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Scappare è l'unico pensiero che balena per la testa di un diverso. No, non nel senso basso o con gli occhi ambrati. Diversi come lei. Un piccolo rumore tra i cespugli, una scia nera alla velocità della luce, il silenzio che precede la morte. Lei.
Provare a definire lei è come cercare di dipingere la paura. Impossibile. È astratta, lei è tutto ciò che fa paura. Pronunciare il suo nome è una tortura per la mente, ormai ci si riferisce a lei raramente e soltanto per pregare contro quell'essere.
Ogni volta che il suo nome nasce dalle labbra di qualche povero illuso, dalle tenebre fanno capolino i suoi occhi cerulei leggermente tinti di un azzurro così flebile che li rendono un po' più umani. A dir la verità le sue iridi sono appena appena definibili mortali.
Se la gente dovesse paragonarla a qualcosa, sceglierebbe sicuramente il silenzio, quel momento che precede il cuore che batte all'impazzata nel petto e cerca di schiacciarsi contro i polmoni.
Hanno tutti così incredibilmente paura di lei, di quella creatura.
Due labbra che tenterebbero chiunque, sono la sua trappola. Così carnose da sembrare vive e così morbide da poterci sprofondare. Un velo di gloss le ricopre mentre sorride, rivelando la sua vera essenza.
Due canini così affilati da poter bucare la carne più dura e anche quella più tenera. Bianchi come la neve, riflettono la luce della luna mentre la sua lingua li stuzzica un po'.
Il silenzio. Il naso sente la prossima preda, si alza e si abbassa mentre le labbra si richiudono.
Eccolo, il suo prossimo pasto.
Corre verso la preda con velocità assurda. È così veloce che sembra teletrasportarsi.
Si ferma dietro ad un albero. Uno stupido ragazzino è lì in piedi barcollante, ubriaco.
Meglio così, si ubriacherà anche oggi.
«Che ci fai tutto solo nel bosco?» domanda con la sua voce così soave che farebbe venire i brividi anche ad una voce bianca.
Lui si guarda ingiro con gli occhi iniettati di vene rosse. Lei capisce che è anche drogato, di bene in meglio.
«Ciao, bella. Ci divertiamo un po'?» chiede lui ridendo e non capendo il guaio in cui si era cacciato.
Lei non aspetta altro, le sarebbe scocciato correre dietro ad un umano ribelle, urlante e spaventato.
«Non aspettavo altro» gli fa sapere lei avvicinandosi lentamente, sistemandosi i capelli dietro la schiena.
Non avete idea di cosa passa per la mente di quel ragazzo. La brama con tutta se stessa.
Lei sa leggere nella sua mente semplicemente guardandolo negli occhi.
Fa un passo in avanti con grazia fino a quando arriva davanti a lui, a pochi centimetri dal viso.
Con la mano sinistra gli afferra i capelli e gli piega la testa, in modo che il collo sia in mostra.
Si avvicina e poggia le sue labbra sulla carotide. Lo sa benissimo dove si trova.
Con la lingua lecca il collo, sente l'odore del sangue, se si concentra pure il sapore.
Il ragazzino riccio allunga una mano per postarla sul fondo schiena della ragazza.
Ops. Peccato che la creatura inizi ad avvertire un fastidioso pizzichio al naso, chiude gli occhi dal piacere.
Ecco che affonda i denti nell'arteria del malcapitato, ma non ha il tempo di urlare. È morto.
Non riesce più a controllare se stessa. Quando sente l'odore del sangue, per la sua testa passa solo un pensiero. Uccidere. Uccidere. Uccidere.
Dissangua il ragazzo in meno che non si dica e lo lascia lì a terra, morto.
Vede tutto più lentamente, è l'effetto della droga e dell'alcool. La testa cade a destra e sinistra. Finalmente trova la pace anche questa sera.
Così è molto più calma.
Vi chiederete come io faccia a sapere cosa provi questa creatura immonda.
La creatura immonda sono io. Azazel, una non morta. Un vampiro, come lo chiamate voi. Un demone di milleduecentodiciotto anni, come preferisco io.
