Capitolo 6

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Sono quasi le 21, il Festival comincerà a momenti e io sono seduta alla mia solita reception mentre mi guardo intorno picchiettando nervosamente una gamba sotto al tavolo.

Ermal sta per salire sul palco, non oso nemmeno immaginare l'ansia che lo starà tormentando in questo preciso istante. Già me lo vedo, mentre cammina nervoso avanti e indietro nel dietro le quinte in attesa che arrivino a chiamarlo, magari tirandosi quelle pellicine delle dita che poco fa gli ho separato in modo che non se le facesse sanguinare. Magari invece è seduto ad occhi chiusi nel suo camerino, con le mani unite, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il capo chino, mentre respira profondamente, come prima, quando parlavamo nel ripostiglio dell'albergo in cui lavoro, mentre si confidava con me riguardo cosa lo turbasse da arrivare a destabilizzarlo così tanto. Oppure, ipotesi più improbabile ma che preferisco, starà ridendo e scherzando con Marco, facendo risuonare la sua risata armoniosa e genuina in tutto il dietro le quinte.

No, non starà di certo scherzando. Stupida io che ho anche solo osato sperarci.

Non conosco tanto di questo ragazzo, eppure l'idea che stia ridendo prima di questa esibizione che lo preoccupa tanto mi sembra pressoché impossibile, e il mio sesto senso mi dice che ho ragione.

Non so perché, ma vorrei poterlo vedere adesso, soltanto per sapere come sta e come sta esorcizzando la tensione, per conoscere un po' meglio un altro lato di lui.

E sono impaziente di vederlo su quel palco, ma soprattutto di sentirlo.

Sentire la sua voce, il modo in cui prende fiato tra un verso e l'altro, le parole che ha scelto, la storia che ha da raccontare.

Velocemente apro il sito della Rai per collegarmi allo streaming mentre attacco gli auricolari al computer, indossandone però soltanto una, essendo pur sempre al lavoro e non a casa mia.

Il primo della categoria dei giovani ha già cantato, stanno presentando il secondo. Prima Ermal mi ha confidato di essere il terzo a esibirsi e il tempo che mi separa dalla sua esibizione è quindi minimo, ma nonostante questo mi pare infinito. La canzone del secondo cantante in gara mi sembra eterna, senza fine. Andiamo, quante volte l'avrà già cantato questo ritornello? Sette?

Quando finalmente sento annunciare il suo nome e lo vedo mettere piede sul palco, regalando un piccolo sorriso al pubblico, sento il mio cuore mancare un battito.

Sta succedendo. È davvero lì sopra, sta davvero per cantare.

Riesco a percepire anche da qua la tensione che si è impossessata da ore del suo corpo, la riesco a distinguere chiaramente da quella che io stessa provo vedendolo affrontare il palco più importante di Italia.

E meno male che è soltanto un mio conoscente, non oso immaginare le sensazioni che potrei provare se in gara ci fosse un mio amico, considerando il vortice di emozioni che si è impossessato di me soltanto per un ragazzo che ho conosciuto meno di quarantotto ore fa.

Poi il silenzio, il buio. Poi una luce, una melodia che inizia a risuonare. I suoi occhi chiusi che si aprono, la bocca che si schiude per prendere il primo respiro.

Ti ricordi quando eri bambino
Con i sogni legati al cuscino
Ti ricordi quando eri capace
Di sentirti con poco felice
E da un gesto del tutto banale
Imparavi che volto avesse... l'amore

Il sogno del principe azzurro, che arriva con i suoi lunghi capelli biondi e ti porta via con sé nel suo mondo, rapendoti da quello in cui vivi e facendoti vivere come una principessa, felice e contenta con lui.
Un sorriso la mattina sull'autobus, uno scambio di sguardi lungo i corridoi della scuola, un passaggio fino a casa sotto il temporale, una frase scritta a matita sul banco.

L'altra metà || Ermal MetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora