Capitolo 10

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Cammino a passo svelto verso l'albergo dove sono solita lavorare, le cuffie nelle orecchie e Vasco Rossi che canta a tutto volume. Le solite vecchie abitudini che sono dure a morire insomma. Ma d'altronde, Vasco per me è come un Dio. Anzi, Vasco è Dio.

Ad ogni modo, ieri sera Ermal mi ha chiesto di pranzare insieme oggi e non potevo di certo tirarmi indietro davanti all'occasione di passare del tempo in più con lui, specialmente perché oggi è il mio giorno libero, quindi non lo avrei proprio incontrato e, se devo essere sincera, l'idea mi dispiaceva abbastanza.

È strano come Ermal mi abbia chiesto di pranzare insieme proprio nel mio unico giorno libero, un'enorme coincidenza. Forse mi sa davvero leggere nel pensiero, forse è un indovino, o forse è merito di Giorgio che ora mi sta guardando sorridendo in modo furbo.

Giorgio...

Domani dovrò farci un bel discorso, non riesce proprio a tenere il naso fuori dalle questioni altrui... Anche se devo ammettere mi abbia fatto un favore enorme. Credo che piuttosto dovrei ringraziarlo, ha avuto quella sfacciataggine che io non avrei mai avuto, e nemmeno Ermal da quel che ho potuto capire di lui. Ci ha dato una bella mano, insomma. E gliene sono grata, nonostante si sia impicciato per l'ennesima volta in una questione mia. Tanto so già cosa mi direbbe se provassi a riprenderlo: il fine giustifica i mezzi. Me lo ripete ogni volta che si intromette nei miei affari e ormai mi ci sono abituata. In fondo lo fa per il mio bene.

Gli sorrido riconoscente mentre sfilo le cuffie dalle orecchie e le ripongo nella tasca del cappotto. Pochi istanti dopo vedo comparire Ermal che mi regala uno dei suoi sorrisi che ti illuminano la giornata come un raggio di sole, e infatti tutto d'un tratto questa giornata non mi sembra poi più così tanto fredda e grigia come era fino a un attimo fa.

Sotto lo sguardo attento di Giorgio, che mi tiene d'occhio come fosse un padre e allo stesso tempo mi prende in giro da lontano come fosse un amico di vecchia data, Ermal mi raggiunge e mi posa un bacio sulla guancia per salutarmi, che mi pietrifica completamente a causa della sorpresa di questo suo gesto. Mi maledico mentalmente quando sento le guance accaldarsi, non voglio arrossire davanti a lui. Non voglio mostrarmi debole. Beh, non più di quanto abbia già fatto l'altra sera, intendo.

Pochi minuti dopo siamo seduti in un ristorante non troppo distante dall'albergo, che abbiamo infatti raggiunto a piedi chiacchierando animatamente come ormai di nostra abitudine. Niente di troppo lusso, cosa che mi spaventava dal momento che si tratta di un personaggio famoso e si sanno i luoghi comuni su questo genere di persone, ma per fortuna Ermal non è affatto così. Al contrario, è un locale normalissimo in cui sono già venuta in diverse occasioni, tra compleanni, cene di classe e ricorrenze varie da festeggiare. Adoro la semplicità che caratterizza questo ragazzo, mi fa dimenticare completamente del suo essere famoso quando siamo insieme. Mi fa sentire a mio agio, il che non è scontato.

Mentre mangiamo, mi racconta delle idiozie che combina con i suoi amici quando sono in giro per l'Italia insieme, dei viaggi in macchina che durano ore, delle notti passate in piedi a scherzare e ridere insieme, e mi fa rimpiangere quando potevo farlo anche io con i pochi amici che avevo. Provo un po' di nostalgia di quei tempi. Avere un figlio presto comporta delle responsabilità che ti portano automaticamente a dover abbandonare l'adolescenza prima del dovuto, ma va bene così. Mi chiede poi di come passo io il mio tempo libero, dei miei amici, di cosa faccio con loro, e io tento di nascondere il fatto che ormai ho poco tempo per loro e li frequento sempre più di rado, raccontandogli aneddoti che risalgono a diversi anni fa spacciandoli per recenti. Sembra anche crederci e ridiamo insieme di alcune stupidaggini che ho combinato in cui si rivede anche lui.

È incredibile la sintonia che si è già instaurata tra noi due, nonostante il poco tempo che è intercorso tra il nostro primo incontro e oggi. Ci basta uno sguardo per scoppiare a ridere, perché ci capiamo, ed è una cosa che non mi capitava da fin troppo tempo con nessuno. Trascorrendo del tempo con lui, sto ritrovando a piccoli morsi la spensieratezza che dovrebbe caratterizzare la mia età, ma che un figlio ti impedisce di vivere. Mi sembra quasi di star vivendo una vita parallela, lontana dalla mia.

Dopo il pranzo, decidiamo di girovagare per Sanremo, prendendo le vie più lontane dal centro e dall'Ariston per evitare che Ermal venga interpellato da giornalisti vari ed assortiti. Scherziamo e ci tiriamo spinte come due amici che si conoscono da una vita e che si ritrovano dopo un'infinità di tempo passato lontani.

Di tanto in tanto controllo l'orario per essere sicura di non dimenticarmi di andare a prendere Filippo, fino a quando non si fanno le cinque del pomeriggio, orario in cui devo proprio raggiungerlo, per la prima volta a malincuore dovendo lasciare Ermal. Non mi era mai capitato di sperare che non fosse già l'orario di andarlo a prendere da scuola, in genere aspetto sempre questo momento con grande ansia. Ermal mi sta mandando in pappa il cervello, è definitivo.

Comunico a Ermal che devo lasciarlo e, non appena gli spiego il perché, si offre di accompagnarmi, sostenendo di essere curioso di conoscere quel bambino meraviglioso di cui gli parlo sempre, epiteto con cui sono solita a definirlo, e aggiungendo poi che non vuole che sia un problema per me e che, se lo fosse, tornerebbe in albergo.

Per un attimo resto sorpresa dalla sua richiesta, non me la sarei mai aspettata, ma mi rende davvero felice che voglia conoscerlo quindi accetto volentieri.

Un quarto d'ora dopo circa siamo all'interno della scuola di Filippo, che appena mi vede mi corre incontro e mi salta in braccio, non notando il riccio accanto a me. Salutiamo la maestra e usciamo, ed è appena siamo fuori dalla porta che il mio nano si accorge della presenza del mio nuovo amico.

«Mamma... C'è un signore che ci sta seguendo» mi sussurra allarmato e io scoppio a ridere. Mio figlio è meraviglioso.

«No amore, è un amico della mamma, viene con noi oggi, ok?»

«Uhm ok» risponde seppur poco convinto mentre lo guarda assottigliando gli occhi, come ogni volta che c'è qualche mio amico con noi.

È sempre stato molto geloso, non gradisce condividermi con qualcun altro e la cosa mi ha sempre onorata, abbiamo un rapporto molto stretto io e lui. Ma, nonostante questo, sto sperando con tutta me stessa che decida di dare una possibilità ad Ermal e provi a non fare il gelosone come al solito.

«Beh, io sono Ermal, piacere di conoscerla signore» dice Ermal porgendogli una mano con fare formale, facendo ridere di gusto mio figlio.

Ha già capito come accaparrarsi la sua simpatia, incredibile.

«Io sono Filippo» risponde stringendogli la mano, ancora ridendo. «Ma... Che nome è il tuo? Emma? Non è da femmina?» chiede poi, con l'innocenza e la sfacciataggine tipiche dei bambini.

Questa volta, a ridere di gusto, sono io, che mi ricevo un'occhiataccia da parte del mio amico.

«Amore, è Ermal, non Emma» gli spiego.

«Mhh... No, non ho nessun amico che si chiama così»

«Eh modestamente sono speciale, ho un nome che non ha nessuno» si pavoneggia lui, facendo ridere mio figlio.

«Taci che dalle tue parti è un nome comunissimo» lo freddo immediatamente, ponendo fine alla sua gloria.

«Sei cattiva» mi dice mettendo il broncio e facendo l'offeso.

«Sul serio? "Sei cattiva"? Pensavo fosse Filippo il bambino qui» rispondo a tono.

In risposta, Ermal spalanca la bocca teatralmente per manifestare quanto si sia offeso e indignato e incrocia le braccia al petto.

«Mi piace il tuo amico, mamma» esclama mio figlio ridendo come un pazzo davanti alla nostra scenetta.

Già, piace anche a me.

L'altra metà || Ermal MetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora