Capitolo 11

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Mia madre non aveva la minima intenzione di lasciare una ragazza, che diceva di essere sua figlia, inviata alla casa del vampiro una settimana prima, e, tantomeno, il vampiro. Glielo si leggeva negli occhi.
Dove possiamo andare? Persino i miei genitori mi rifiutano.
Ero già pronta a cercare un alloggio, uno qualsiasi, in modo, peró, che non destassimo sospetti, quando Theo intervenne.

"Mamma, è lei la vera Lilith. Me l'ha detto. Sa qual è il mio supereroe preferito. E anche Priscilla dice che è lei." si avvicinó a me.
Solitamente, Theo si nascondeva dietro alla super gonna di mamma, larga e lunga, quella che usava per cucinare, con il grembiule, quando combinava qualche marachella.
Quindi, mi sorpresi nel vederlo compiere lo stesso gesto, ma con me: era dalla mia parte. E gli ero riconoscente per questo.
Guardai mia madre, in attesa.
Lentamente, facendomi temere un rifiuto da un momento all'altro, mamma annuí con la testa, spostando lo sguardo su James. Papà si ricompose, raddrizzando la schiena.
Tirai un sospiro di sollievo, sentendo tutti i muscoli rilassarsi.

"Ma sia chiaro, appena lui combinerà qualche cosa, come fare del male a te o a Theo o a Priscilla, voi ve ne andate, capito? Anzi, se ne va lui." chiarí.
Annuii, riconoscente.

"Grazie.".
Lei non rispose, si limitó a ridurre gli occhi a fessure, come per minacciare James.
Il messaggio era chiaro: non appena avessimo compiuto un passo falso, la nostra espulsione era automatica.
Poi, si avvicinó a me e prese Theo in braccio.
"Tesoro, è ora di andare a letto." gli sussurró, improvvisamente dolce.
Era sempre stata famosa per il suo cambio d'umore repentino, ma, forse, ora aveva cambiato umore solo perchè si stava rivolgendo al suo bambino. Era il suo lato materno.

"Ma io non ho sonno." protestó lui.
Lei sorrise, di un sorriso stanco e malinconico.

"Allora, andiamo a leggere una favola?" propose lei.
Lui sembró pensarci un attimo, poi annuí.

"Con Lilith." aggiunse.
Mamma, cambiando, ancora, umore, mi puntó lo sguardo addosso, uno sguardo glaciale e che non ammetteva discussioni.
Ho capito, vengo.

"Dammi qualche minuto." le chiesi, prima che salisse la scale.

"Quanti te ne servono?".

"Non lo so. Penso...cinque.".
Non sapevo bene quanto tempo ci volesse, dato che non l'avevo mai provato prima, ma pensavo che sarebbero bastati.
Senza aggiungere nulla, mia madre salí le scale con Theo e Priscilla in braccio.
Priscilla osservó tutto il tempo James, fino a quando la visuale non le fu bloccata da muro bianco delle scale, che portavano al piano superiore, alle stanze.
A quel punto, guardai papà, facendogli capire che avrei voluto un po' di tempo da sola, con James.
Giusto per aggiustare alcune cose.
Dato che gli piaceva parlare tanto, non aggiunse nulla, come al solito, e seguí mamma al piano di sopra.
Quando i passi dei miei genitori, leggeri di mamma e piú pesanti di papà, non si sentirono piú e quando una porta si chiuse, decisi che era arrivato il mio momento. Quello che aspettavo da tanto tempo.
Mi girai e mi avvicinai senza indugio a James, che, da quando l'avevo zittito fino ad allora, se n'era stato buono buono dietro di me, appoggiato alla porta di finto legno scuro.
Come mi avvicinai io, lui lo fece con me, accorciando la distanza tra di noi.

"Scusa, non avrei dovuto portarti qui, ma non c'erano altri posti in cui poter andare o nei quali stare sicuri." cominció.
Basta parlare.
Mi alzai in punta di piedi e lo baciai, premendo le mie labbra contro le sue.
Inizialmente, sembró piacergli, poi, peró, pose le mani sulle mie spalle, allontanandomi, ma non abbastanza da non poterci riprovare.
Lo ribaciai, con piú convinzione.
Perchè voleva staccarsi? Non mi amava? L'aveva detto lui stesso, allora perchè mi rifiutava?
Stava per allontanarmi di nuovo, ma io riuscii a precederlo nei movimenti ed allacciai le braccia al suo collo.
Tutto il mio corpo formicolava, sapeva quello che voleva, l'aveva sempre voluto.
"Lilith, basta." mugugnó, contro le mie labbra.
Cosí facendo, non fece altro che aumentare la mia voglia di lui.
Lascia che ti mostri quanto davvero io possa amarti.
Mi sentii temeraria, perchè la mia lingua prese coraggio e spinse contro le sue labbra serrate, rigide, chiuse.
Provai e riprovai, ma sembrava non volesse aprirsi a me.
Baciami come si deve.
Gli presi il viso tra le mani, avvicinandolo a forza a me.
"Lilith, smettila." cercó di liberarsi delle mie mani, provando a staccarle dal suo viso, ma io ficcai le mie unghie nelle sue guance, al che riuscí a trovare la forza per respingermi.
"Lilith, basta! Ma che ti prende?".
Aprii gli occhi, che non mi ero neanche accorta di aver chiuso.
I suoi erano spalancati, tremavano, mi guardavano dritto dentro, come fossero stati spilli, aveva il respiro affannato. Teneva le mie mani vicino al suo viso, ma stringeva cosí forte i polsi, che non sarei riuscita a liberarmi dalla sua morsa nemmeno se avessi voluto.
E questa cosa mi piaceva.
Mi scappó una piccola risata gutturale, mentre tentavo di ribaciarlo. Stavolta, peró, non ci riuscii.
"Lilith, basta! È da prima che i tuoi genitori intervenissero che continua questa storia. Ti ho vista. Hai già provato a sedurmi poco fa, ma so che non lo vuoi davvero. Tenta di ragionare.".
Non lo voglio?! Tenta di ragionare tu!
Certo, che lo volevo! Altrimenti, non avrei provato a farlo. Lo stress doveva avergli dato alla testa.

"James, basta lamentarti e dammi quello che vuoi anche tu." mi lamentai, rivolgendogli un sorriso ed uno sguardo ammiccanti.

"No, Lilith, non ti dó un bel niente, finchè non ti rendi conto che ti stai lasciando sopraffare dal tuo desiderio per l'essere vampiro. Sylver, te l'ha spiegato.".

"Non osare pronunciare quel nome!" strattonai le braccia, per liberarmi.
Lui mi molló subito, forse aveva capito che mi era passata la voglia di passare un momento intimo con lui.
Se l'era cercata.
Aggrottai la fronte.
"Tu non sai cosa voglio veramente." sibilai.
Come aveva potuto pronunciare quel nome con tanta facilità? Lei era innamorata di lui! Ma lui non se n'era reso conto, era stato troppo occupato a guardarmi, mentre io me la facevo con Dimitri sotto il suo naso.
Senza aggiungere altro, sbattei i piedi fino alle scale, arrabbiata.
"Mi è passata la voglia." dissi.
Poi, con passo pesante, salendo i gradini due alla volta, salii al piano di sopra, dove mamma e Theo mi stavano aspettando.

Regno ribelleWo Geschichten leben. Entdecke jetzt