Capitolo 10

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James mi afferró per le braccia, prima che potessi uscire di corsa dalla porta.

"Devo andare a salvarli! Sono in pericolo!" urlavo, ma lui non voleva sentirne.
Mi tiró a sè, al suo petto, con una facilità estrema, poi, girandomi, mi fece nascondere il viso bagnato contro la sua maglietta. Odorava di fango e sudore. Ma era cosí buono.

"Va tutto bene." sussurró.
Poi, mi avvolse in un abbraccio confortante, pieno d'amore e tenerezza, quello di cui avevo bisogno.
Mi lasciai cullare dal battito leggero del suo cuore, contro il mio orecchio, mentre cercavo di fermare le lacrime, prima di inzuppare a James tutta la sua maglietta. I singhiozzi si calmarono; ripresi, a poco a poco, il mio respiro normale, non piú affannoso.
Tirai su con il naso, quando mi fui calmata. Era tutto cosí...bello, tra le sue braccia. Ogni traccia di pericolo sembrava svanita nel nulla.
Lo guardai negli occhi. Brillavano, non per gioia o altre emozioni: sembrava sul punto di piangere.
Non bagnare quelle labbra.
Le sue labbra erano proprio sopra di me, a livello della fronte, morbide, invitanti. Avrei potuto sfiorarle con le mie solo alzandomi in punta di piedi.
Alternai lo sguardo tra i suoi occhi sofferenti e le sue labbra allettanti.
Solo un bacio. Solo uno.
Improvvisamente, sentii caldo. Era bellissimo: mi sembrava di essere su un altro mondo, lontani dalla minaccia dei licantropi.
E lui è mio.
Mi alzai sulla punta delle dita, fino ad arrivare alla sua altezza. Sentii i muscoli delle sue braccia tendersi, sulle mie costole. Mi comparve un piccolo sorriso: le sue braccia erano tese; forse, anche qualcos'altro di lui era teso.
Un piccolo colpo di tosse mi riportó alla realtà: dietro a James, mamma e papà ci guardavano confusi.

"Tesoro?" mi chiamó mia madre.
Mi staccai, a malincuore, da James, che non oppose alcuna resistenza, anzi, lui stesso mi molló per primo.
Ingrato, pensai.
Mi avvicinai ai miei genitori, che non facevano altro che guardare alle mie spalle, con sguardi sospettosi.
Che avevano da guardare?
"Tesoro, chi è...lui?" chiese, a bassa voce e facendo un cenno con la testa in direzione di James, non staccando, nemmeno per un secondo, gli occhi da lui, ma stando ben attenta a non farsi sentire.
Non c'era bisogno di tutta quella segretezza: era ora che sapessero che, in realtà, il vampiro che temevano non era James, ma Dimitri.
Il suo nome mi provocó un senso di vuoto, dentro di me.

"Mamma," mi girai di lato, verso James, "lui è colui che chiamate il vampiro.".
Venni tirata per un braccio da mio padre, che si posizionó davanti a me, insieme a mia madre, senza rendermene conto.

"Lui cosa?!" urló mamma.
Priscilla cominció ad abbaiare; Theo la prese in braccio, ma non ci fu granchè da fare: continuava a ringhiare e voler andare ad attaccarlo, scalciando e mordendo l'aria, tra le braccia del mio fratellino. Papà stava davanti a me, con le braccia spalancate, mi dava le spalle; mamma corse al frigo a prendere uno spicchio d'aglio puzzolente. Odiavo l'aglio.
Feci una smorfia e mamma se ne accorse, guardandomi con gli occhi spalancati.
"Lilith, ti ha...cosa ti ha fatto? Ti ha...sei un..." deglutí a fatica, rumorosamente, "...vampiro?" concluse, in un soffio.
Quello che arrivó, dopo la sua domanda, fu un silenzio tombale. Nè papà, nè Priscilla, nè Theo, nè tantomeno mamma osavano muovere un dito contro James. Credevano che mi avesse trasformata.
A quanto pare anche mamma si è dimenticata di cosa mi piace e cosa non mi piace.
Sicuramente, questo non era confortante.
Si sono dimenticati di me.

"Mamma, cosa stai dicendo?" dissi, con voce spezzata.
Si era dimenticata di sua figlia, dopo appena una settimana che era via di casa.
Sentii le lacrime risalirmi agli occhi.

"Signori, se volete scusarmi...." intervenne James, ma venne subito zittito da mio padre.

"Stia zitto, bestia!" si piegó in avanti papà, come per voler proteggere sua figlia e, al contempo, voler attaccare James.
Gli occhi umidi di James divennero furiosi in un batter d'occhio.

"Signore, mi permetta di dirle che qui non sono io la bestia." affermó, serrando la mascella.
Non si stava mettendo bene.
Ora, mamma si era staccata dal frigo, chiudendolo, ma tenendo in mano il solito spicchio d'aglio, che aveva un odore insopportabile; papà avrebbe potuto cacciare di lí James da un momento all'altro; James avrebbe potuto uscire di sè, facendo del male alla mia famiglia.
Dovevo intervenire.
Mi liberai dalle grinfie di mio padre, riuscendo ad entrare nel piccolo triangolo creatosi.

"Fermi tutti." Avvertii, aprendo la braccia. "Lasciatemi spiegare." Guardai mia madre negli occhi.
Forse, non mi aveva dimenticata proprio del tutto. E, forse, mi voleva ancora bene.
Annuí, allontanando l'aglio da James e da me, lasciando un po' d'aria fresca da respirare al mio naso.
Conoscendola, appena una persona le chiedeva di parlare, lei, subito, rispondeva con una tazza di caffè e dei biscotti, facendola accomodare. In quel momento, non fece nulla di tutto ció, anzi. Capii che non avrebbe fatto tante cerimonie fino a quando non le avessi detto la verità. Ed io ero pronta a dirgliela.
"Mamma," cominciai, "lui è quello che tutti voi chiamate bestia.".
Lei non batte ciglio, perció continuai.
"Ma sbagliate. Non è lui la bestia. Lui mi ha salvata.".
Gli sguardi dei miei genitori si fecero seri. Probabilmente, pensavano avessi sbattuto la testa, per dire una cosa del genere. Era anche vero, ma era la verità.
"Lui...si è preso cura di me fino ad adesso. È vero, sono stata cacciata da questa città, ma lui è riuscito a portarmi qui. Non sono, forse, io, vostra figlia?".
Per un secondo, non dissero nulla, mi guardarono solo con occhi confusi.
Credetemi.
Quando, ormai, credevo di aver perso la speranza, mamma mi rivolse di nuovo la parola.

"Se quello che dici è vero, tesoro, allora chi è...il vampiro?" pronunciava sempre la parola vampiro con un certo timore, come se, da un momento all'altro, avrebbe potuto fare la vera comparsa il vero vampiro.
Ma lui era lí, con me.
Per colpa mia.

"È...una lunga storia." risposi.

"Se permettete,...." cominció James.

"Sta' zitto." lo interruppi.
Lui obbedí, guardando Theo e rinunciando nel suo intento di prendere parte alla conversazione.
Tornai a guardare i miei genitori.
"Mamma, so che è difficile da credere, ma sono io, Lilith, tua figlia. E...devo chiederti un favore.".
Lei inarcó un sopracciglio, dubbiosa.
Dopo aver preso un respiro profondo, dissi ció che non avrei mai dovuto dire.
"Vorrei che ci lasciassi rimanere qui, finchè non riusciamo a risolvere i guai in cui ci siamo cacciati.".

Regno ribelleWhere stories live. Discover now