Capitolo 73

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La ragazza guardó dietro di sè, dandomi le spalle. Allora, sentii anch'io che qualcuno stava correndo. Quella persona si fermó solo quando raggiunse la serva, con il fiatone, tanto da appoggiarsi a questa per riprendere fiato.
La riconobbi subito: era molto simile alla serva, aveva la stessa statura, gli stessi colori della pelle, degli occhi, delle labbra. L'unica differenza era nello sguardo.
Stacey si ricompose in fretta e drizzó la schiena, assumendo un'aria piú regale.

"Ti avevo cercata dappertutto! Dov'eri finita?" domandó, con uno strano tono di divertimento e dolcezza.
Un tono che non mi sarei mai aspettata da lei, con un'estranea o con una serva qual era la ragazza.
La serva non parló, abbassó lo sguardo, impedendomi di vedere ancora cosa si nascondesse sotto le ciglia bionde, e cominció a muoversi a disagio.
"So che non è stato un bello spettacolo, ma sai com'è fatta R-".
Stacey si bloccó, dopo aver sentito un rumore, proveniente dal fondo del corridoio dove mi trovavo io.
Mi morsi il labbro per non sussurrare una qualche esclamazione: per sbaglio, avevo urtato contro qualcosa a terra, qualcosa di metallico e fine, tanto sottile da non riuscire ad accorgermene.
Stacey si volse verso di me, aggrottando le sopracciglia chiare. Io trattenni di nuovo il fiato, cercando di confondere la mia figura, nel buio di quell'angolo, con il resto della struttura. Mi appiattii contro la pietra.
"C'è qualcuno?" domandó, aspettando una risposta.
Non respirare, non respirare, non respirare.
Dato il cuore che batteva velocemente, mi era difficile trattenere il respiro. Soprattutto, ora che Stacey stava puntando gli occhi su di me. Mi aspettavo che, da un momento all'altro, le comparisse un sorriso malizioso sul volto, pronta a farmi qualcosa. Invece, non accadde. I suoi occhi indagatori continuarono a scrutare quel piccolo angolo buio, senza riuscire a vedere apparentemente niente di compromettente.
Non respirare, non respirare, non respirare.
I suoi occhi si spalancarono di colpo. Io mi bloccai. Mi aveva trovata?
Poi, si giró verso la serva.
"Ho dimenticato Mike davanti alla sala! Devo andare a prenderlo!" mormoró.
Quindi, spingendo la serva davanti a sè, si affrettó ad andare via, lasciandomi il passaggio libero.
Mentre camminava, Stacey parlava, quindi non mi fu difficile capire quando aveva girato un altro angolo, lasciandomi la via libera.
Lentamente, con estrema cautela, mi allontanai dal muro, avvicinandomi al corridoio principale. Controllai che non ci fosse nessuno a vedermi, nemmeno Stacey o la serva, quindi mi chinai. Tolsi le scarpe con il tacco, delicatamente, senza far rumore, quindi presi un bel respiro. Non sapevo bene dove sarei andata, sapevo solo che avrei dovuto allontanarmi da lí. Ed avrei dovuto farlo prima che Stacey o qualcun altro potesse trovarmi.
Presi un altro respiro. Prima che potessi ripensarci, mi gettai fuori dall'angolo dove mi ero nascosta e cominciai a correre, a piedi nudi, sulla pietra fredda e liscia, con le scarpe in mano.
Appena uscii, sentii che qualcuno si stava nuovamente avvicinando e sapevo benissimo di chi si trattava: Stacey. A quanto pareva, era tornata indietro. Forse, aveva già trovato Mike e stava andando da qualche parte con lui.
Cercai di non pensare ai motivi per cui Stacey era tornata sui suoi passi e mi concentrai per correre piú velocemente, in modo che non mi vedesse, nel lungo corridoio. Era un corridoio senza incroci o piccoli posti in cui nascondersi, come quello che avevo usato poco prima. Quindi, se non mi fossi allontanata da Stacey abbastanza velocemente da non farmi notare, lei mi avrebbe sicuramente vista ed avrebbe potuto raggiungermi. Cosa mi avrebbe fatto, poi, non riuscivo ad immaginarlo.
Corsi. E, nonostante ció, la voce di Stacey mi seguiva. Sembrava dietro di me.
Non girarti. Non girarti. Non girarti.
Girati.
Voltai la testa appena, giusto per vedere se Stacey era davvero dietro di me. Una mossa sciocca.
Appena guardai il fondo del corridoio, continuando a correre, una fitta di dolore mi colpí la testa, tanto da farmi fermare. Un sibilo mi perforó i timpani. Cercai di bloccare il sibilo, cosicchè non lo sentissi piú, bloccandomi le orecchie, ma, cosí facendo, il sibilo si intensificó. Sembrava che provenisse dalla mia mente.
Dalla gola, mi uscí un verso strozzato, un misto di dolore e richiesta d'aiuto. Ad ogni verso, il dolore alla testa aumentava, era sempre piú insopportabile.

"Aiuto!" urlai, agonizzante.
Il rimbombó mi causó altro dolore alle orecchie, mentre continuavo a tenerle coperte dalle mani.
"Aiuto!" urlai, piú forte.
Chiusi gli occhi e mi accasciai a terra, cercando di bloccare il sibilo.
Basta! Fatelo smettere!
Cercai di urlare di nuovo una richiesta di aiuto, ma mi uscí solo un verso strozzato.
Lacrime calde e dolorose mi bagnarono il viso già bagnato, dopo aver pianto con James.
Mi parve di aver chiamato anche James, tra le mie urla agonizzanti, ma non ne fui sicura.
Poi, avvertii chiaramente un pianto di bambino. Era forte, acuto e dolorosamente vicino.
Silenzio. Buio. Il sibilo e il bambino si zittirono insieme, facendomi cadere nuovamente nel torpore.

Regno ribelleOnde histórias criam vida. Descubra agora