Capitolo 19

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«Quindi credi che sarà felice di vedermi?» mi chiede Ermal mentre camminiamo verso casa.

Ancora non riesco a credere che sia per davvero qui, non riesco a realizzare che, dopo tutto il tempo in cui è stato lontano e non ci siamo sentiti, si sia ricordato del giorno preciso del compleanno di un bambino che ha visto per soltanto pochi giorni.

Certo, ancora non avevo fatto l'abitudine a non sentire il suo profumo, la sua voce senza un apparecchio elettronico di mezzo, la sua presenza fisica accanto alla mia. Ma comunque me ne stavo facendo una ragione e stavo ricominciando a ricordare come fosse camminare con la sua assenza accanto.

Sono bastati pochi istanti a mandare in fumo tutto, è stato sufficiente mettere piede dentro la hall dell'albergo in cui lavoro e vederlo, è bastato sentire le sue braccia stringermi, il suo profumo avvolgermi e i suoi capelli solleticarmi, proprio come due mesi fa.

Così poco ha spazzato via così tanto lavoro per provare non a dimenticare, ma ad accantonare. Dimenticare è impossibile e non è nemmeno ciò che volevo, accantonare è sopravvivenza.

E ora è tornato tutto con la stessa intensità di quando è iniziato, solo aumentata di qualche gradino.

«Ne sono sicura, non fa che parlare di te tutti i giorni» gli rispondo con tutta la sincerità che possiedo.

Stiamo camminando verso casa mia, a pochi centimetri di distanza che percepisco come se non esistessero. Cosa saranno mai pochi centimetri quando per mesi sono stati chilometri?

«Ora è in spiaggia con la mia migliore amica, io devo finire di impacchettare i suoi regali» gli spiego quando siamo in prossimità di casa, così che non si aspetti di trovare Filippo ad aspettarci.

Lui annuisce e sorride.

«Posso aiutarti, se vuoi».

Vorrei declinare l'invito, non trovando esattamente cordiale far lavorare un ospite che ha fatto ore di macchina solo per il compleanno di mio figlio, ma la scena di me che litigo col nastro adesivo inveendo contro di esso mi si presenta davanti agli occhi.

«Sarebbe educato da parte mia dirti che non ce n'è bisogno, ma prima ci sono state scene comiche col nastro adesivo e non vorrei capitassero davanti a te. Sai, non vorrei diventare una specie di giullare» spiego sbuffando una risata davanti al pensiero di me che urlo contro un rotolo di scotch che non vuole collaborare e lo lancio poi fuori dalla finestra.

Lui, a differenza mia, nemmeno tenta di nascondere di essere divertito davanti alla mia incapacità di usare lo scotch e infatti ride di gusto, probabilmente immaginandosi a sua volta la scena che, vista da esterno e non da vittima della prepotenza del nastro adesivo, sicuramente deve essere esilarante.

«Ok, hai bisogno del mio aiuto» sentenzia poi, mentre io infilo le chiavi nella serratura per aprire il portone del palazzo. «O vuoi che questi regali gli arrivino per il quinto compleanno invece che il quarto?» chiede mentre entriamo nell'atrio e, questa volta, a ridere sono io.

Percorriamo la rampa di scale e io mi sento già il fiato corto ma tento di non darlo a vedere, odio avere l'asma, non mi permette di fare niente senza sentirmi subito mancare il respiro. Infilo le chiavi nella serratura che scatta al primo giro, come d'altronde già mi aspettavo, mia mamma infatti starà ancora finendo di preparare la torta per Filippo. Apro la porta e finalmente sento il respiro riprendere regolarità, mi chiedo anche se non sia la troppa emozione di avere Ermal di nuovo qui a peggiorare la condizione della mia asma. Di certo non mi aiuta, essendo che la sua sola presenza mi toglierebbe il respiro anche se fossi attaccata a delle bombole d'ossigeno.

«Beh, bentornato» sorrido entrando in casa e lasciandolo entrare prima di chiudere la porta alle nostre spalle. «Fai come se fossi a casa tua» dico in seguito, trovando strano il fatto di non dover prendere il suo cappotto per sistemarlo all'attaccapanni. Proprio una settimana fa è infatti diventato abbastanza caldo qui in Liguria da non doversi più mettere la giacca, se non quella di pelle, che è proprio ciò che indossa Ermal, ma non sembra intenzionato a toglierla a differenza mia che non vedo l'ora di liberarmene. Ho sempre odiato le giacche di qualsiasi tipo, mi hanno sempre fatta sentire costretta come un salame.

L'altra metà || Ermal MetaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora