Capitolo 7

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Sto scrivendo su un foglio quando sento del baccano provenire dalla strada, tendo l'orecchio e riesco a distinguere delle risate che si avvicinano, fino a quando la porta non si apre e vedo entrare la persona che mi ha appena fatto piangere accompagnata dal suo amico, mentre ridono insieme, felici e soddisfatti del risultato della serata.

Ermal ha guadagnato parecchio consenso da parte del pubblico ed è stato ammesso alla finale di venerdì, non mi stupisco di tanta euforia da parte dei due.

Ciò che invece mi stupisce sono le sue azioni non appena si rende conto della mia presenza in reception.

Da lontano mi regala un sorriso così pieno di gioia che non può che trasmetterla in automatico anche a me, mi raggiunge poi a grandi passi, tipici di chi ha gambe lunghe come lui, per avvolgere infine le braccia attorno ai miei fianchi e stringermi forte, quasi arrivando allo stritolarmi.

«Ehi, popstar, guarda che la linea di confine tra un abbraccio e un tentato omicidio è molto sottile!» esclamo non riuscendo però a trattenere una risata divertita, mentre non riesco a ricambiare il suo abbraccio a causa della stretta talmente salda che mi impedisce di muovere le braccia, rimaste quindi immobili lungo i miei fianchi.

«La smetterai di chiamarmi popstar? È imbarazzante» mi ammonisce allentando un po' la presa su di me e lasciando che un sorriso tradisca il suo tono ammonitorio.

«Uffa, sto solo chiamando le cose col loro nome» mi lamento incrociando le braccia al petto, sciogliendo così l'abbraccio.

In tutta risposta, il ragazzo di fronte a me scoppia in una fragorosa risata.

Quella sua meravigliosa risata.

Persino quando ride è musicale, potrebbe incidere un'intera canzone composta esclusivamente dalle sue risate e io la troverei un capolavoro.

«Comunque ti ho seguito» esordisco dopo qualche istante di silenzio che si è formato in seguito alla sua risata.

Sono certa che mi abbia colta in flagrante nell'ammirare le rughe che gli si formano vicino agli occhi e le fossette sulle guance mentre ride. Ho fatto una delle mie figure meravigliose insomma.

«Ah davvero? Che te ne pare?» mi chiede alzando leggermente le sopracciglia, dimostrandomi così stupore.

Non si aspettava che l'avrei guardato davvero. È rimasto stupito.

«Meh» alzo le spalle e faccio uno strano gesto con la mano «accettabile, direi».

La mia idea di prenderlo in giro mi schifa improvvisamente quando riesco a leggere un tocco di delusione sul suo viso, mentre comunque si sforza di sorridermi.

«Non è il tuo genere la musica che faccio?» mi chiede con un tono di voce che non può non sciogliermi, non può che farmi cedere.

«Ok, volevo prenderti in giro ma mi sento troppo in colpa» ammetto e lui mi sorride, questa volta sinceramente, quasi con speranza. «Hai scritto una canzone bellissima, Ermal. E hai una voce ancora più bella. Non ne avevo mai sentite di simili» confesso sincera, nonostante mi senta discretamente in imbarazzo ad aprirmi così nei confronti di una persona che conosco da poco.

I suoi occhi ora esprimono gioia, come qualche minuto fa, e mi do mentalmente della perfetta idiota per essere riuscita a rovinare quel suo stato d'animo, anche se per soltanto un paio di minuti. Questi occhi dovrebbero sempre essere così, assottigliati, circondati da rughe di felicità. Le sue guance dovrebbero sempre mostrare quelle fossette, causate da un ampio sorriso. La sua espressione dovrebbe sempre essere così rilassata, come lo è ora. Questo ragazzo dovrebbe essere sempre così felice.

Ed è vero, lo conosco da davvero poco, non so niente su di lui, eppure ci sono cose che si possono capire sin dal primo istante in cui conosci una persona nuova. E io, di Ermal, ho capito sin da subito che merita di essere felice più di chiunque altro, ho capito sin da subito che ha qualcosa di speciale dentro di sé che emana ovunque vada, come fosse una scia di luce che lascia alle sue spalle quando passa, illuminando tutto ciò che incontra.

«Posso abbracciarti per ringraziarti o griderai nuovamente al tentato omicidio?» mi chiede senza mai smettere per un solo attimo di sorridere.

«Uhm... Solo perché hai superato quel palco alla grande» dico con tono canzonatorio allargando le braccia, dentro le quali Ermal si tuffa all'istante.

Ed è nell'esatto momento in cui le mie braccia si congiungono dietro il suo collo, le sue attorno al mio busto, e i suoi capelli che mi solleticano leggermente una guancia e il collo, che mi rendo conto di quanto sia assurdo che io abbia legato così tanto con qualcuno in così poco tempo. E mi chiedo anche come e quando sia successo di preciso, perché proprio non riesco a identificare un momento definito in cui qualcosa è cambiato, eppure è accaduto.

«Ermal, io andrei a dormire» la voce di Marco ci fa separare, mi ero completamente dimenticata della sua presenza.

Sono una persona orribile.

Mi scuso e gli porgo velocemente la chiave della sua stanza, ma lui mi rassicura ridacchiando dicendo che non c'è nulla di cui scusarsi e io mi trovo a pensare che vorrei avere sempre a che fare con ospiti come lui.

«Non te lo chiedo nemmeno se hai intenzione di venire con me, ci vediamo domani» si rivolge a Ermal per poi fargli un occhiolino e avviarsi verso l'ascensore. «Buonanotte ragazzi» esordisce ridacchiando mentre entra in ascensore.

Mi volto verso Ermal, scoprendolo a scrutarmi, il che mi fa immediatamente arrossire mentre lui, una volta accortosi di essere stato colto con le mani nel sacco, si gratta il collo imbarazzato e si schiarisce la voce.

«Beh, allora, tra quanto stacchi?» mi chiede poi, con un velo di leggero imbarazzo nella voce.

Guardo il mio orologio prima di rispondere, sorridendo nel constatare l'orario.

«Mezz'ora» sorrido sognando già il mio letto, le mie coperte, e Filippo che sicuramente mi starà aspettando abbracciato al mio cuscino, che alla fine è pure il suo dato che dorme quasi sempre con me.

«Senti, ehm, mi chiedevo...» mormora grattandosi nuovamente il collo e io attendo in silenzio che continui, per non mettergli alcuna pressione, nonostante sia davvero curiosa di scoprire dove vuole andare a parare. «Posso accompagnarti a casa?» chiede poi, pronunciando le parole talmente velocemente che ci metto qualche istante in più del normale per recepirle.

Ma, cosa ancora più difficile, è trovare una risposta da dargli a tono. Non voglio legarmi troppo a lui né tantomeno dargli eccessiva confidenza, nonostante l'idea di non percorrere la strada da sola per almeno una volta non sia affatto male.

«Mhh, non saprei. Potresti essere anche un malintenzionato per quello che ne so io, sai»

«Un malintenzionato che non si fida a lasciarti andare in giro di notte fonda da sola»

«Lo faccio sempre da più di un anno, ci sono abituata»

«Ok, allora riformulo la proposta: soffro di insonnia e so già che non chiuderò occhio stanotte, ti va di fare una passeggiata insieme?»

Oh.

L'altra metà || Ermal MetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora