Capitolo 23

1.3K 85 20
                                    

Un senso di fastidio sul viso mi fa storcere il naso e d'istinto porto una mano in quel punto per scacciare un ipotetico insetto che, di buon grazia, mi ha appena svegliato.

Sorrido e sospiro quando quel fastidio cessa, pronta per tornare a dormire nonostante i miei occhi chiusi percepiscano la stanza illuminata, segno che dunque è già giorno.

Ma proprio quando sono in quel bivio mistico tra il sonno è la sveglia, quel fastidio si rifà vivo vicino all'orecchio.

Sbuffo sonoramente e bofonchio qualcosa prima di cercare di scacciarlo con la mano, ma questa volta non pare smettere ed è accompagnato da una risata, anzi, due.

Mi volto e nascondo la testa sotto il cuscino, tanto indispettita da sentire le voci. Devo essere proprio andata. È come se gli insetti mi stessero deridendo.

Pochi istanti più tardi, sento qualcosa solleticarmi la pianta del piede, uno dei miei punti deboli. D'istinto tiro un calcio in aria e mi alzo di scatto, veramente infuriata e decisa a uccidere qualsiasi cosa mi stia causando questa sofferenza.

Già odio alzarmi di mio, figuriamoci se il risveglio è reso una tortura da non so bene cosa.

Ma tutta la rabbia scema fino a scomparire del tutto non appena apro gli occhi e trovo Ermal e Filippo ai piedi del letto che sghignazzano, entrambi con una piuma in mano.

«Buongiorno bella addormentata, dormito bene?» mi chiede il più grande dei due con un sorrisetto divertito stampato in volto.

Bofonchio qualcosa di simile a un insulto in risposta per lanciarmi all'indietro sul letto, coprendomi di nuovo la testa col cuscino.

La risata cristallina di mio figlio riempie la stanza, seguita da quella di Ermal.

«Smettetela di ridere di me!» esclamo sentendo la mia voce ovattata dal cuscino, che rende molto meno credibile il mio tono arrabbiato.

«Ma ci stavamo annoiando mamma, quindi abbiamo pensato di svegliarti» spiega Ermal imitando la voce di un bambino, risultando soltanto divertente, tanto che Filippo ride di nuovo e gli dice che sembra un cane col mal di gola invece di un bambino.

Amo mio figlio.

«Abbiamo anche fame, mamma» esclama Filippo saltando sul letto e, data la sensazione del materasso che sprofonda più tardi dell'arrivo di mio figlio, capisco Ermal lo abbia imitato, seppur con una certa delicatezza che il bambino ancora non ha imparato.

«Anche io amore, ma se non mi fate alzare con calma finirò per cucinare voi due per colazione» affermo per poi alzarmi improvvisamente, circondare il corpicino di Filippo con le braccia e trascinarlo con me sul materasso, mettendomi su un fianco e rannicchiandomi per creare ancora di più l'idea di una gabbia.

Lui ride, urla e ride più forte, si dimena e scalcia animatamente, per poi scappare fuori dalla stanza non appena allento la presa così da farlo calmare.

«Sei proprio perfida quando vuoi» sussurra Ermal al mio orecchio circondandomi la vita con un braccio e trascinandomi più vicina a lui. «Hai terrorizzato tuo figlio con delle ipotesi di cannibalismo!» esclama poi ridacchiando e io rabbrividisco quando sento il suo respiro infrangersi sul mio orecchio, dietro il quale deposita un bacio umido.

«Non si tratta di ipotesi, ma di fatti certi» rispondo sbuffando una piccola risata e stropicciandomi un occhio con la mano, non avendo ancora cacciato del tutto la stanchezza dal mio corpo.

«Quindi lo mangeresti per davvero?» chiede e io annuisco trattenendomi dal ridere. «E mangeresti anche me?» mormora contro il mio collo e io devo davvero concentrarmi al massimo per mantenere un minimo di lucidità.

«Te soprattutto» rispondo con tono irriverente e lui mi lascia un piccolo morso sul collo che mi fa ingoiare a vuoto, nonostante fosse di una delicatezza impensabile per un morso.

«Così?» chiede prima di depositarmi un morso nello stesso punto del precedente, rendendomi ancora più sensibile.

«Più o meno» ridacchio appena prima di sentire una leggera pressione sul fianco che mi fa trovare con entrambe le spalle sul materasso.

Non capisco bene cosa stia succedendo fino a quando una massa di capelli ricci non mi oscura la vista e sento i suoi denti marchiarmi di nuovo la pelle e solleticarla col respiro.

Porto una mano tra i suoi capelli ridacchiando e decido di accarezzarli passandomeli tra le dita.

Rido quando mi chiede preoccupato se il suo corpo sul mio non mi pesi, a stento lo percepisco e mi chiedo quanto stia facendo forza sulle sue braccia per non gravare il suo peso su di me.

«Uhm, buono a sapersi» mormora in una risata e non ho nemmeno il tempo di domandarmi il perché di questa affermazione che si lascia andare di colpo su di me, facendomi mancare per qualche istante il respiro.

«Sei un cretino» lo accuso tirandogli una pacca sulla schiena che non penso proprio possa avergli fatto nulla, nemmeno un minimo di fastidio.

«E tu sei ripetitiva» sospira prima di far scontrare rapidamente le sue labbra con le mie.

«E tu non sei un peso piuma» continuo la raffica di prese in giro, riferendomi al fatto che si trovi ancora su di me e non sia poi una posizione così comoda.

«Sei tu che sei troppo piccola».

«Ehi io non sono...» inizio a dire con fare risentito ma una sua occhiataccia mi interrompe. «Ok sì sono piccola ma tu sei troppo grande».

«Sembriamo due bambini» constata Ermal guardandomi negli occhi.

Ricambio il suo sguardo e passano pochi istanti prima che scoppiamo entrambi in una risata che sprigiona serenità da tutti i lati.

E infondo è questo che comporta la presenza di Ermal: serenità. Quella cosa sconosciuta che ho perso lungo la strada percorsa con Gabriele.

«Dovremmo andare a vedere dov'è Filippo» dice poi ma io alzo, per quanto possibile, le spalle.

«È in cucina con la nonna che fa colazione, è così ogni domenica» gli spiego e lui sorride.

«Ok, allora ripropongo la mia idea: dovremmo raggiungere Filippo, ho fame» afferma facendomi ridere.

«Hai sempre fame Ermal» esclamo tra le risate che vengono represse dalle sue labbra che catturano di nuovo le mie, questa volta senza far segno di volersi allontanare.

L'unica cosa che ci fa separare, non so bene quanto tempo dopo, è la voce di mio figlio che ci chiama a gran voce a tavola.

Sorride sulle mie labbra prima di alzarsi e porgermi una mano per aiutarmi a fare lo stesso, sempre con quella sua grazia che non ho mai rivisto in nessun altro e che tanto mi piace di lui.

Lo osservo mentre cammina poco davanti a me verso la cucina e una consapevolezza si forma dentro di me: non sono pronta a lasciarlo andare via, non voglio perderlo di nuovo.

Spazio autrice
Ciao ragazze! Ho scritto quasi tutto questo capitolo in treno e spero vi piaccia anche se forse è meno curato degli altri. Prometto di rivederlo il prima possibile, ma intanto dovevo pubblicarlo.
Ne approfitto per fare gli auguri a oakleyslaughter (visto? Ce l'ho fatta a pubblicare oggi ahahaha) e ringraziare tutti voi del sostegno che mi date in continuazione. Siamo ancora in tendenza e sono davvero al settimo cielo, grazie di cuore.
Al prossimo capitolo, un abbraccio forte.

L'altra metà || Ermal MetaWhere stories live. Discover now