Capitolo 51

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04/04/2017

Sorrido mentre siamo tutti riuniti intorno al tavolo della cucina. Filippo è in piedi su una sedia, davanti a lui c'è la sua torta di compleanno, su cui sono posate cinque candeline. È incredibile che sia già cresciuto così tanto.

Ci siamo davvero tutti.

Ci sono io, ci sono i miei genitori, c'è Aurora, ci sono Mattia, Andrea, Matteo, Chiara e tutti gli altri. Ci sono anche Davide e Lorenzo, i suoi migliori amici. Persino Elia è venuto a trovarci, ricordandosi miracolosamente di avere una sorella ed essere zio. È venuto con la sua compagna, Juliet, una ragazza inglese che non spiccica una parola di italiano, ma che Filippo sembra aver ugualmente preso in simpatia.

Già, ci siamo tutti.

Non manca nessuno.

Non manca un ragazzo alto, riccio e magro alla destra di Filippo, a tenerlo insieme a me per paura che cada dalla sedia. Non manca nemmeno il suo fedele compagno, che Filippo adora.

No, non mancano.

Forse, se continuo a ripeterlo nella mia testa, riuscirò a convincermi del fatto che non siano mai stati parte della nostra vita, che l'anno scorso non fossero qui con noi, che non abbia mai voluto loro un bene indescrivibile.

«Esprimi un desiderio!», urla Matteo non appena finiamo di cantare la canzoncina del compleanno a Filippo, ora rosso in volto.

E io continuo a cercare di dimenticarli. Ma lo so, lo so che loro c'erano. Così come lo sa Filippo, che mi guarda prima di chiudere gli occhi e soffiare sulle candeline.

«Espresso?», chiede Chiara, proprio come lo scorso anno.

E Filippo, proprio come lo scorso anno, si volta verso di me prima di annuire.

Solo che, a differenza dell'anno scorso, non c'è una persona accanto a me verso cui si gira. Ci sono solo io, come è sempre stato. Come non volevo che fosse più.

Ad aiutare Filippo con il taglio della torta, quest'anno, ci sono soltanto io, come sempre. Non c'è nessun "tagliatore professionista di torte". Non c'è Ermal.

E io sto facendo del mio meglio per non pensare a lui, ma proprio non ci riesco. Ci provo a non pensare all'ultima volta che l'ho visto, qui, in questa cucina, ma mi è impossibile.

***

"Allora? Sto aspettando", dissi dura, picchiettando un piede con fare nervoso sul pavimento e fissando l'espressione di Ermal.

Aveva lo sguardo basso, ma non sulla rivista, era piuttosto fisso nel vuoto, come se non riuscisse a guardare quelle foto.

In quel momento trovavo esilarante il suo senso di colpa così evidente.

La calma mi scivolava via sempre più dalle mani, come sabbia tra le dita, mentre le parole di Aurora si ripetevano nella mia testa come a voler agire da promemoria. "Tieni a bada lo squalo che hai dentro di te". E forse ci sarei anche riuscita, stando a quanto bene provavo per Ermal. Il problema, però, è che gli squali stanno tranquilli fino a quando non captano del sangue in giro. Ed il mio squalo, il sangue di Ermal, lo aveva captato eccome, il che ovviamente non va preso in senso letterale, ma metaforico.

La sua incapacità di parlare, che mai avrei creduto possibile, unita a quello sguardo pieno di sensi di colpa, corrispondeva a un mare di sangue in quel momento. E nessuno squalo, nemmeno il più docile, riesce a non attaccare alla vista del sangue.

"Sai, Ermal", iniziai a dire allontanandomi da lui, non riuscendo a sostenere la sua vicinanza. "Questi mesi sono stati meravigliosi, dico davvero. Abbiamo condiviso così tanto che ero certa di sapere ormai quasi tutto di te, ma mi sbagliavo: non mi sono mai accorta del tuo più grande talento. Sei un ottimo attore, te l'ha mai detto nessuno? Potresti fare qualche provino, magari per un film. Ultimamente vanno parecchio di moda i cantanti che diventano attori. Pensaci, io ti ci vedo bene".

L'altra metà || Ermal MetaМесто, где живут истории. Откройте их для себя