Capitolo 26

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Un sorriso involontario si sprigiona sul mio viso quando entro nell'aula del mio bimbo che ora sta giocando con qualche suo amico con dei piccoli dinosauri di plastica, ma che appena mi vede lascia tutto e mi corre incontro per saltarmi al collo e lasciarsi prendere in braccio.

Me lo isso meglio sul fianco, constatando quanto sia cresciuto nell'ultimo periodo, tanto che il suo peso ne è prova evidente. Temo che non riuscirò più a sollevarlo tra non molto tempo se continuerà a crescere così in fretta.

Saluto la sua maestra prima di uscire dalla scuola e incamminarmi verso casa, stranita dal silenzio che sta dominando la passeggiata. Non è da Filippo stare zitto per tanto tempo, deve esserci qualcosa che non va.

La conferma dei miei timori arriva quando lo sento sbuffare e vedo il suo sguardo basso.

«Amore, che succede?» gli chiedo provando a cercare il suo sguardo, che presto si punta nel mio.

«A me piace tanto quando vieni a scuola a prendermi» dice giocando con una ciocca dei miei capelli e capisco ci sia un "ma".

«Ma?» chiedo consapevole che abbia bisogno solo di essere spronato per dirmi quale sia il problema.

«Ma mi piace tanto anche quando c'è Ermal» mugola abbassando nuovamente lo sguardo. «Mi manca» sospira e io sento il mio cuore frantumarsi in tanti piccoli pezzettini, colpevole di non poter fare niente per risolvere questa cosa.

«Sai cosa facciamo? Quando arriviamo a casa lo chiamiamo, ok?» gli chiedo provando a tirargli su il morale, ma senza grandi risultati perché è fin troppo sveglio.

«Ma lo chiamiamo ogni giorno! Mi manca lo stesso!» esclama, appunto.

Sospiro di nuovo e provo a distrarlo portandolo a fare un giro in spiaggia. Per fortuna questo diversivo basta per farlo sorridere mentre gioca con la sabbia e io ne approfitto per provare a contattare Ermal.

Sono passati all'incirca due mesi dal compleanno Filippo e da allora non l'abbiamo più visto.

Sono consapevole del suo lavoro, per questo non ne ho mai fatto una tragedia per quanto potessi avere voglia di incontrarlo e quanto mi mancasse la sua presenza.

Filippo, però, è soltanto un bambino che, nonostante sia più sveglio dei suoi coetanei, pur sempre un bambino resta. Non capisce che Ermal non può venire perché il lavoro è la sua priorità, non può capirlo. Gli manca e ci soffre, come è normale che sia, e io non so come fare per aiutarlo.

Forse ho sbagliato in partenza, non dovevo permettere si legasse tanto a una persona come Ermal.

Non come Ermal in sé, perché di suo sarebbe una presenza più che positiva per mio figlio e lo dimostra quando passano del tempo insieme.

Il problema è il lavoro che fa, che lo porta ovviamente a viaggiare sempre e non trovare tempo per... Che poi, cosa sarebbe Filippo per lui? Che rapporto hanno?

Per fortuna il flusso delle mie preoccupazioni viene interrotto dalla voce del protagonista di queste, che finalmente ha risposto alla telefonata.

«Ehi, ti avrei chiamato più tardi» dice dolcemente e io mi sento immediatamente in colpa per aver pensato qualcosa di negativo sul suo conto.

«Ti ho disturbato? Se vuoi ci sentiamo dopo» chiedo trattenendo il respiro.

«No, certo che no. Ho una cosa da dirti, ad ogni modo» continua e il mio respiro è ancora sospeso.

«Ti ascolto» sorrido controllando Filippo che, qualche metro più avanti, gioca vicino alla riva del mare.

Lo sento prendere un grande respiro ma riesco come a percepire un suo sorriso. Sento una strana positività pervadermi, non lo ritenevo possibile in questa chiamata a dire il vero.

L'altra metà || Ermal MetaWhere stories live. Discover now