Capitolo 46

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Alzo la testa non riuscendo a nascondere un sorriso quando Giorgio mi informa che ho visite, dal momento che Ermal potrebbe arrivare da un momento all'altro e, senza alcun dubbio, sono certa che sia proprio lui. Non vedo l'ora di poterlo abbracciare di nuovo dopo tutti questi mesi passati lontani, e finalmente sta per accadere.

Resto quindi interdetta quando riconosco la figura di mio padre che tiene in braccio Filippo avvicinarsi a me per poi posarlo a sedere sul bancone della reception.

Lo guardo interrogativa in attesa di spiegazioni, sa bene che non posso tenere Filippo al lavoro se non in casi eccezionali. Cosa ci fanno qua?

Non che mi dispiaccia averli qui, tutt'altro, ma non penso che il direttore sarebbe contento se li vedesse. È un uomo parecchio rigido e intransigente sulle regole, come ogni direttore di alberghi di lusso che si rispetti.

«Non riuscivamo a tenerlo fermo a casa, continuava a ripetere che voleva venire qui e si è appeso alla maniglia della porta urlando finché non mi ha preso per sfinimento» mi spiega papà, porgendomi uno sguardo di scuse ma che implora pietà allo stesso tempo, e io sorrido.

So bene quanto possa essere snervante mio figlio quando si impunta su qualcosa. Effettivamente, non mi stupisce nemmeno troppo trovarlo qui, mentre mi guarda con un sorriso entusiasta, lo stesso che gli si dipinge sul volto quando aspetta che Babbo Natale gli porti i regali sotto l'albero in salotto.

«Voglio vedere Ermal» si giustifica senza perdere il sorriso e, anzi, battendo le mani con fare entusiasta e guardandomi con quegli occhioni ora lucenti dall'emozione.

Vorrei non sciogliermi davanti alla tenerezza di questa richiesta, ma come sarebbe anche solo lontanamente possibile?

«Ma amore, l'avrei portato a casa appena arrivato, saresti stato il primo a vederlo» gli spiego per poi aggiungere che, stando a casa, potrebbe giocare e far quindi passare più velocemente il tempo, mentre stando qui si annoierebbe a morte, ma nemmeno questo sembra convincerlo a tornare sui suoi passi.

Il solito testardo.

«No, voglio abbracciarlo subito» ribatte e io decido di arrendermi, non riuscendo (e non volendo nemmeno farlo) a trovare una risposta per dissuaderlo da questa idea.

«Va bene, allora lo aspettiamo qui insieme, ok?» acconsento con un sospiro, consapevole del fatto che sia impossibile fare altrimenti, e lui annuisce vigorosamente.

Deve proprio essere entusiasta dell'arrivo di Ermal, non è mai stato così emozionato le scorse volte. Il che è tutto dire.

Emozione che non sembra scemare nemmeno quando i minuti passano, trasformandosi in un'ora, poi due. Ma Filippo non pare dare nemmeno il minimo segno di noia o cedimento, concentrato com'è sull'obiettivo finale di questa lunga attesa. Il tempo scorre, mentre mio padre è tornato a casa e Giorgio ha usato la sua pausa per andare a comprare delle caramelle a questo bambino, che riesce a venire viziato da chiunque passi del tempo con lui.

Ed è mentre sta mangiando un coccodrillo blu, a sua detta più buono di quello verde (ma anche di quello rosso), che la porta principale viene aperta da Giorgio, il quale ci rivolge un ampio sorriso prima che nella nostra visuale compaiano delle gambe esili e lunghe, una giacca di pelle rigorosamente nera e un cespuglio di ricci capelli neri ancora più ingombranti dell'ultima volta in cui li avevo visti.

Mi rivolge un ampio sorriso mentre cammina nella mia direzione, per poi riservarmi un'occhiata interrogativa e sorpresa quando si accorge della presenza di Filippo che, troppo preso dalla ricerca di un altro coccodrillo blu nel sacchetto, nemmeno si è accorto di chi sia appena arrivato e fermato davanti a lui.

L'altra metà || Ermal MetaWhere stories live. Discover now