Capitolo 56

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Feci come mi aveva ordinato il Capitano: mi avviai verso la porta e lasciai che le due guardie mi prendessero per i gomiti e mi trascinassero nel corridoio.

"Non fatele del male." continuava a ripetere, ma le guardie facevano di testa loro e stringevano piú del previsto le mie braccia.
D'altronde, come poteva sapere, il Capitano, del mio dolore fisico?
Le ferite che avevo sul corpo stavano sparendo, ma non mi avevano mai fatto realmente male. Era strano, tutto, di quel posto, era strano, comprese le pareti di pietra, che sembravano poter crollare da un momento all'altro, ma, allo stesso tempo, potevano ospitare lampade al neon e corrente elettrica. Anche i licantropi erano strani. Anch'io ero strana.
Non potei fare a meno di pensare a dove potesse essersi nascosto James, dopo essere fuggito in un modo cosí frettoloso, dato che, poco dopo, era arrivato il Capitano, nella stanza che aveva lasciato James. Dovevano per forza essersi visti. Eppure, il Capitano non sembrava minimamente turbato dalla vista di un vampiro in libertà. Ció voleva dire che non sospettava nemmeno di James.
Svoltammo nel corridoio, diretti verso l'archivio, dove, poco prima, la ragazza aveva tentato di trasformarmi, ma non ci fermammo alla piccola porticina silenziosa. Proseguimmo, lungo il corridoio, formato sempre dalle stesse pietre. Passammo un incrocio, poi svoltammo a destra, poi, di nuovo, un incrocio. Persi il conto di quanti corridoi avevamo percorso, dato che erano tutti uguali. Non avrei saputo tornare nella mia camera da sola.
Ci fermammo solamente quando fummo davanti ad una stanza, con la porta stranamente aperta: fino a quel momento, tutte le porte che avevo visto, in quel posto, erano state chiuse. Che posto era, quello, per poterne lasciare la porta aperta?
Credevo che dovessimo andare alla stanza della ragazza.
Guardai il Capitano, che, fino a quel momento, era rimasto dietro di noi, motivo per cui mi ero sentita osservata. Gli rivolsi uno sguardo confuso, interrogativo, ma lui non colse la mia domanda al volo: Dove siamo?
Al contrario, chiuse gli occhi, incroció le braccia al petto, tirando la stoffa della giacca nera, e si appoggió con la schiena al muro, con fare disinvolto.
Menomale che sarebbe stato sincero con me!
"Lasciatela." ordinó.
Le guardie si fecero subito da parte, arretrando. La guardia alla mia sinistra deglutí, anche.
E, ora, che avrei dovuto fare? Entrare nella stanza o rimanere lí finchè non mi avessero detto di entrare? Stavamo aspettando qualcuno?
Diedi uno sguardo all'interno della stanza, apparentemente circolare e creata con l'incastro di mattonelle antiche, sul pavimento e sulle pareti.
Se non fossi stata in quella situazione, avrei detto che si trattava di una camera di un museo storico.
Sembrava, per lo piú, spoglia, se non per la tenda bianca che si intravedeva, da un lato.
Mi voltai verso il Capitano: che cosa ci stavamo facendo, lí?
Una voce catturó la mia attenzione.

"Entra.".
Era una voce melodiosa, morbida e calda. Troppo seccante, per poterla apprezzare.
Feci come mi avevano ordinato ed entrai nella stanza circolare.
L'interno mi deluse un po': la stanza, che avevo immaginato ricca ed adornata di mobili imponenti, in verità, era quasi del tutto vuota, con un letto matrimoniale, appoggiato ad uno delle pareti curve, ed un tappeto, al centro, su cui poggiai i miei piedi infreddoliti ed indolenziti ancora per i tagli nella foresta. Sul letto, era seduta una ragazza dai capelli rossi, raccolti in una treccia, che le ricadeva di lato. In mano, aveva un libro, che sfogliava, attenta a ció che leggeva.
Quando arrivai al centro del tappeto variopinto, la ragazza chiuse il libro con una mano sola, mentre io mi accorgevo che si trattava di uno dei piccoli libri che si trovavano nell'archivio, come quello che aveva preso e messo sul tavolo, poco prima. Mi guardó, lo sguardo indecifrabile, squadrandomi da capo a piedi, ma non disse nulla.
A questo punto, diedi uno sguardo fuori dalla stanza, cercando aiuto nel Capitano.
Avrei dovuto chiedere scusa a Mrs. Mantello Rosso? Non avrei dovuto chiedere scusa per nulla, anzi avrebbe dovuto essere lei a chiedermene! Mi aveva privata di gran parte della mia vita!
Il Capitano ascoltó la mia richiesta d'aiuto silenziosa e si avvicinó, a passo svelto, entrando nella stanza e lasciando fuori le due guardie, ai lati della porta, che rimase aperta. Il Capitano non mi guardava, anzi, teneva lo sguardo basso. Strano, da parte sua.
Non appena fu vicino a me, si fermó, voltandosi verso la ragazza.
Avrei voluto ringraziarlo, ma, ora, non sapevo nemmeno piú cosa stesse facendo lui.
Si sente in soggezione? Ha cambiato idea e non sa come tirarmi fuori da quello sbaglio?

"Inchinati!" ordinó il Capitano, poggiando un ginocchio a terra e l'altro piegato, in segno di sottomissione, piegando anche la testa.
Cosa?!
Avrei dovuto inchinarmi? Per lei? Non ero, forse, sua nipote? Perchè avrei dovuto farlo?
Non mi fu lasciato il tempo per riflettere e decidere cosa fare, perchè il Capitano mi pose una mano sulla testa e mi spinse in basso, costringendomi ad una posizione simile alla sua di poco prima. Poi, mi raggiunse, nella stessa posizione.
Vedevo i miei piedi, vedevo il tappeto, vedevo le mie gambe piegate. Vedevo la mia sottomissione a quella donna, sottomissione forzata, che non aveva niente a che vedere con ció che pensavo veramente.
Sentii un sospiro, quindi alzai lo sguardo verso la ragazza, ma venni subito riportata in posizione dalla mano del Capitano. In quel momento, mi sentivo enormemente impotente.
"Basta cosí." annunció la ragazza e, subito, il Capitano si rialzó.
Alzai la testa per guardarlo, mentre teneva lo sguardo a terra, perció mi alzai anche io. Quindi, il Capitano guardó la ragazza negli occhi.
"Capitano, non serviva tutto questo." si lamentó la ragazza.

"Scusa, ma sai che non ti ascolterà mai se la tratti dolcemente. È stata cresciuta per scappare da te, non per amarti." si difese il Capitano, con un tono straordinariamente comprensivo.
La ragazza sospiró ancora.

"Grazie per l'aiuto, ma non penso che forzandola la aiuteremo." continuó lei.
Stavano parlando come se io non fossi esattamente al fianco del Capitano. Mi dava altamente fastidio.
Mi schiarii la gola, per attirare la loro attenzione, mentre parlavano allegramente del mio futuro da prigioniera.
I due si zittirono e mi guardarono.
"Da dove cominciamo?" chiese la ragazza, rivolta al Capitano, squadrandomi.

"Dalle buone maniere." rispose lui, rivolgendole un sorriso furbo.

Regno ribelleWhere stories live. Discover now