Capitolo 85

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Le pietre mi grattavano la pelle, nonostante avessero la stoffa, a proteggerle dal mio corpo. L'abito sembrava essere stato fatto su misura per me. Ogni parte di esso mi calzava perfettamente. Ogni cosa che vedevo o che indossavo sembrava essere stata preparata per me. Era come se la rossa avesse sempre saputo del mio arrivo. Non che importasse molto, ora.
Lei era davanti a me, camminava come solo una sovrana sa fare: passo deciso, nè troppo veloce nè troppo lento; la sua schiena era rigida, ma solo per poter dimostrare la sua sovranità. Immaginavo il suo sguardo duro e subdolo. Il suono dei suoi tacchi la rendevano ancora piú rispettabile. Era cosí simile a me. Eppure, eravamo cosí diverse.
Anch'io indossavo i tacchi, su ordine della rossa. Ma il loro rumore era incerto, come se scivolassero sulla pietra.
Avevo già indossato i tacchi, al castello di James. Ero riuscita a camminarci cosí bene. Invece, ora, non riuscivo nemmeno a stare al passo della rossa.
Come se ci fossi mai riuscita.
Forse, prima di arrivare alla sala da pranzo, sarei riuscita a camminare almeno dritto.
Lo pensai troppo presto, peró, perchè arrivammo subito in un punto che non avevo mai visto prima: davanti a me, scendevano alcuni gradini, molto diversi da quelli che mi avevano condotta nella biblioteca, dove la rossa aveva provato a mordermi. Questi erano di pietra, come il resto delle pareti, lí, ma il fondo era illuminato da una luce bianca, luce che sembrava provenire dal solito tipo di illuminazione elettrica che detestavo, in quel posto.
Quasi non mi accorsi che la rossa stava scendendo. Feci un passo sul primo gradino, poi sul secondo. Scendere le scale coi tacchi era piú difficile che sfuggire a Dimitri.
Mi bloccai. Il suo nome mi risuonava nelle orecchie. E se ci fosse stato anche lui, a cena? Avrebbe provato a ferirmi? O avrebbe attaccato la mia famiglia?
Mi ricordai, allora, che, al termine di quelle scale, c'era la mia famiglia, ad attendermi. Avrei dovuto fare in modo di farli uscire di lí. Perció, accelerai il passo, rischiando di cadere, per raggiungere la rossa. Lei, intanto, era già arrivata in fondo alle scale.
Feci appena in tempo a veder scomparire i suoi capelli rossi, quando arrivai, accolta dalla luce, nel corridoio che si trovava sotto le scale. La vista che mi accolse fu tutto il contrario di quello che mi ero aspettata: nel corridoio, in gruppetti, c'erano persone che stavano parlando, ridendo e tenendo per mano figli o compagni o compagne. Sorridevano. C'era rumore, quel rumore che si sente tra il pubblico, poco prima che inizi uno spettacolo. Non c'era silenzio. Era cosí...normale. Tutto il contrario dei luoghi che avevo visto finora, lí dentro.
Avanzai, titubante. Erano tutti vestiti a festa, con abiti eleganti, molto piú moderni di quelli che avevo visto al castello di James. Una donna indossava un abito nero, aderente, che le arrivava a metà coscia, con una rosa rossa spillata nel punto in cui si trova il cuore. Sorrideva e parlava con altre donne, dall'aria moderna, come lei. Un uomo, poco lontano, aveva una camicia e dei pantaloni eleganti e teneva per mano un bambino dell'età di mio fratello.
Sentii tirare il retro del vestito, cosí mi voltai e vidi lo sguardo disperato di una bambina di quattro o cinque anni; la sua mano stringeva un lembo del mio vestito.

"Mamma?" chiese, con le lacrime agli occhi.
Il labbro le tremava.
Aveva un piccolo abito rosa, che si apriva, nella parte inferiore. I suoi capelli erano legati in uno chignon ordinato.
Le sorrisi, per rassicurarla, poi mi abbassai, per poterla vedere negli occhi. Erano di un colore simile al mio vestito.

"Ti sei persa?" le domandai, dolce.
Lei ci pensó un attimo, guardandomi, poi annuí con la testa.
"Vuoi la tua mamma?".
Annuí di nuovo.
Non sapevo minimamente chi fosse quella bambina, nè, tantomeno, sua madre. Inoltre, in mezzo a tutte quelle persone, trovare sua madre sarebbe stato difficile, considerata, anche, la confusione che c'era. Avevo perso di vista la rossa e tardare nell'arrivare alla sala da pranzo, nonostante non sapessi dove fosse, avrebbe fatto arrabbiare ancora di piú quella ragazza.
Forse, avrei dovuto allontanarmi dalla bambina e raggiungere lei e la mia famiglia. Mia madre e mio padre erano in pericolo.
"Scusa, devo andare." mi rialzai e mi voltai, pronta a cercare la sala da pranzo, quando fui bloccata da qualcosa che tirava, dietro di me.
Guardai cosa mi stava bloccando e vidi che era di nuovo la bambina.
Forse, non sarebbe stato impossibile trovare sua madre. Ma non potevo permettermi un ritardo a cena, non quella sera.
Mi chinai e la presi tra le mie braccia. Le si aggrappó a me e cosí riuscii a prenderla in braccio.
"Che vestito ha tua mamma?" le chiesi.
Lei scosse la testa.
Cosa voleva dire?
Non potevo cercare sua madre, se non sapevo, almeno, com'era vestita.
Poi, ebbi un'idea.
"Sai dov'è la sala da pranzo?" le domandai.
Lei annuí e mi indicó, con il suo piccolo braccino, un punto in fondo al corridoio, dove questo di divideva in due.
Non avrei potuto perdere altro tempo. L'unica cosa che potevo fare era seguire le indicazioni di quella bambina. E sperare che, nel frattempo, sua madre la venisse a cercare.

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