Capitolo 94

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Sobbalzai, quando sentii bussare alla porta. Ero rimasta chiusa, nella mia stanza, per un tempo che mi sembró interminabile. Dopo che la rossa aveva seguito, o trascinato, Mike, per vedere dove Mike avesse visto Dimitri, il Capitano mi aveva superata, raggiungendo la rossa. Non sapevo cosa avesse sentito di tutto ció che ci eravamo dette la rossa e io. Ma non importava: la rossa gli avrebbe detto tutto.
Come mi aveva suggerito Mike e su esortazione di una delle guardie che avevano controllato la mia vecchia stanza, quella che detestavo, ero entrata in camera. Non avevo provato ad uscire nemmeno una volta: Dimitri era ancora libero e avrebbe potuto attaccarmi di sorpresa; probabilmente, la guardia si era fermata fuori dalla mia porta, mentre la rossa era lontana; non sapevo cosa avessi fatto, nella sala bianca, evitando quel paletto. Avevo quasi paura di me.
Non avendo nulla da fare, in camera, ero andata in bagno ed avevo controllato il collo, per vedere se qualche vampiro o licantropo mi avesse morsa nel sonno. Avevo ricordato come il Capitano era nascosto nell'ombra, la sera prima, in camera mia. Non sapevo da quanto tempo fosse lí. Tuttavia, non avevo trovato macchie violacee sul collo, nè graffi. Nemmeno un vampiro mi aveva morsa: non c'erano buchi, su di me. Inoltre, se qualcuno mi avesse morsa, avrei dovuto sentirmi non umana. Ma non mi sentivo altro che la solita di sempre.
Allo specchio, avevo notato come il mio viso fosse piú magro del solito, piú di quanto lo fosse al castello di James. Sotto i miei occhi, erano visibili occhiaie scure, segno che non avevo dormito per giorni. Per settimane.
Poi, avevo avvertito il senso di nausea salirmi, in gola, per poi arrivarmi alla testa. I minuti seguenti li avevo passati a svuotarmi di tutto quello che avevo mangiato quella mattina e la sera prima. Quando ebbi finito, un piacevole calore si era diffuso, dentro di me.
Inizialmente, l'avevo trovato confortante. Poi, mi ero resa conto che non avrei dovuto sentirmi cosí, dopo aver appena vomitato.
Mi ero guardata la pancia, il punto in cui era nato il calore, ma non avevo trovato niente di diverso dalla solita maglietta e, sotto, dalla solita pelle liscia. Era impossibile che fossi incinta. Come avrei potuto esserlo? La rossa lo credeva solo perchè gliel'aveva detto Stacey? Stacey si inventava sempre tutto. A scuola, piú volte aveva tentato di darmi la colpa per qualcosa che non era mai successo, solo per farmi allontanare da Mike. Che, ora, ripensando alle parole della rossa, non era piú il fidanzato di Stacey. Ma, forse, anche la rossa si era inventata quella notizia, solo per convincermi a fare quello che voleva lei. Come poteva sapere ció che succedeva tra Mike e Stacey, se non si era piú avvicinata a loro?
Effettivamente, tra quei due, c'erano stati dei litigi, ma era impossibile che lei lo avesse mollato. O che lui la avesse mollata. La seconda possibilità era la piú impossibile.
Dopo essere rimasta in bagno per un po', mi ero alzata, rischiando di cadere a terra, priva di forze. Quindi, mi ero aggrappata al muro, fino a raggiungere la camera. Una volta lí, mi ero seduta sul letto, a guardare l'armadio chiuso, davanti a me. Prima di andare all'allenamento, la rossa aveva fatto prendere il vestito, che avevo indossato quella mattina e la sera prima, da una serva, la solita che avevo visto nella grande stanza con la vasca da bagno, quella che mi aveva sempre fornito i vestiti, nella mia vecchia camera, e quella che era presente, quando Stacey aveva detto che ero incinta. Ricordavo che, in quel momento, la serva si era avvicinata a Stacey e le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio. Poi, Stacey aveva suggerito alla rossa che anche il Capitano avrebbe potuto avermi messa incinta. Sembrava che la rossa fosse legata anche a quella ragazza.
Mi alzai e mi avvicinai allo specchio, sopra al mobile, di fronte al letto. In bagno, non mi ero accorta di stare ancora indossando i vestiti dell'allenamento di quella mattina. Avevo ancora la coda, anche se un po' disordinata.
Mi accarezzai i capelli, provando una leggera fitta di dolore. Mi guardai la mano. Era la stessa che mi ero ferita, la prima volta che avevo preso un paletto in mano. E la stessa che era affondata nel petto ferito di Dimitri. Rabbrividii. Ero riuscita a lavarla dal sangue, ormai secco, di Dimitri, ma la sensazione del battito del suo cuore contro la mia mano era rimasta.
Ora, l'unico sangue secco, sulla mia mano, era il mio, sul taglio del giorno prima.
Distolsi lo sguardo dalla mia mano e guardai fuori dalla finestra. Il cielo era imperscrutabile. Mi avvicinai e cercai di vedere oltre la coltre di nubi, che copriva ogni visuale. Non si vedeva nulla, di quello che c'era lí attorno.
Nonostante questo, peró, afferrai la maniglia e tirai, aprendo la finestra. Nella stanza, entró subito l'aria lieve, di fine autunno. Mi mancava andare fuori. Al castello di James potevo andare nel giardino, anche se sotto la sorveglianza di qualcuno. Lí, invece, la rossa sembrava voler fare di tutto, pur di non farmi uscire. Mi mancava, della mia vecchia camera, nella struttura, il luogo nascosto in cui James e io avevamo parlato. Quello in cui avevo tentato di sbarazzarmi definitivamente del mantello di Dimitri. Chissà dov'era, ora, quel mantello?
Alle mie spalle, avvertii un rumore lieve, come le pagine di un libro, che viene sfogliato.
Voltai lo sguardo sul mobile, da dove proveniva il rumore. Sul legno, non c'era niente, se non un piccolo pezzo di carta strappato, che svolazzava. Sembrava essere stato attaccato al legno.
Chiusi la finestra, perchè non si staccasse, ed andai a vedere di cosa si trattava. La carta era strappata e sottile, come se fosse stata presa da uno dei libriccini nella grande biblioteca, in cui la rossa aveva provato a mordermi. Il biglietto non era attaccato al legno, ma solo appoggiato. Bastava che una persona ci passasse vicino senza accorgersene, e il biglietto sarebbe potuto cadere.
Lo presi in mano, per vederlo meglio. Ero sicura che non ci fosse, quando ero entrata nella stanza. Qualcuno doveva averlo messo lí, quando io ero andata in bagno.
La carta era macchiata, come se ci fosse scritto qualcosa sopra. L'inchiostro era nero, sembrava essere appena stato scritto. E non era una scrittura qualsiasi. Conoscevo bene quella scrittura, al castello di James l'avevo vista tante volte. Ogni mattina, era distesa sulla carta, insieme ad una rosa rosa, sul mobile sotto lo specchio. Come ora. Ma la rosa non c'era.
Non appena lo lessi, mi mancó il respiro. L'aria faticava ad entrare nei polmoni. Tentai di deglutire, ma avevo la gola secca. Il cuore cominció ad accelerare.

Le rose non
crescono tra le pietre.
Nemmeno una principessa puó mentire al proprio regno.
Guardati le spalle.

Non c'era bisogno della firma. Sapevo già chi aveva scritto quelle parole. Dimitri.
Mi guardai allo specchio, preoccupata. Osservai il mio riflesso. Ma non c'era nessuno dietro di me.

"Lilith, cambiati e vieni a pranzo!".
Sussultai, quando la voce della rossa passó attraverso la porta.
Guardai un'ultima volta il mio riflesso nello specchio. E lo notai. Un piccolo taglio, da cui usciva del sangue, sul collo.
Lo sfiorai con le dita, accartocciando il biglietto di Dimitri.
Quello non era un avvertimento. Quella era guerra aperta.

Regno ribelleWhere stories live. Discover now