Capitolo 37

1.1K 86 15
                                    

Sbuffo rovistando nel mio zaino pieno di vestiti. Certo che per tre giorni ho davvero esagerato. Quante volte avevo intenzione di cambiarmi?

Sento Ermal ridacchiare dietro di me, è seduto a gambe incrociate sul letto e mi sta osservando da prima, mentre sono chinata davanti allo zaino intenta a cercare la maglia che ho in mente.

«Si può sapere cosa c'è di tanto divertente?» chiedo voltandomi verso di lui, che mi guarda come se fossi il giullare di corte.

«Niente, assolutamente niente» risponde a fatica, troppo impegnato a trattenere una risata.

«Ermal, tu sai dov'è la mia maglia» affermo, ne sono sicura.

Ormai lo conosco quel tanto che basta per imparare a riconoscere certi suoi comportamenti, e questo è uno di quelli.

«Io? E perché mai dovrei sapere dove sia la tua maglia? Mi stai forse accusando?» chiede portandosi una mano al petto per fingersi sconvolto e, questa volta, a ridere sono io.

«Dai cretino, dimmi dov'è e la facciamo finita qui» sentenzio alzandomi in piedi e andandomi a mettere davanti a lui.

«Mi offende che tu pensi io possa essere tanto infantile da fare ancora certi scherzi» inizia a dire velocemente, mentre si posa le mani sulla pancia, che sinceramente ricordavo più piatta.

Tendo la mano verso di lui, in segno che aspettando la maglia, ma lui ride e mi ripete che non ne sa niente.

«Le cose sono due, o sei rimasto incinto e non mi hai detto niente, o stai nascondendo la mia maglia sotto alla tua» commento e lui tace, stringendo di più le mani alla sua pancia. «Giuro che se me l'hai stropicciata ti faccio volare fuori dalla finestra».

«Ma siamo al quinto piano!» esclama allora lui, sollevando le sopracciglia.

Beh, sì, insomma, "sopracciglia".

«Appunto» rispondo incrociando le braccia un attimo prima che Ermal si alzi velocemente e scappi in salotto, chiudendosi alle spalle la porta della camera. «Sei un cretino!» esclamo mentre la riapro e lo raggiungo in salotto, non trovandolo però.

Lo cerco in tutta la stanza, per poi spostarmi in cucina, trovando anche questa vuota.

Che si sia defenestrato da solo?

«Ermal vieni fuori, eddai, mi sembra di star interagendo con Filippo» mi lamento mentre torno in camera, illuminata da un'idea.

Afferro la sua amata chitarra e torno in cucina, per poi sedermi sul tavolo con le gambe a penzoloni, in attesa.

Probabilmente, minacciarlo così è l'unico modo efficace per farlo saltare fuori dal suo nascondiglio.

«Aggiornamento in tempo reale: tu hai in ostaggio la mia maglia, io ho in ostaggio la tua chitarra» annuncio a voce alta, così che possa sentirmi ovunque si trovi in questo momento.

«Tu che cosa?!» esclama spalancando un'anta del bancone della cucina e balzandovi fuori, facendomi saltare per lo spavento.

«Mi spieghi come diavolo hai fatto a infilarti lì dentro?» chiedo stupita dalle sue abilità di contorsionismo.

«Ehi, ho un fisichino perfetto, io» si vanta passandosi le mani sul petto e lisciandosi la maglia che, per inciso, è ancora gonfia. «Poi, quel ripiano è vuoto. Dimentico sempre di fare la spesa».

Sto per prenderlo in giro ma lui solleva una mano come per zittirmi e aggiunge un «non dire niente» sconsolato.

«Ok, comunque so che sotto alla maglia hai accartocciato la mia. Ora facciamola finita prima che qualcuno si faccia male» alzo gli occhi mentre dondolo le gambe e mi decido a posare la chitarra accanto a me.

L'altra metà || Ermal MetaWhere stories live. Discover now