Capitolo 13

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Il rumore delle onde che si infrangono sulla spiaggia deserta mi ha sempre rilassata, facendomi accantonare per un po' i pensieri carichi d'odio verso il freddo perché, alla fine dei conti, è proprio quest'ultimo che allontana tutti dalla spiaggia e mi permette quindi di godere di questi momenti.

Certo, oggi non sono sola seduta sulla sabbia, c'è Ermal con me. Mi ha chiesto di venire a mangiare qui la nostra pizza, voleva tornarci dopo che ci siamo passati l'altra notte e aveva voglia di ascoltare il mare. Così almeno mi ha detto, sconcertandomi leggermente dal momento che mi ha confessato di sentire spesso la necessità di sentire il rumore del mare, necessità che appartiene anche a me in maniera piuttosto impegnativa. Devo passare qui almeno una volta al giorno e se non riesco, il malumore non manca mai. Mi stava giusto raccontando di quanto soffra la distanza dal mare ora che vive a Milano quando, con una sconcertante nonchalance, ha allungato una mano verso la mia pizza, rubandone una fetta.

«Stai scherzando» affermo con ancora la bocca piena, cercando di suonare minacciosa, ma senza grandi risultato data la risata del riccio seduto davanti a me.

«Non si parla con la bocca piena, non te l'ha insegnato la mamma?» mi riprende lui per poi addentare la fetta di pizza che ha appena rubato dal mio cartone.

«E ha te non ha insegnato che non si strappa il pane di bocca gli altri?»

«Tecnicamente non è pane e, tra l'altro, non era nella tua bocca ma ancora nel cartone. Ergo, sono inattaccabile»

«No, sei un ladro, che è diverso»

«No, sono affamato, che è diverso»

«E non farmi il verso!» esclamo prendendo una manciata di sabbia e tirandogliela sul braccio.

«Violenta la ragazza»

«Hai finito di sfottermi?»

«Si chiama autodifesa, cara»

«Anche "cara" l'hai detto in modo sarcastico, ammettilo».

Lui alza le spalle e fa una faccia troppo buffa che non può lasciarmi indifferente e, nonostante io provi con tutte le mie forze a rimanere seria, scoppio a ridere, facendo sorridere anche colui che mi ha sfottuta fino a pochi secondi fa.

«Vedo che non sei poi tanto arrabbiata, forse dovrei rincarare la dose per ottenere qualcosa» afferma prima di dare il primo morso alla sua ultima fetta.

Roteo gli occhi e penso a mangiare la mia pizza, vedendo che mi mancano ancora tre fette.

«Certo che sei lenta, grazie al cielo che mi hai regalato una fetta, altrimenti sai quando avresti finito?»

«Come prego? Regalata? Sei serio?» chiedo inarcando un sopracciglio e lui annuisce con forza, lasciando che un ghigno divertito gli si formi sulle labbra.

Vuoi giocare, Meta?

Prendo un'altra manciata di sabbia e gliela lancio addosso, questa volta facendo in modo che gli finisca sul petto invece che sul braccio. Sbuffo una risata quando buona parte della sabbia che gli ho lasciato gli resta attaccata al cappotto e lui si lamenta, abbassando lo sguardo e portandosi le mani sul cappotto per provare a ripulirlo.

Sarebbe un peccato se, ora che sta iniziando a farcela, qualcuno gli lanciasse dell'altra sabbia addosso.

«Elettra!» strilla quando viene colpito da altra sabbia esattamente dove si era attaccata poco fa.

Già, un vero peccato.

Scoppio a ridere e chiudo il mio cartone di pizza, consapevole che sta per scatenarsi una guerra e il cibo è un bene da preservare e difendere con denti e unghie dal nemico.

Non faccio nemmeno in tempo a rialzare lo sguardo che vengo colpita a mia volta da della sabbia, poi altra e altra ancora.

«Hai finito?» chiedo tranquilla, portando le mani sulle ginocchia. «Non sono schizzinosa come te, un po' di sabbia sul cappotto non mi fa strillare come una ragazza».

Il suo sguardo assume un tono indecifrabile, ma il suo sorriso tradisce ogni tentativo di sembrare arrabbiato.

«Ti farebbe strillare, invece, finire dritta in acqua?» chiede con un sorriso furbo e io volto di scatto la testa verso il mare. Non vorrà mica dire... «Oh sì, proprio quell'acqua» afferma con tono soddisfatto. Sta scherzando, dai, non può fare sul serio. «Fossi in te inizierei a correre, Elettra cara» conclude facendo uno scatto verso di me che mi fa saltare in piedi di scatto, in riflesso a quanto ha appena detto, ma non mi muovo. Tanto non è serio.

Quando però si alza strofinandosi le mani e fa un passo nella mia direzione mi decido a correre, se non altro per evitare ogni evenienza. Non vorrei finire in acqua senza nemmeno aver combattuto, per lo meno.

Le nostre risate coprono il rumore del mare mentre io corro più veloce che posso e lui mi insegue, fino a quando, non molti metri dopo, sento due braccia avvolgermi i fianchi bloccando la mia corsa e tirandomi a terra. Continuiamo a ridere sdraiati uno accanto all'altra sulla sabbia, fino a quando non voltiamo nello stesso istante la testa per guardarci reciprocamente e i nostri sguardi si incrociano, si afferrano senza volersi più lasciare andare.

«Sai, non sei esattamente portata per la corsa veloce» mi prende in giro girandosi su un fianco, in modo da stare più comodo, mossa che decido di copiare.

«Avevo l'insufficienza in ginnastica a scuola, non c'è da stupirsi» rispondo alzando un braccio come per dire "che ci vuoi fare?" e facendolo ridacchiare.

Il sorriso che ha ora dipinto in volto è inspiegabile. È un sorriso vero, dolce, come se non ci fosse altra cosa che potrebbe farlo stare meglio adesso. Che poi, altra cosa rispetto a cosa? Siamo solo sdraiati sulla sabbia, accarezzandoci con gli occhi e prendendoci in giro. Certo, forse è uno dei momenti più intesi che abbia vissuto negli ultimi anni, nonostante non sia poi nulla di tanto straordinario, nel senso di fuori dalle righe.

Ok, forse diventa straordinario quando una sua mano si posa sulla mia guancia, creando una connessione fisica oltre che quella emotiva che si è instaurata fin da subito. Una connessione che all'inizio non riuscivo proprio a capire, ma che ho compreso in seguito alla nostra lunga chiacchierata notturna. Le anime simili si capiscono, sono legate le une alle altre e non è facile separarle, e le nostre anime rientrano in questa categoria. Quella notte ci siamo spogliati di tutte le nostre barriere, dei nostri filtri, lasciando che ci scrutassimo l'anima a vicenda. E io, nella sua, ho rivisto un po' della mia. E lui, nella mia, ha rivisto un po' della sua. Me lo ha detto mentre ci abbracciavamo, una delle tante volte quella notte, ma io non sono riuscita a replicare, tanto per cambiare quando il mio interlocutore è lui.

«Anche io ho rivisto un po' della mia anima nella tua» sussurro senza mai staccare la connessione dei nostri sguardi, facendo riferimento a quanto non sono riuscita a confessare quando l'ha fatto lui.

Il suo sorriso si amplia e la sua mano, prima solamente posata sulla mia guancia, ora me la sta carezzando teneramente e io adesso ne sono certa: non esiste davvero niente di meglio al mondo.

L'altra metà || Ermal MetaHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin