Capitolo 96

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Tutti si alzarono ed uscirono dalla sala, parlando tra di loro, sorridendo. Io, invece, non riuscivo a credere a ció che la rossa aveva appena fatto. Dire a tutti che ero incinta era stata una mossa azzardata, soprattutto sapendo che i suoi sudditi le avrebbero chiesto del padre.
Lei osservó le persone uscire e mi sorrise, un sorriso forzato, per evitare che qualcuno vedesse che il sorriso, che aveva tenuto, mentre raccontava le notizie, non era vero. Poi, le guardie, attorno a noi, si alzarono a loro volta, aspettando ordini dalla rossa.

"Lilith, puoi uscire." mi esortó la rossa, anche se il suo sembrava piú un ordine.
Si voltó verso le guardie e vidi il suo sorriso scomparire, il viso di nuovo severo, gli occhi fulminanti. Ma non ordinó nulla alle guardie. Al contrario, vedendo che io non uscivo dalla stanza, mi fece segno di andare alle porte, indicandole con il dito.
Capii cosa avrebbe voluto dire: loro mi avrebbero seguita.
Cosí, scesi le scale ed uscii dalla porta, notando il corridoio deserto. Solo qualche cameriere camminava, portando vassoi, come quella mattina. Mi chiesi come avessero fatto cosí tante persone a scomparire cosí in fretta.
Il rumore di qualcosa che si chiude attiró la mia attenzione, alle mie spalle. Le porte della sala da pranzo erano chiuse. Ed io ero da sola.
La rossa e le guardie non c'erano, c'erano solo il corridoio, i camerieri ed io. Rabbrividii. Quando giravo da sola, nella struttura, incontravo sempre qualcuno che mi avrebbe fatto del male. Avrei dovuto tornare alla mia stanza in fretta.
Mi affrettai, sulla pietra, mentre i miei tacchi riecheggiavano, nel corridoio vuoto. Guardavo i miei piedi, per evitare di vedere Dimitri, nascosto nell'ombra, pronto ad uscire allo scoperto, una volta che mi avesse vista.
Fino a quando non cominciai a sentire il rumore delle voci. Qualcuno stava parlando, non lontano da me, dove il corridoio svoltava.
Affrettai ancora il passo, per raggiungere, in fretta, quelle voci. Se non fossi stata da sola, non avrei incontrato Dimitri.
Arrivai fino all'angolo e svoltai. E ci fu silenzio. Davanti a me, in piedi, con gli occhi su di me, c'erano tutte le persone che erano presenti al pranzo. Avevano smesso di parlare e mi guardavano, stupiti.
Cominciai a pensare che non era stata una buona idea avvicinarmi a loro. Ero un'umana. La rossa non era con me. Non ci avrebbero pensato due volte ad attaccarmi, anche se la rossa aveva detto che avrei voluto diventare la loro principessa. Anzi, qualcuno, desideroso del titolo di erede, avrebbe potuto farmi del male volontariamente, facendo credere a tutti che avevo fatto tutto da sola.
Feci un passo indietro, per tornare alla sala. Ma fu in quel momento che tutti ricominciarono a parlare, sembrava che urlassero. Tutti mi guardavano e vedevo qualcosa, nei loro occhi. Sorridevano. Sembrava una scintilla.
Qualcuno mi afferró per le gambe, impedendomi di muovermi, poi qualcun altro ed un altro ancora.
Mi guardai le gambe, preoccupata. Tante paia di occhietti sorridenti ricambiarono il mio sguardo, mentre le braccia dei bambini erano allacciate alle mie gambe.

"Mi scusi!" si avvicinó una signora, quella che aveva il vestito nero, con la rosa spillata sul cuore, la sera prima.
La riconobbi per i capelli scuri e mossi e per il viso magro. Ora, aveva una maglia bianca, larga e leggera, e dei pantaloni aderenti, blu. Ai piedi, aveva ancora i tacchi.
Prese in braccio un bambino e si rialzó.
"Appena l'ha vista, è scappato da me. Non sono riuscita a fermarlo.".
La sua voce era dolce e sembrava sincera.

"Mamma, la principessa avrà un bambino! Potró andare a giocare con lui?" chiese il bambino alla madre.
Lei sorrise.

"Sí, ma devi aspettare.".
Il bambino rise e guardó la mia pancia. Da come parlava, intuii che era piú grande di mio fratello.
Ricordai i suoi riccioli rossi. Mi mancava cosí tanto.
Arrivarono anche altre persone, a prendere i loro figli, liberandomi dalle loro braccia.

"Siamo cosí felici che abbia un bambino!" si congratuló una signora bionda e ricciola.

"È un onore poter parlare con lei." si inchinó un uomo.
E cosí fecero anche il resto delle persone. Gli uomini si piegarono in avanti, con un braccio sul petto. Le donne presero i lembi dei vestiti o delle magliette e piegarono una gamba. Tutti avevano la testa china. E io mi sentivo in enorme imbarazzo.
Non ero la loro regina. E non avevo mai detto di voler essere la loro principessa. Li guardai, cercando di farli rialzare.

Regno ribelleWhere stories live. Discover now