Capitolo 33

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Sono cambiate tante cose dal mio ultimo incontro con Ermal, talmente tante che non riuscirei ad elencarle tutte senza dimenticarne qualcuna per strada.

Tre mesi nella vita di un bambino sono tantissimi e la crescita che ha avuto Filippo nell'ultimo periodo ne è la dimostrazione.

Fino a giugno era uno scricciolo, riuscivo a prenderlo in braccio senza fatica e aveva ancora l'aspetto da bambolotto.

Durante l'estate è cresciuto talmente tanto che fatico a tenerlo in braccio senza che mi venga mal di schiena, ma è normale per un bambino di quattro anni. Rimane sempre uno dei più piccoli di statura nella sua classe, ma la sua crescita si è fatta sentire parecchio, anche a livello mentale.

Già prima era un bambino sveglio, ora lo è forse fin troppo.

Fa ragionamenti articolati e la sua logica è così sviluppata che a volte mi spiazza e mi rende difficile trovare una risposta alle sue domande.

Ha persino capito la questione con Ermal e si è rassegnato al fatto che non possa essere sempre qui, anche se ne soffre ugualmente tanto.

Nel frattempo, ha anche legato tanto con un gruppetto di bambini della sua scuola, che hanno passato le vacanze come lui in spiaggia nella nostra cittadina. Sono pure riusciti a convincerlo ad unirsi a loro nella squadra di calcio della zona. La scorsa settimana ha frequentato il suo primo allenamento.

Ora è talmente ossessionato dal calcio che ci gioca in continuazione con qualsiasi cosa si trovi all'altezza dei suoi piedi.

Diciamo però che non è esattamente il suo sport. Nel corso di questi primi allenamenti non ha mai toccato la palla, fatta eccezione per un'unica volta in cui è riuscito ad inciampare su essa. È per questo che l'allenatore gli ha proposto di fare da portiere e lui ha accettato col suo solito entusiasmo, pur continuando a sperare di diventare "un attaccante bravo come Totti", come ripete sempre.

Già, qualcuno dei suoi amici è tifoso della Roma e ora anche lui lo è diventato, il che fa venire infarti continui a mio padre che si ostina a provare a cambiare l'attuale preferenza calcistica del nipote.

Il rumore di una lattina che rotola mi distrae e mi porta a spostare lo sguardo su Filippo che, un paio di passi davanti a me, sta giocando appunto a calcio con una lattina di Coca Cola vuota.

«Ti alleni?» gli chiedo e lui annuisce entusiasta, troppo concentrato per rispondere a voce.

Lo sto accompagnando a scuola e anche in questa piccola cosa quotidiana è cresciuto. Prima di questa estate mi implorava sempre per essere portato in braccio lungo tutto il tragitto o per lo meno mi teneva sempre la mano, alla ricerca di coccole. Ora invece mi cammina di fianco, qualche volta la mano me la prende lo stesso, ma per lo più gioca a calcio e me la prende solo per attraversare la strada.

Spesso mi manca quel bimbo quasi appiccicoso, ma è normale che cresca e va bene così. O meglio, me lo faccio andar bene anche se vorrei tanto poter trovare un modo per bloccarlo a questa età e non farlo più crescere, tenerlo sempre così.

Lo vedo tirare un calcio deciso alla lattina, che viene mancata. Poi un altro e un altro ancora finché non riesce a calciarla lontana. Si mette poi a gridare "gol" e ad esultare come fanno i calciatori veri e io scoppio a ridere mentre mi avvicino alla lattina per raccoglierla e buttarla in un cestino.

L'altra metà || Ermal MetaWhere stories live. Discover now