Capitolo 91

1K 60 6
                                    

Mi ero addormentata sul letto, senza preoccuparmi di nascondere i segni del mio allenamento con il Capitano, come i vestiti o la coda che mi ero fatta. Avevo aspettato che Mike se ne fosse andato, per poter dimenticare tutto quello che era successo quella sera e quella notte. Fino al giorno dopo. Il giorno dopo, avrei ricordato tutto. E cosí avvenne.

"Lilith, è ora di fare colazione!".
Mi rigirai nel letto, incapace di aprire gli occhi. Ma, quando lo feci, qualcuno bussó alla porta.
Andate via, avrei voluto rispondere. Ma l'unica cosa che feci fu sospirare.
Quella mattina, ero piú sveglia e, allo stesso tempo, piú stanca di tutte le mattine di cui avevo ricordo. Avevo riconosciuto una voce. Di solito, mi ci voleva un po', prima di poter capire cosa stava succedendo attorno a me. Ma ero stanca. Mancava poco che mi venisse il mal di testa. Sentivo la nausea e faticavo ad aprire gli occhi o a parlare, come se dormire mi avesse aiutata a fare il contrario di tutto ció.
Bussarono un'altra volta alla porta, piú violentemente.
Mi coprii la testa con il cuscino. Non avevo nemmeno usato le coperte.
La rossa mi stava ancora chiamando, fuori dalla porta. Mugugnai. Se avesse voluto portarmi a colazione con lei, avrebbe dovuto farmi, prima, scendere dal letto. Non sarebbe stato facile.
L'elastico della coda tirava i miei capelli, contro il cuscino. Avrei dovuto sciogliermi la coda.
Alzai una mano, per togliermi l'elastico, quando mi ricordai com'ero vestita. Se la rossa fosse entrata e mi avesse vista con quei vestiti addosso, avrei potuto correre grossi guai. Avrei potuto finire nelle sue grinfie completamente. Cosa avrebbe potuto farmi, di peggio?
Scivolai giú dal letto, tenendomi in piedi a stento. Mi ci volle un secondo per poter mettere la vista a fuoco. Davanti a me, l'armadio era ancora aperto. Dentro, sfilavano vestiti di vari colori.
Al contrario di quanto avrei fatto al castello di James, non controllai quali vestiti ci fossero, nè che colore avessero, ma presi quello del giorno prima, appoggiato sul fondo dell'armadio, e lo infilai velocemente. Presi i vestiti per l'allenamento e li nascosi, al posto del vestito che stavo indossando.
Proprio in quel momento, la porta si spalancó e la rossa fece capolino dalla porta.
"Credevo non saresti piú scesa da quel letto!" si lamentó.
Mi squadró.
"È già tutto pronto." mi informó.
Annuii con la testa. Nonostante la rossa, peró, avrei preferito restare a letto.
Uscimmo dalla mia camera e ci dirigemmo, come la sera prima, verso le scale, il cui fondo era illuminato. Cominciavano a piacermi. Avrei, forse, rivisto la bambina del giorno prima?
Non appena fummo arrivati al piano inferiore, peró, mi stupii per il silenzio che c'era. Nel corridoio non c'era nessuno, solo qualche cameriere, con un vassoio in una mano, che camminava, di stanza in stanza.

"Dove sono tutti?" domandai alla rossa, presa dalla curiosità e da un po' di timore.
L'allegria del giorno prima mi aveva portata, in un certo senso, fuori dalla struttura. Ora, il silenzio era quasi assordante.

"È troppo presto, per loro." ripose lei, senza girarsi.
Troppo presto per cosa? Non avremmo, forse, fatto colazione insieme, come la cena, il giorno prima?

"E la colazione?" chiesi, titubante.
Il giorno prima mi aveva mentito sulla mia famiglia. Non l'avrebbe fatto una seconda volta, per qualsiasi cosa.

"La faremo. Ma con qualcun altro.".
Non eravamo accompagnati dalle guardie. Ció voleva dire che, nella sala da pranzo, non ci attendeva nulla di pericoloso.
In quel momento, mi accorsi che anche il Capitano non c'era.

"Sembra che tu non abbia dormito, stanotte.".
Rabbrividii e mi voltai, per poter dare uno schiaffo a chiunque si permettesse di farmi spaventare in quel modo, ma, quando mi girai, non vidi altro che un uomo con pantaloni e maglietta nera, capelli pettinati e un paio di occhi che detestavo. Il Capitano. Al contrario mio, lui sembrava aver riposato benissimo. Voltai lo sguardo verso la ragazza, che si stava allontanando, accorgendomi di quanto mi avesse preceduta.
Tornai a camminare dietro di lei, per non perdere il passo. Il Capitano mi precedette e mi superó, camminando affianco alla rossa. Per un attimo, mi parve quasi di vedere le loro mani tenersi, ma non ne fui abbastanza sicura, perchè fu solo un attimo. Poi, il Capitano e la rossa tornarono a camminare come una sovrana e una guardia, l'una affianco all'altro. L'altro con il solo scopo di proteggere l'una.
Ripensai al bacio che avevo visto tra loro due. Il Capitano era sempre stato leale verso la rossa. Tranne quando si era trovato da solo con me. In ogni caso, aveva sempre eseguito gli ordini della rossa, anche adesso che mi stava allenando di notte. Avrei dovuto immaginare che ci fosse qualcosa tra loro. Qualcosa di piú che un semplice legame sovrana-guardia personale.
Tu non sai niente sul Capitano.
Strinsi le labbra. Io non sapevo niente di lui. Ma lui evitava in ogni modo che io potessi sapere qualcosa.

Due camerieri aprirono le grandi porte della sala da pranzo, spingendole. La sala era identica al giorno prima: lunghi tavoli, apparecchiati e decorati. A sinistra, un tavolo piú piccolo stava piú in alto degli altri. Ma non era vuoto, come il giorno prima: attorno ad esso, erano seduti cinque uomini, ad un lato del tavolo. Erano vestiti tutti elegantemente e, vicino al collo, si intravedevano dei segni neri, simili a quelli che macchiavano il collo del Capitano. Nessuno sembrava averci visto.
La rossa non aspettó oltre e salí i gradini che dividevano quel tavolo dagli altri, piú bassi. Dietro di lei, anche il Capitano si avvicinó a quegli uomini. Dietro di me, i camerieri chiusero le porte. Avvertii un movimento, accanto a me, quasi impercettibile, che fece muovere l'aria sul mio collo. Ebbi la sensazione che qualcuno mi avesse sfiorata, ma, quando voltai la testa, non vidi nessuno. Deglutii.
Mi affrettai a raggiungere la rossa e il Capitano, temendo che qualcuno potesse essere nascosto tra i tavoli. Ebbi la sensazione che qualcuno mi stesse spiando.
Appena raggiunsi il tavolo, al quale si erano già seduti la rossa e il Capitano, il Capitano alla sinistra della rossa, la rossa si alzó e mi sorrise. Un sorriso nervoso.

"Lei è Lilith, mia nipote e principessa dei licantropi. D'ora in poi, presenzierà ai consigli, in quanto futura erede del mio regno." mi prese la mano e mi mostró agli uomini già seduti al tavolo.
Alcuni di loro li conoscevo: due erano le guardie che controllavano la porta della cella di Dimitri. I loro sguardi indagatori si posarono su di me. Accanto a loro, due uomini che non conoscevo sedevano uno di fronte all'altro. Uno di loro sembró annuire. A capotavola, sedeva una guardia che conoscevo bene: era la guardia che aveva controllato la porta della mia camera per giorni. Ma non era quella che mi aveva aiutato a nascondermi dalla rossa. Al contrario, era quella che si era rifiutata di aprirmi la porta, per scappare dalla ragazza. Gli rivolsi uno sguardo carico di rancore. Lui aggrottó la fronte, come se vedermi lo avesse infastidito. Non che io avessi desiderato di trovarmi in mezzo a loro.
La rossa mi fece segno di sedermi sulla sedia accanto a lei, alla sua destra. Senza obiettare, feci come mi aveva ordinato e la guardai, a disagio. Di fronte a me, il Capitano teneva gli occhi fissi sul tavolo, le spalle tese. Stavo cominciando a domandarmi perchè la rossa e il Capitano fossero cosí tesi, quando le porte della sala si aprirono ed entró, di corsa, una guardia che conoscevo. Corse verso di noi e, non appena raggiunse il nostro tavolo, la rossa lo guardó. Le porte della sala vennero chiuse.

"Qualche novità?" domandó la ragazza alla guardia.
Lui, senza guardarla, scosse la testa e si diresse velocemente al suo posto, che, mi accorsi, era rimasto vuoto fino a quel momento, accanto alla guardia che aveva controllato la mia stanza.
"Lei è Lilith, ma immagino tu lo sappia già. Presenzierà ai consigli, d'ora in poi." lo informó la rossa, prima di sedersi.
La guardia si sporse sul tavolo, per guardarmi, e, quando i nostri occhi si incontrarono, mi sorrise ed annuí con la testa. Annuii a mia volta e gli rivolsi un piccolo sorriso, una piccola ricompensa per avermi fatto fuggire dalla rossa due volte. Era lui la guardia che era appena entrata.
Dopodichè, lui si ritiró e cosí feci anch'io.

"Come sapete, abbiamo un vampiro in libertà, qui dentro. E non un vampiro qualsiasi, bensí il loro re." cominció la rossa, catturando l'attenzione di tutti.
Rivolse uno sguardo alle guardie che controllavano la cella di Dimitri, uno di loro era accanto a me.
"Nonostante non pensi che sia colpa vostra, questo vampiro non avrebbe dovuto scappare dal luogo in cui l'avevo rinchiuso. Tuttavia, l'ha fatto. Qualcuno riesce ad immaginarne il come?" continuó lei, facendo scorrere lo sguardo su tutti i presenti, tranne il Capitano e me.

"Ha a che fare con ció di cui era stato accusato quel ragazzino, ucciso dal Capitano?" domandó la guardia a capotavola, quella che detestavo.
La rossa annuí.

"Ma, nonostante quel ragazzo non possa piú nutrirlo, quel vampiro sembra avere la forza per scappare comunque dalla nostra sorveglianza." disse la rossa.

"Stai dicendo che quel ragazzino non era il vero colpevole?" chiese una delle guardie che non conoscevo, stupita.

"Tra di noi, c'è un traditore, uomini miei. Siamo già in ritardo, perció, se sospettate anche solo di una persona, portatela a me. Si pentirà di aver sfidato il mio potere. Confido in voi." concluse la rossa.
Dopodichè si alzó. E cosí fecero tutte le altre guardie.

Regno ribelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora