Capitolo 57

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Il primo volo per l'Italia è stato solamente il mattino dopo, come avevo già preventivato. Avrei potuto passare la serata tranquillamente, rimanendo all'interno dell'arena fino alla fine dell'evento, fare compagnia a Fabrizio, non mettere in pensiero Marco e dormire nella mia stanza d'albergo, su quel comodo materasso e tra le lenzuola profumate di pulito, ma avrebbe tolto eroicità alla mia impresa. La verità è che, nonostante fossi perfettamente consapevole del fatto che alle dieci di sera nessun aereo avrebbe lasciato Lisbona per atterrare in Italia, una parte di me ci sperava talmente tanto da impossessarsi delle mie azioni e trascinarmi in aeroporto, quasi convinta che così facendo si sarebbe materializzato un aereo pronto a portarmi dove volevo io, come fosse una favola. Ma le favole non esistono, ed ecco perché ho dormito su una scomoda sedia in metallo in aeroporto, in modo da poter prendere il primo aereo disponibile, alle 6:30 di questa mattina.

Non sarò mai stato particolarmente fortunato nei miei quasi quarant'anni - e suona davvero strano essere già così vicino a questa cifra, mamma mia - di vita, ma almeno oggi la fortuna ha deciso di baciarmi dritto sulle labbra, forse indugiando anche più del normale, decidendo che il volo in questione fosse proprio diretto a Milano. Da lì ho preso la mia auto e mi sono precipitato in autostrada, immettendomi a causa della foga in un modo abbastanza dubbio, tanto da guadagnarmi non pochi suoni di clacson. Sinceramente, non mi importava niente in quel momento, così ho abbassato il finestrino e mostrato a tutti un bellissimo dito medio, sventolandolo fuori dal finestrino.

Attualmente sono vicino alla mia meta, non mi sono nemmeno curato di rispettare i limiti di velocità, altrimenti non si spiegherebbe la rapidità con cui ho percorso tutta questa strada. Non mi importa, pagherò le multe che eventualmente arriveranno ma ora non ho la testa per pensare anche a questo. La strada è semideserta, fatta eccezione per diversi camion e qualche macchina, probabilmente dato che di mercoledì alle dieci di mattina non ci sia molta gente in viaggio.

L'unica cosa che sembro riuscire a fare è premere il pedale del gas con forza,arrivando a maledire tutto ciò che mi impedisce di buttarlo giù fino in fondo e suonando ripetutamente alle macchine che mi ostacolano, dando loro i fari fino a che non si spostano sulla corsia di destra per farmi passare.

In questo momento sono l'esatto pilota che odio in condizioni normali. Odio la guida aggressiva, odio chi va troppo veloce rispetto ai limiti, odio chi si appiccica alle macchine davanti e dà i fari fino a farle spostare. Ma ora non mi importa. Ora ho una priorità, che non è guidare come di solito farei.

Tutto ciò che conta, ora, è arrivare da lei e da Filippo.

Non mi importa di nient'altro.

Il mio telefono suona e io rifiuto l'ennesima chiamata che Marco ha tentato di farmi oggi. So che a quest'ora dovrei essere dentro all'arena a fare le prove per la prossima esibizione, ma non mi importa. Per la prima volta, la musica non è la mia priorità.

Marco tenta di chiamarmi ancora, nonostante gli avessi appena chiuso il telefono in faccia, e non esisto a rifiutare anche questa chiamata.

Che si fottano, lui e l'Eurovision.

Posso rinunciare a quella competizione, ma non voglio e non posso rinunciare ad Elettra e a Filippo.

Appena arrivo a Sanremo - e mi è sembrato un viaggio interminabile, ma l'hanno spostata dall'ultima volta che ci sono stato? - parcheggio vicino casa sua, non preoccupandomi del fatto che metà della mia auto stia invadendo il marciapiede. Altrimenti, non sarebbe entrata in quel parcheggio probabilmente adatto solamente a una Fiat 500, e sinceramente non ho tempo da perdere per cercare un parcheggio decente. Corro fuori dall'auto, verso il palazzo dove vive Elettra, poi su per le scale, percorrendo i grandi a grandi falcate, due a due. Sorrido nel constatare che almeno una cosa non è cambiata dall'ultima volta che sono stato qui, quando facevo questa strada insieme ad Elettra: il portone del palazzo che non si chiude mai e resta sempre aperto.

L'altra metà || Ermal MetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora