Capitolo 17

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Poso il telefono per terra, assicurandomi che resti in piedi sorretto dal piede della scrivania e, con la mano leggermente tremolante, accetto la videochiamata e in pochi istanti sullo schermo del mio telefono compare la faccia sorridente di quella persona che fino a una settimana fa era spessissimo in mia compagnia.

«Ehi» mi sorride dolcemente dall'altro lato dello schermo, cosa che non posso non ricambiare. «Come stai?» chiede, poi.

«Ma me lo hai chiesto prima!» esclamo ridendo e contagiando anche lui.

«Touché, palla al centro» ammette facendo un'espressione buffissima. «Filippo dov'è?»

«È di fianco a me ed è appena diventato rosso sentendo che dicevi il suo nome» rispondo con tono cantilenante per canzonare il piccolo.

«Shh mamma! Non dirglielo!» bisbiglia mio figlio con tono arrabbiato, ma sorride subito quando lo prendo e lo metto sulle mie gambe, facendolo entrare nell'inquadratura e facendogli vedere Ermal.

«Ciao principe, come stai?» gli chiede lui facendo un leggero inchino, ma Filippo non risponde e si volta verso di me.

«Mamma ma è lui?» bisbiglia al mio orecchio, provocandomi un leggero solletichino che mi fa fare una smorfia.

«Certo che è lui» gli rispondo poi, incoraggiandolo a voltarsi nella sua direzione.

«E perché è nel telefono?» chiede ancora, questa volta a voce più alta, e io non so cosa dirgli, come sempre quando mi fa domande su di lui d'altronde.

«Perché sono lontano ma avevo voglia di vedervi» gli spiega Ermal, facendolo voltare di nuovo verso di lui.

Grazie per avermi salvata, superstar.

«Puoi uscire dal telefono e venire qui, allora?» chiede con tutta la naturalezza del mondo, facendo sembrare tutto così semplice per un istante.

Sarebbe bello poter restare sempre bambini e non perdere quella loro tipica genuinità. Crescendo ci facciamo dominare eccessivamente dalla razionalità, dai limiti che ci vengono imposti dall'esterno e da noi stessi, da ciò che ci circonda e ci dice cosa è giusto e cosa non lo è, da tutti i problemi che sembrano insormontabili.

Trovo lo sguardo di Ermal che cerca il mio, gli rispondo con un lieve sorriso, forse leggermente forzato. Vorrei che Filippo avesse ragione, che gli schermi si potessero attraversare, che tendendogli la mano riuscissimo a farlo passare dalla nostra parte. Una sorta di passaggio per Narnia, che purtroppo però non esiste.

«Temo di non avere il super potere che permette di attraversare il vetro, ma ci sto lavorando» afferma con un sorriso prima di rivolgere un occhiolino a mio figlio, che sembra soddisfatto di quanto ha appena sentito.

«Sai, non manca tanto al mio compleanno. Dici che avrai quel super potere per venire a mangiare la torta?» chiede speranzoso, torturandosi le mani come ogni volta che è nervoso per qualcosa. Deve tenerci davvero tanto.

«Farò del mio meglio» risponde non smettendo di sorridere, ma riesco a percepire il suo tono di voce perdere sicurezza.

Lo sa pure lui che sarà difficile esserci quel giorno, ma apprezzo che abbia rassicurato Filippo dicendogli che ci proverà.

«Con anche Marco?» chiede ancora, sempre con lo stesso entusiasmo.

«Amore, non essere assillante» lo riprendo prima di dargli un bacio sulla guancia per fargli capire che non sono arrabbiata. «Comunque, come vanno gli instore?» chiedo rivolgendomi, questa volta, ad Ermal.

E così inizia ad elencare le città che ha già visitato, quante persone sono andate a incontrarlo, cosa gli hanno raccontato, come si sono rapportati con lui, i regali che ha ricevuto. Ci mostra poi una pila di fogli per spiegarci che sono le lettere che ha ricevuto finora e che ha intenzione di leggerle tutte, nonostante siano davvero tante e ne abbia lette soltanto un paio per ora. Io non ce la farei mai, non avrei tutta quella pazienza. Ma lui è speciale, non è una novità questo. L'ho capito in davvero poco, quanto questa persona sia diversa da ogni altro essere umano. Così come l'ha fatto Filippo, gli è bastato un minuto e già gli sorrideva e lo guardava pieno di ammirazione.

Ma, mentre gli adulti spesso si sbagliano sulle loro prime impressioni, e quindi io avrei potuto aver frainteso alla perfezione la natura di Ermal, i bambini hanno un sesto senso speciale che non sbaglia mai. Loro le sanno riconoscere le anime pure, sanno capire quando le hanno davanti. Le sanno distinguere da quelle che invece mentono, recitano, si fingono tali pur essendo macchiate di una strana luce scura, scolorita. I bambini, quando sorridono conoscendo una persona, è perché hanno visto che questa si distingue da tutti gli altri. Non sorridono mica a tutti, loro. Non sono come gli adulti che agiscono rispettando un codice dettato dal doversi comportare in modo gentile con tutti. Loro agiscono secondo il loro istinto, senza preoccuparsi delle conseguenze. Se vogliono sorridere, lo fanno. Se vogliono guardarti male, anche. I bambini sono gli occhi degli adulti per guardare la realtà, che si nasconde dietro a ciò che appare.

E gli occhi di Filippo in Ermal hanno visto un'anima pura, di quelle che brillano di luce propria e che illuminano chiunque sia nelle loro vicinanze, di quelle che non possono che farti del bene.

Tranne quando si allontanano e resti al buio, entrando in astinenza da quella luce, non essendo più abituato a dover accendere delle lampade per poter vedere. Come quando va via il sole e di conseguenza anche la sua luce scompare, quindi diventa buio e per vedere devi accendere le luci, altrimenti rischi di sbattere il mignolo del piede in diecimila luoghi nel tentativo di camminare.

Ecco, è così che ci si sente quando ti abitui alla presenza di Ermal e poi devi abituarti a non averlo più: una serie infinita e continua di mignoli che si scontrano contro i mobili.

Mi è bastata una sola settimana per dimenticare com'è che si facesse a camminare nel buio, e dire che ero una vera esperta.

«El, ci sei?».

Alzo lo sguardo, rendendomi conto di essermi estraniata nei miei pensieri come spesso mi accade. Trovo Ermal dietro lo schermo con un ghigno divertito dipinto in volto e sento Filippo ridere. Cosa mi sono persa?

«Sì, ci sono»

«Beh, a noi sei sembrata un po' addormentata, vero Filo?» chiede a Filippo, che annuisce e gli sorride complice.

«Stavo solo pensando a una cosa, ma ci sono» mormoro e posso vedere l'espressione di Ermal mutare repentinamente.

«Ehi, va tutto bene?» mi chiede con tono preoccupato, corrugando le sopracciglia e mantenendo un'espressione seria in volto.

«Sì, tranquillo» gli sorrido, ma lui non sembra tranquillizzarsi.

Riesco a sviare il discorso per fortuna, portandolo presto su mio figlio che, non contento del racconto di prima di Ermal, gli rifila una serie di domande a raffica, tenendolo impegnato e distraendolo dal perché io mi fossi assorta tanto nei miei pensieri.

Non che fosse un motivo chissà quanto particolare, ma di certo non gli farebbe piacere sapere che è a causa sua se ultimamente ho meno energie, quindi preferisco che non lo scopra.

Dopo diversi minuti di conversazione tranquilla e apparentemente banale, anche se nulla lo può essere quando c'è Ermal Meta di mezzo, si sente uno strano baccano e, dopo qualche risata, il riccio gira il telefono verso Marco che è appena entrato, molto delicatamente aggiungerei, nella stanza.

Inutile dire che non sembra pensarci due volte prima di spintonare leggermente Ermal per avere a sua volta spazio nell'inquadratura e poter quindi partecipare alla videochiamata, nonostante le proteste del riccio che cerca in tutti i modi di cacciarlo.

«Ma perché devi per forza mandarlo via?» chiedo ridendo e provando ad andare in difesa del povero Montanari.

«Perché mi oscura ed è antipatico».

«Ma cosa dici? A noi piace, vero Filo?» chiedo al bimbo sulle mie gambe che annuisce convinto. «Visto? Dai, lascialo stare, è più simpatico lui di te».

«Bravi, grazie a voi Marco ha appena fatto il primo passo verso il licenziamento» dice serio e per un attimo sembriamo tutti credergli, dato il silenzio che cala e le occhiate che ci lanciamo.

Ma le doti da attore di Ermal non sono poi così tanto sviluppate, tanto che viene tradito da un sorriso divertito che non è riuscito a trattenere e tutti noi scoppiamo a ridere, dandogli del cretino.

Perché in fondo è questo che è il più delle volte.

Ma forse non dovevamo dirlo di fronte a Filippo, che ora sta ripetendo ridendo la parola "cretino" senza fermarsi un attimo sotto lo sguardo intenerito di Ermal.

E forse, grazie a una semplice videochiamata, sto recuperando un po' di quella serenità che avevo perso con la sua partenza.

L'altra metà || Ermal MetaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt