Capitolo 17

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Accarezzai il pelo alzato di Priscilla, tentando di calmarla un po'. Strinsi gli occhi a fessure ed aguzzai la vista nel buio. Non si vedeva niente. Anzi, sí: un paio di orecchie nere, come la foresta che avevano dietro di sè; uno scintillio dorato illuminó il pomeriggio scuro, scaturito da due occhi. Sapevo bene chi fosse: un licantropo.
Non qui.
Poggiai la mano libera sulla finestra fredda del salotto, guardando in quegli occhi famelici, pregandolo di non avvicinarsi. Ma non mi avrebbe ascoltata, umana com'ero, tantomeno per il fatto che fossi promessa in sposa ad un vampiro. Morto.
Strinsi il pelo di Priscilla involontariamente, provocando da parte sua un guaito. Strinsi i denti. Come avevo potuto lasciare Dimitri? Che cosa mi era passato in testa? Pensavo forse che mi sarei salvata, in quel modo?
La luna cominciava ad affiorare, dietro gli alberi, fin troppo presto, dato che erano sí e no le cinque e mezza del pomeriggio. La luce di quel corpo celeste illuminó tutta la pineta, di un verde lugubre e tenebroso, fino ad arrivare al lupo.
Tuttavia, quando il bagliore colpí l'animale, quello non aveva piú orecchie da lupo ed occhi dorati, ma capelli a spazzola, oro, e gli occhi della persona che avevo desiderato per tanto tempo, al liceo. Quegli occhi, peró, che erano sempre stati un motivo di attrazione, per me, ora, mi erano motivo di timore: mi stavano torturando con la sola forza del loro sguardo, il disprezzo che leggevo in quelle gemme dorate era inequivocabile. Era per me.
Mike?
Mi allontanai dal vetro, per vedere meglio il quadro d'insieme: Mike era davanti agli alberi, appena prima di comparire, proprio dove si trovava lui, c'era stato un licantropo. Era arrabbiato con me.
A quanto pareva, avevo stretto ancora di piú la presa attorno a Priscilla, perchè cominció a mordicchiarmi la mano, per farmi capire di smetterla. La guardai contrariata, dato che non voleva mai collaborare, ma feci come mi aveva chiesto e mi massaggiai la mano, pulendomela anche dalla bava di cane.
Quando tornai con gli occhi sulla finestra, la luna era scomparsa, sostituita dal blu scuro di un pomeriggio invernale. Mike non c'era piú. Al suo posto, un paio di orecchie scure, quasi nere, ed un paio di occhi dorati, si stavano allontanando, inoltrandosi nella foresta dietro di lui.

"Mike...?" sussurrai, riportando la mano al vetro.

"Mike? Dov'è?" chiese allarmato James, portando anche lui la mano sul vetro e guardando fuori, a destra e sinistra, in cerca di Mike.
Era stato vicino a me tutto il tempo, ne ero sicura, avevo sentito il suo calore quasi rassicurante. Allora perchè sembrava non aver visto Mike? Era stato lí, proprio di fronte a noi, a fissarci. A fissare me.

"Come, non l'hai visto? Era proprio qui, di fronte a noi! È impossibile che tu non l'abbia nemmeno notato!" lo guardai, incredula.
Forse, non l'aveva riconosciuto.
James si staccó dalla finestra e mi fissó, con lo sguardo carico di preoccupazione. I nervi del collo e delle spalle erano tesi, facendo risaltare i muscoli del petto, da sotto la canotta bianca. Era fin troppo fine, per i miei gusti.

"Lilith, non c'è stato nessun Mike. Il...", abbassó la voce, "licantropo", riprese con voce normale, "sí, ma Mike no. Ne sono sicuro, ho guardato fino adesso con te quell'inutile foresta," indicó, con la mano, il bosco al di fuori della casa, "ma non ho visto nessun Mike.".

"È impossibile! Sono sicura di averlo visto con i miei stessi occhi! Era arrabbiato con me! Ho visto anche il licantropo," io non mi preoccupai di abbassare la voce, anche se c'erano i miei genitori in casa, compreso mio padre, che ci stava guardando incredulo, al mio fianco, "ma sono sicura che ci fosse Mike! Priscilla, diglielo anche tu!" guardai il mio cane, che si stava grattando il pelo, dove l'avevo stretto.
Dal canto suo, Priscilla guardó prima me, poi James, alternando piú volte lo sguardo, senza fare nulla. Anzi, ebbe anche la faccia tosta di fermarsi su di me e di piegare la testa di lato, come se non capisse cosa stessi dicendo.
"Grazie, Priscilla, tu sí, che mi sai supportare." incrociai le braccia al petto, offesa.
Anche lei negava.
Eppure, i suoi occhi erano cosí nitidi, nella mia memoria, furenti.
Un brivido mi percorse il corpo, facendomi mancare la saliva da deglutire.
Quindi, quando deglutii, ingoiai solo l'aria.
Mi strinsi nella felpa di James, come se potesse proteggermi da eventuali attacchi.
Perchè attacchi? Chi ha parlato di attacchi?
Per un attimo, mi fischiarono la orecchie. No, ben piú di un attimo.
Secondo papà, voleva dire che qualcuno mi stava pensando. Ma chi? James? Certo, chi altri?
Mi allontanai dalla finestra, infreddolita.

"...ma davvero?" rise mia madre, entrando in salotto, con Theo in braccio.
Appena Priscilla vide il mio fratellino, gli corse incontro, saltando, per arrivare a lui, mentre Theo si stropicciava un occhio, sbadigliando.
Era incredibile: nonostante tutte quelle ore di sonno, avrebbe voluto dormire ancora. D'altronde, io sarei dovuta essere l'ultima persona a parlare: avevo passato l'ultima settimana e mezza a dormire per quasi tutto il giorno tutti i giorni.
"Ecco, Priscilla." fece scendere Theo, facendo congiungere il mio fratellino e la barboncina, che cominció subito a leccargli la faccia, dandogli la buona sera, provocandogli una risata assonnata.
Sebbene Theo non avesse piú l'età per essere preso in braccio, mamma era ancora convinta che gli servisse piú tempo per crescere, che fosse ancora un bambino. Chissà se l'aveva fatto anche con me, quando avevo avuto l'età di Theo? Se cosí era, era imbarazzante.
"Che facce cupe." osservó.
In effetti, l'atmosfera era diventata tesa. Sentivo gli occhi di papà trafiggermi la schiena, in cerca di spiegazioni su ció di cui avevamo parlato io e James.
Non ora, protestai. Non se c'è mamma. Non credevo avrebbe retto la notizia che ci fossero altre creature soprannaturali, oltre al pericoloso vampiro.
Troppo rischioso, avrebbe detto. Tu non di muovi di qui. Non potrai piú uscire. Fattene una ragione. È per il tuo bene.
James si giró verso di lei, sorprendendomi.

"Cupe? Mi scusi se la correggo, ma qui non siamo cupi. Abbiamo solo bisogno...di una bella cioccolata calda! So che lei è la migliore della cittadina nel farle!" prese a braccetto mia madre, portandola fuori dal salotto.

"Oh, non fare tanto il gentile! Tanto, mia figlia, non te la dó!" acceleró il passo lei, scomparendo alla vista di me e papà.
Dalla cucina, si sentirono delle risate, sostituite, poi, dall'aprire e chiudersi di sportelli.
Espirai, sollevata, grata a James per non averle fatto capire che c'era effettivamente qualcosa che non andava.
Avanzai di un passo, per seguirli.

"Ferma lí, signorina." ordinó papà.
Mi bloccai. Sentivo i muscoli irrigidirsi, temendo di sentire le fatidiche parole.
"Mi devi delle spiegazioni." pronunció lui.
Sentii il bisogno di sospirare, un sospiro lungo e profondo, che dimostrava tutta la mia frustrazione.
Perchè le persone devono sempre avere bisogno di spiegazioni? Non basta vedere e stare zitti?
Ero convinta che avesse visto anche lui le orecchie da lupo e gli occhi dorati.
Non era abbastanza il fatto che fossi tornata da loro?
"È stata una decisione nostra non farti domande, da quando sei tornata. Pensi che sia una cosa da nulla guardare la propria figlia, creduta morta, e resistere all'impulso di domandarle come stia, cosa sia successo, come abbia fatto a tornare?
Almeno questo, me lo devi! Di che stavate parlando tu e James?".
Quasi sussultai a sentire il nome di James, come se fossi stupita che non lo avesse chiamato il vampiro, o succhiasangue.
Non potevo raccontargli, ancora, la verità. Era troppo per lui. Ed avrei preferito risolvere tutta quella faccenda, come prima cosa, evitando di far correre loro dei pericoli.
Tutto quel disastro era colpa mia. Era compito mio rimettere a posto la situazione.

"Non posso." Dissi, a denti stretti. "Peró, appena ne avró la possibilità, ti prometto che ti racconteró tutto.".
Dopodichè, uscii dal salotto, prima che papà potesse avanzare altre domande a cui non avrei potuto dare risposta.
Non sapevo bene se avrei potuto mantenere la promessa che gli avevo fatto.

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