno perdendo gravità sullo schienale. Non faccio neanche in tempo a sfilarmi i tacchi che la mia testa sta già serrando baracca. I miei occhi ballonzolano verso la chiusura più soporifera di sempre, ma una strana figura alta e nera mi fa riprendere i sensi sfibrati.

«Mh? Che c'è?» domando a Jungkook con tono impastato.

Il suo peso che ricade in avanti mi fa risvegliare immediatamente. Una sua mano agguanta lo schienale del divano di fianco al mio orecchio, l'altra afferra il mio braccio. La sua faccia ingiustamente bellissima scatta in avanti verso la mia.

Oh santo Dio.

Non vorrà forse proseguire, vero? Era stato un incidente il nostro. Colpa mia, okay. Ma pur sempre sbagliato, del tutto sbagliato.

«Senti, sono stanca. Non possiamo farlo di nuovo, intesi? Siamo stati due sciocchi, ammettiamolo. Se vuoi posso dimenticarlo e far finta che non sia successo niente. Non voglio-»

Un colpetto leggero. Proprio all'insù, sulla mia fronte.

Jungkook aveva chiuso gli occhi e si era allungato verso i miei capelli, staccando la mano dal mio braccio per adagiarla sul retro della mia nuca. Le sue labbra non sono più così roventi sulla mia pelle. Anzi, al contrario; hanno la stessa consistenza di due morbidi marshmallows. Così come l'innocente bacio che mi da, il mio cuore si scioglie in un miele appiccicoso e luccicante al suo gesto dolce.

PINK GASOLINE ✓ [Jeon Jungkook]Where stories live. Discover now